Where is South? Ribaltare il mondo su un taccuino è il primo passo per farlo davvero

Cosa perdiamo quando non riusciamo ad accogliere? A Venezia un workshop promosso da Moleskine Foundation e da UNHCR spiega come i rapporti di potere, le convenzioni, le gerarchie culturali influenzino la nostra idea di Sud.

Where is South? Dov’è il Sud? La risposta non è per nulla ovvia, e si dipana in un’esplosione di significati, costrutti simbolici e percettivi liberati dall’energia furiosa che solo un attimo prima faceva da collante a tre lettere S, U, D. Il Sud è una direzione, dunque una convenzione. E come tutte le convenzioni si ammanta di una allure di pretesa oggettività. I rapporti di potere influiscono quindi sulle nostre modalità di orientamento, nello spazio fisico, sociale e personale, creando discrimini, gerarchie, confini. Così, anche elementi apparentemente neutri quali i punti cardinali si dimostrano prodotti culturali e strumenti di dominio. Non a caso i loro nomi traggono origine dalla mitologia norrena: ancora una volta il nord del mondo che nomina le cose e le fa esistere. Where is South? È il tema del progetto AtWork di Moleskine Foundation, che dal 9 al 13 settembre ha visto protagonisti 18 giovani di diverse nazionalità provenienti da Nigeria, Camerun, Venezuela, Italia, Filippine, Pakistan, Afganistan, molti dei quali condividono lo status di rifugiato o richiedente asilo in Italia, coordinati e guidati da Simon Njami. AtWork è un format ideato da Moleskine e dallo stesso Njami, il cui obiettivo è usare la creatività e il pensiero critico come risorsa attiva, nella convinzione che nelle maglie della riflessione in rapporto alla produzione artistica risieda un potenziale di cambiamento individuale e collettivo. Dov’è il Sud dunque? E soprattutto dov’è il nostro Sud?

IL FORMAT E IL WORKSHOP

Il format di tutti i workshop di AtWork prevede una prima fase in cui il tema viene analizzato e decostruito rispetto alla versione socialmente accettata: il curatore ha la funzione maieutica di guidare i partecipanti verso contenuti e idee che possiedono già, ma che per via di radicati pregiudizi e stereotipi sociali non hanno mai intercettato. Seduti a cerchio, i ragazzi si sono interrogati sul significato del tema. Simon Njami li ha guidati in un percorso di consapevolezza linguistica e culturale: “liberare la nostra mente da tutti quei pregiudizi e ideologie che affollano le nostre teste quando nominiamo i punti cardinali e a riconsiderarli per quello che sono: direzioni”, sostiene Njami. “Se ci riusciamo, potremmo riscoprire che Sud o Nord non esistono in quanto tali ma si attivano nel loro significato a seconda di quello che pensiamo essi siano. Ovunque noi ci troviamo, c’è sempre un sud, e quindi siamo noi che definiamo il significato della ‘parola’, perchè Sud comincia da me”.

I TACCUINI

Un processo di analisi del discorso e al contempo interiore, punto di partenza per la fase, stavolta individuale, di realizzazione dell’opera usando il taccuino di AtWork, metafora stessa del complesso meccanismo di decostruzione-costruzione attivato. Come una idea radicata può essere messa in discussione e riletta con sguardo critico, partecipe, curioso, allo stesso modo tanti piccoli taccuini neri, in partenza tutti uguali, nelle mani di ragazzi predisposti al pensiero creativo e al dialogo si trasfigurano in altrettante pagine, foriere di storie, vissuti, sguardi, approcci visivi, forme, cromie. Il risultato finale è un nucleo di 18 opere: di nuovo disposti a cerchio, con un ritmo non occidentale, simile a una sessione rap, i ragazzi hanno raccontato i propri taccuini. In un clima di pace e calma – la saggezza di chi ha già visto tutto – i giovani autori sono stati protagonisti di un momento performativo forte, che testimonia la meraviglia dello scambio di intelligenze, competenze, esperienze. Dell’incontro tra persone, dove l’unica punto cardinale oggettivo è l’umanità.

