Città del Messico, una cartina smisurata. Le parole di Valeria Luiselli

Le riflessioni della scrittrice Valeria Luiselli arricchiscono il nostro reportage dal Messico, realizzato prima del lockdown.

Una “pura nostalgia del futuro”. C’è molto di Borges (ma anche della filosofia hauntologica di Mark Fisher) nel modo in cui Valeria Luiselli descrive come gli abitanti di Città del Messico pensano all’idea di pianificazione urbana per la loro città. Tutti “intuiscono che se è mai esistito un progetto, al massimo è stato un abbozzo” e che oggi, in quella metropoli che stringe il tempo in un nodo impossibile da sciogliere, “abitiamo, come i discendenti di quell’impero che descriveva Borges, tra le ‘rovine di una cartina smisurata’”. Queste parole mi fanno venire in mente la mappa di Venezia, effettivamente oversize, che se ne sta appesa, noncurante, in uno dei principali saloni di Palazzo Balbi, sede della Regione Veneto. Una mappa che ha la folle pretesa di rappresentare tutti gli edifici della città lagunare; tutti, uno per uno, con una discreta presenza di dettagli. E mi rendo conto che in questa smisuratezza (di dimensione, ma anche di volontà) c’è esattamente il senso del fallimento di ogni racconto, a Venezia come nel Distrito Federal.

Città del Messico nel 1794

Città del Messico nel 1794

MAPPARE CITTÀ DEL MESSICO

Scrivere di Città del Messico”, aggiunge la Luiselli, è “un’impresa destinata all’insuccesso”.
A partire dalla semplice mancanza di un punto di partenza: la somiglianza. “Nell’ultima mappa che conserviamo, Città del Messico non assomiglia a niente, a niente, almeno, che non sia una macchia, lontana reminiscenza di qualcos’altro”. Una macchia come quella di umidità che, si dice, un giorno sia apparsa sul mosaico di un altare, con la forma esatta della Vergine di Guadalupe, la madre di tutti i messicani. Oppure come quelle tracce che hanno lasciato sul terreno di un giardino privato nel DF i piedi di Mara Font e Juan Garca Madero, mentre facevano l’amore, in piedi, appoggiati a un albero ne I detective selvaggi di Roberto Bolaño.
Macchie come quelle che restano quando si toglie un quadro da una parete dopo molti anni, al momento di lasciare per sempre la casa in cui siamo cresciuti. O come quelle dei corpi disintegrati da un’esplosione nucleare. Macchie delle lacrime che Valeria Luiselli non trattiene ogni volta che sta per atterrare in quel luogo senza più confini che, per convenzione, chiamiamo Città del Messico.

‒ Leonardo Merlini

Valeria Luiselli ‒ Carte false
La Nuova Frontiera, Roma 2020
Pagg. 128, € 15
ISBN 9788883733734
www.lanuovafrontiera.it

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #54

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Leonardo Merlini

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Leonardo Merlini è un giornalista milanese, critico letterario e aspirante performer. Dichiaratamente schierato dalla parte della letteratura americana, ha fondato un circolo segreto per sostenere la candidatura di Philip Roth al premio Nobel, con risultati finora del tutto insoddisfacenti. Lavora…

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