La lingua del diavolo. Il romanzo grafico di Andrea Ferraris

Un lontano fatto di cronaca storica ha ispirato ad Andrea Ferraris un romanzo grafico di deciso carattere, che riporta alle origini del Neorealismo cinematografico italiano.

Di tanto in tanto qualcuno riporta a galla dalle profondità della memoria collettiva il curioso fatto dell’isola Ferdinandea, verificatosi tra l’estate e l’autunno del 1831. Iniziò con una potente eruzione vulcanica sottomarina nelle acque del Canale di Sicilia, all’incirca a mezza distanza tra Sciacca e Pantelleria. In un batter d’occhio si formò un isolotto, condensatosi in pietra lavica, che crebbe fino a 65 metri d’altezza per un perimetro di circa 4 km. Subito si accese una disputa politica per il possesso di quel mucchietto di roccia: una nave inglese vi piantò l’Union Jack, battezzando l’isola Graham; i francesi da parte loro accorsero a imporvi la loro sovranità chiamandola Julia; e subito dopo i Borbone, che allora imperavano sulla Sicilia, la rivendicarono come appartenente di diritto al loro territorio, dandole appunto nome Ferdinandea in onore dell’allora re delle Due Sicilie Ferdinando II. Per le tre potenze navali, l’insula in mari nata poteva rappresentare un approdo d’importanza strategica per le rispettive flotte, tanto mercantili quanto, soprattutto, militari. Ma mentre la disputa politica continuava, il terreno lavico a poco a poco si disgregava; e lo spuntone, via via ridotto, in breve si inabissò, eliminando per sempre la materia del contendere. Oggi ne sopravvive appena un rimasuglio, una piattaforma lavica sommersa a circa otto metri sotto la superficie marina.

LA STORIA A FUMETTI

Sul lontano episodio storico ha voluto intessere una sua interpretazione personale il fumettista Andrea Ferraris (l’autore degli impegnati Churubusco e La cicatrice), immaginando che la nascita dell’isola sul pelo dell’orizzonte marino siculo presentasse un’occasione di riscatto personale e sociale per “un uomo oscuro, ignorante”, il pescatore di Sciacca Salvaturi Cavalca – personaggio di fantasia messo a confronto con la cronaca storica. Davanti alla spettacolare eruzione del vulcano, che agli occhi del suo giovane fratello Vincenzo appare “come i fuochi alla festa della Madonna del Soccorso”, il poveraccio Turi, che “tiene il malocchio addosso” ma è ostinato nella sua lotta antica contro il destino cornuto, si affretta a raggiungere per primo, con la sua barchetta a remi, sull’acqua ancora ribollente, quell’ammasso di caldi detriti lavici e a calcarlo con i suoi piedi scalzi, convinto che il primo a salire sull’isola ne diventi il padrone. Mal gliene incoglierà, anche in questo caso. Mentre in paese il prete a messa grida che “quelle fiamme sono la lingua del diavolo… dobbiamo pregare per le nostre anime”, i compaesani non prendono sul serio l’autoproclamato “governatore” che invece ci crede sul serio, e persino il devoto fratello Vice’ gli dice “cose dure”, la rozza ossessione di Turi si avvia fatalmente verso la disillusione. “Miseria buttana” è lo sbotto più ricorrente. E quanto mai amaramente veritiera si conferma l’epigrafe, tratta da I Malavoglia, che recita “Chi ha roba in mare non ha nulla”.

Andrea Ferraris – La lingua del diavolo (Oblomov Edizioni, Quartu Sant'Elena 2018). Copertina

Andrea Ferraris – La lingua del diavolo (Oblomov Edizioni, Quartu Sant’Elena 2018). Copertina

TRA CINEMA E DISEGNO

Il letterario verismo siciliano di Verga in realtà può venire in mente, davanti a questo libro, così come il cinematografico neorealismo di Luchino Visconti nell’ancora verghiano La terra trema (e magari pure Stromboli ‒ Terra di Dio di Rossellini). In realtà il poderoso romanzo grafico di Andrea Ferraris ha non poco di cinematografico, in particolare nelle numerose significanti sequenze mute, molto coinvolgenti e “ben girate”. Anche il linguaggio dei dialoghi è conciso, secco, sempre essenziale, italiano eppure calco – memore, presente – di siciliano. Ma forse ancora più notevole è la resa visiva complessiva, affidata a densi reticolati di segni: spessi tratti di matite grasse che imprigionano ruvidamente personaggi e lettori dentro le sbarre delle vignette, nella gabbia inesorabile della pagina. Le polveri di grafite si fanno quasi tangibili: ombre fitte, aspri paesaggi spigolosi, scenografie geometriche appena arrotondate testimoniano una motivata ricerca di durezza espressiva molto adatta a “una storia che finisce a schifo”. Dove l’orgoglio feroce di un diseredato può essere inteso anche come un disperato e inutile conato di riscatto degli ultimi (“per la stanchezza, pure la voglia di mangiare ci passava”), mentre i potenti fanno i loro giochi, indifferenti, su tutt’altro livello.

Ferruccio Giromini

Andrea Ferraris – La lingua del diavolo
Oblomov Edizioni, Quartu Sant’Elena 2018
Pagg. 232, € 20
ISBN 978885621374
www.oblomovedizioni.com

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Ferruccio Giromini

Ferruccio Giromini

Ferruccio Giromini (Genova 1954) è giornalista dal 1978. Critico e storico dell'immagine, ha esercitato attività di fotografo, illustratore, sceneggiatore, regista televisivo. Ha esposto sue opere in varie mostre e nel 1980 per la Biennale di Venezia. Consulente editoriale, ha diretto…

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