IL SUD DI LAMIN D. DRAMMEH

Il Sud di Lamin D. Drammeh

Il Sud di Lamin D. Drammeh

Il Sud di Lamin D. Drammeh è Wonderland, una scultura/bilanciere in cui il delicato equilibrio tra terra e cielo dipende dal globo, inteso come entità sociale e fisica. Drammeh evidenzia il continente africano con l’oro, e con lo stesso colore delimita un percorso prezioso di passi perduti che si lasciano dietro tutta la ricchezza e la malinconia di una terra tanto martoriata quanto meravigliosa. L’autore del taccuino proviene dal Gambia, dove per motivi politici ha lasciato un’avviata e remunerativa attività di internet point per rifugiarsi prima in Libia e infine in Italia. Il suo cammino, come quello rappresentato nel taccuino, è lastricato di episodi drammatici che lasciano in sospeso una vita divisa tra due continenti, due culture, le proprie radici e un futuro sfuggente. Lamin frequenta la facoltà di scienze politiche di Pavia, il suo status è quello di rifugiato politico, e in Italia ha trovato una rete solidale di accoglienza che gli ha permesso di coltivare il suo talento e i suoi interessi. Il pensiero del Gambia e dell’Africa gli procurano tuttavia l’inquietudine di un’occasione mancata.

IL SUD DI WENDORLINK ZERPA

Il Sud di Wendorlink Zerpa

Il Sud di Wendorlink Zerpa

Il Sud di Wendorlink Zerpa è Il mare, una gita in barca con la sorella, un ricordo di infanzia, immagine dolce in cui rifugiarsi contrapposta all’attuale condizione del Venezuela, suo paese di provenienza. Il taccuino stesso è una barca che culla i ricordi di Wendorlink, colori squillanti accostati ad oggetti – una piuma, una conchiglia – che contengono un bagaglio di nostalgia che solo il blu profondo delle pagine-onde può restituire. Wendorlink Zerpa pianifica il suo futuro a Roma, città che ama e dove attualmente vive. Al momento infatti la situazione politica del suo paese le impedisce di rientrare e così lei, il Venezuela, preferisce collocarlo nei giorni felici di un tempo passato.

IL SUD DI FEDERICO ALCARO

Il Sud di Federico Alcaro

Il Sud di Federico Alcaro

Il Sud di Federico Alcaro è The Peeping Paradox, una white box che spazializza il taccuino e tradisce il background da architetto dell’autore. Il paradosso del titolo risiede proprio nel rapporto tra l’aspetto monodimensionale di un concetto, in questo caso il Sud, e le infinite frammentazioni che corrispondono ad altrettanti punti di vista e piani di discussione. Federico si occupa di architettura nei contesti emergenziali e nei paesi in via di sviluppo e ha deciso di fare della sua professione uno strumento di indagine e intervento sociale, mettendo le sue competenze a disposizione di progetti di crescita e impegno civile. Il suo esempio è l’espressione più bella di una generazione dagli occhi e dalla mente aperta, pronta a vivere nel mondo con meno orpelli, sicurezze e beni materiali di quella dei propri genitori, e per questo più consapevole, evoluta, mite e felice.

LA MOSTRA

AtWork, workshop Moleskine

AtWork, workshop Moleskine

Dal 17 settembre i taccuini realizzati dai partecipanti sono esposti negli spazi di Palazzo Querini, presso la Fondazione Ugo e Olga Levi, dove attualmente si trova pure la mostra Rothko in Lampedusa, inaugurata nei giorni della Biennale Arte, frutto della collaborazione tra Moleskine Foundation e UNHCR. In netta rottura con l’immagine di fardello e problema plasmata dall’agenda dei media, i migranti e i rifugiati sono presentati come soggetti attivi, donne e uomini di talento, in questo caso artisti, costretti da eventi drammatici di portata storica ad abbandonare il luogo d’origine e reinventarsi altrove una esistenza, divenendo per reazione e attitudine pilastri di una cultura mobile, libera, aperta. Where is South? Cos’è il Sud a conclusione di una settimana così intensa? Un costrutto culturale certo, che sottende però un livello di astrazione che dà le vertigini perché in relazione alla stessa posizione della terra nell’universo: nelle mappe l’Occidente è in alto, in testa, l’Africa in basso, ai piedi, ma in realtà nel cosmo non c’è alcun riferimento. Se la storia fosse andata diversamente la cartina sarebbe stata disegnata sottosopra e in risposta a questo i ragazzi di AtWork hanno iniziato a ribaltare il mondo a partire dai loro taccuini.

Mariagrazia Pontorno

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