Il ritorno del silent-book fantasma di Shaun Tan

Torna disponibile in libreria un volume entrato nella storia dell'editoria, di cui si continuava a parlare ma che nessuno rieditava più. “L'approdo” di Shaun Tan è solo del 2006: tradotto in Italia da Elliot, era sparito in breve dal commercio. Diventando subito leggendario.

Ci sono voluti otto anni, ma infine – grazie alle edizioni Tunué di Latina – L’approdo ha fatto il suo ritorno trionfale nelle librerie italiane. Ovunque amatissimo, ovunque premiatissimo, si tratta in effetti di un libro anomalo e notevole sotto molteplici punti di vista. Ne è autore un australiano di origini malesi, Shaun Tan, che quando lo pubblicò era trentaduenne. L’altro suo grande successo è il sorprendente cortometraggio animato in 3D The Lost Thing (tratto da un suo precedente libro, del 2000), che nel 2011 gli fece vincere un Oscar a Hollywood. Meritatamente, in quanto disseminato di piccole e grandi raffinatezze. Se non l’avete ancora visto, vi stupirete senz’altro per l’inventiva visionaria che l’artista dispiega dall’inizio alla fine, sorta di Bosch e Dalí contemporaneo di tutto rispetto.

IL RITONO DEI SILENT BOOK
L’approdo è invece una narrazione che si affida esclusivamente alle immagini, senza una parola. Sfida difficile. Ma riuscita pienamente, tanto che questa bizzarra graphic novel è stata in qualche modo di incoraggiamento occulto a una pletora di silent book realizzati da quel momento a oggi: non tutti pienamente riusciti, anzi; tutti comunque distanti da questo risultato ammirevole. Che non è un libro per bambini, come a chi categorizza così tutti gli illustrati potrebbe superficialmente sembrare.
Di che si tratta? In poche parole (Shaun Tan può farne a meno, noi qui no): un uomo lascia la famiglia in un Paese cupo e oppresso e, con comprensibili amarezza e rimpianto, parte in cerca di fortuna per una più promettente terra straniera. Varcato l’oceano, si ritrova sperduto in un paese che non capisce e che non lo capisce, ma col quale deve inevitabilmente entrare prima o poi in comunicazione. E, con lui, anche il lettore si ritrova in un posto alla Savinio o alla Max Ernst. Figuriamoci la semplicità e rapidità dell’adattamento all’ambiente… Che comunque, prima o poi, arriverà.

EMIGRAZIONE E SPAESAMENTO
“Gran parte di questo libro è ispirata ad aneddoti raccontati da migranti di varie nazionalità ed epoche, compresi quelli di mio padre, che dalla Malesia emigrò in Australia occidentale nel 1960”, ammette l’autore. Oggi il drammatico argomento dell’emigrazione forzata sembra – ahinoi – fin troppo abusato, addirittura “alla moda”. Ma qui è trattato con una grazia e una intelligenza particolari. L’immedesimazione del lettore nel protagonista è aiutata a perfezione dal senso di spaesamento costante suggerito dalla stranezza e iniziale incomprensibilità degli ambienti, delle situazioni, dei sistemi comunicativi con cui ci si trova ad avere a che fare. Spaesamento: una parola migliore non esiste per tale stato d’animo. E in questo senso le scelte interpretative del silenzio e del surrealismo compongono la chiave che gira meglio nella serratura, a meraviglia. Ma l’operazione di Shaun Tan, frutto di un lavoro durato quattro anni, è particolarmente colta in più direzioni; vi si possono ritrovare non pochi echi letterari, cinematografici, pittorici, per quanto mai ostentati. Per una lettura (uno spettacolo) di soddisfazione razionale quanto emotiva.

Shaun Tan, L'approdo - Tunué, Latina 2016

Shaun Tan, L’approdo – Tunué, Latina 2016

UNA GENESI LABORIOSA
Il volume si presenta in una confezione che induce bene a sensazioni emozionanti fin da subito. Già la copertina evoca un vecchio album di fotografie, unto e anticato dall’uso, rimandando alla storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento. Anche i disegni interni, tendenzialmente (ma variamente) monocromatici, rimandano d’acchito all’iconografia di quel periodo. In realtà la tecnica esecutiva, non solo abile e minuziosa grafite, è ben complessa, come Shaun Tan ha avuto modo di esplicare in una recente intervista: “Procedevo abbozzando prima tutto in uno schizzo e poi filmavo usando una videocamera, piccoli set in cartone e amici e familiari che mettevano in scena brevi sequenze di azione. Queste sarebbero diventate una traccia per ulteriori disegni, combinati con un mucchio di foto d’archivio, in particolare di migranti in viaggio alla fine del XIX secolo, che trovavo molto poetiche e inquietanti, e in sostanza furono lo stimolo per l’intero libro. (…) Una volta poi che avevo messo insieme tutti i miei abbozzi, foto e schizzi, potevo ridisegnare ogni scena semplicemente a matita su carta, con l’effetto di legare tutti gli elementi cumulativi in un unico stile lineare”. Ma che L’approdo abbia avuto una genesi particolarmente laboriosa lo capiscono tutti.

Ferruccio Giromini

Shaun Tan – L’approdo
Tunué, Latina 2016
Pagg. 124, € 24,90
ISBN 9788867901883
www.tunue.com

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Ferruccio Giromini

Ferruccio Giromini

Ferruccio Giromini (Genova 1954) è giornalista dal 1978. Critico e storico dell'immagine, ha esercitato attività di fotografo, illustratore, sceneggiatore, regista televisivo. Ha esposto sue opere in varie mostre e nel 1980 per la Biennale di Venezia. Consulente editoriale, ha diretto…

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