Franz Kafka: 100 anni senza lo scrittore che ha narrato l’assurdità dell’esistenza umana

È morto 100 anni fa, il 3 giugno 1924, l’autore de La Metamorfosi e de Il Processo il cui nome è diventato per antonomasia simbolo della incomprensibilità del vivere umano e dell’oppressione. Ma non tutti sanno che Kafka è stato anche un appassionato disegnatore

Nel corso della sua vita ebbe sempre l’impressione di essere inseguito e limitato: dalla famiglia prima, dal lavoro e dalle donne poi. Personaggio ossessionante e ossessionato, Franz Kafka (Praga, 1883 – Kierling, 1924) ha fatto della sua produzione letteraria uno specchio del proprio essere e delle proprie fobie: storie di fughe (fisiche e mentali), costrizioni quotidiane, sofferenze interiori. Similmente a Torquato Tasso, ossessionato dal clima oppressivo della Controriforma, anche Kafka avvertì profondamente tutta la violenza di una società materialista che stava per imboccare la via del totalitarismo e di una nuova, catastrofica guerra, esternando il suo disagio anche in manifestazioni patologiche quali l’anoressia nervosa atipica e tendenze suicide; all’interno però di una personalità comunque curiosa del mondo, i cui variegati interessi includevano la medicina alternativa, i moderni sistemi educativi come il metodo Montessori e le novità tecnologiche come il cinema e gli aeroplani. Interessi che rivelano la continua ricerca di una via lontana dall’omologazione, dove essere liberi di volare e di sognare. E proprio agli aeroplani, dopo aver assistito a un’esibizione nel corso del suo viaggio in Italia, dedicò il racconto Die Aeroplane in Brescia, pubblicato sul quotidiano Bohemia il 29 settembre 1909.

Chi era Franz Kafka

Di famiglia ebraica (tre sue sorelle morirono poi nei campi di sterminio fra il 1942 e il 1943), in età adolescenziale si dichiarava ateo, mentre negli ultimi anni della sua vita frequentò le lezioni di Rabbi Julius Grünthal e Rabbi Julius Guttmann, presso la Hochschule für die Wissenschaft des Judentums di Berlino. L’influenza del sionismo sulla sua produzione letteraria è ancora oggetto di studio, ennesima prova della sua complessità intellettuale. Scrittore che amava la notte, dal linguaggio complesso non facile da tradurre, terminò pochi dei suoi romanzi e racconti, e bruciò ancora in vita circa il 90% della sua opera. Si spense il 3 giugno 1924, a causa della tubercolosi che lo affliggeva dal 1917, senza aver raggiunta la fama, perché solo poche opere di Kafka furono pubblicate durante la sua vita: le raccolte di racconti Betrachtung (Contemplazione) e Ein Landarzt (Un medico di campagna) e qualche opera singola Die Verwandlung (La metamorfosi, ad esempio) in riviste letterarie.

Franz Kafka nel 1923. Klaus Wagenbach Archiv
Franz Kafka nel 1923. Klaus Wagenbach Archiv

La letteratura di Franz Kafka

Kafka ha una concezione tragica dell’esistenza umana, che racconta attraverso i temi dell’alienazione, dell’ansia esistenziale, del senso di colpa e dell’assurdità, mantenendo sullo sfondo la consapevolezza paranoica dei mutevoli equilibri di potere che schiacciano l’individuo in qualunque ambiente, dal luogo di lavoro alla vita privata. È un fatto che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il “demone” della modernità stava modificando profondamente la struttura di una millenaria società rurale, sradicando l’individuo dal contatto con la natura e soffocandolo nella gerarchia automatizzata dell’industrializzazione e del nascente consumismo. La sua complessa personalità (oltre a quelli accennati, soffriva di disturbi schizoidi e di una sessualità al limite del compulsivo) collise fatalmente con le regole di un mondo sempre più violento, fatuo e materialista, e tutta sua produzione letteraria è appunto lo specchio di una profonda sofferenza interiore. 
Sin dai primi racconti della raccolta Contemplazioni, pubblicata nel 1913 dalla tedesca Rowohlt Verlag, fra i protagonisti si frappongono astio, invidia, sospetto, insincerità, apparenza, una latente tensione che rende problematica anche la relazione più semplice. 

L’umanità secondo Franz Kafka

L’universo di Kafka è un circo di individui assai variegati: deboli, malvagi, ingenui, sognatori, violenti, crudeli. Ognuno sembra cercare il proprio posto nel mondo, non importa se a spese altrui, in città grigie, sferraglianti di tram e impianti industriali, costellate di interni alienanti e indecifrabili. Atmosfere vicine alla pittura espressionista di Georg Grosz, che nei medesimi anni raccontava sulla tela le vicende della controversa Repubblica di Weimar. I suoi personaggi, al pari di figure mitologiche quali Icaro e Prometeo, sono spesso anche messaggeri nascosti del potenziale di ogni individuo ad andare oltre; serve qualcuno che, a nome di tutta l’umanità, si immoli opponendosi al sistema, che paghi per tutti e apra la strada. In questo senso, l’interpretazione religiosa che spesso accompagna le opere di Kafka è corretta. Sulla scia di Heinrich von Kleist, aveva la capacità di descrivere una situazione con dettagli realisticamente precisi, che incalzano il lettore e costruiscono la ragnatela di oppressione che avvolge gli sventurati protagonisti. La metamorfosi e Il processo sono probabilmente i pilastri ideali dell’opera di Kafka. Il commesso viaggiatore Gregor Samsa e l’impiegato di banca Josef K. sono i protagonisti di due vicende inspiegabili, surreale la prima, leggermente più verosimile la seconda: la trasformazione in un parassita e l’angosciosa attesa di giudizio per una colpa mai spiegata. Due individui schiacciati dalle responsabilità familiari il primo, da un malvagio sistema giudiziario l’altro. Pagine che brillano di una luce oscura, come certe pitture simboliste di Franz von Stuck e Arnold Böcklin, e che nonostante il tono allegorico, sono ben rappresentative del percorso imboccato dalla società europea nel primo Novecento, e che avrebbe avuto sviluppi ancora più drammatici nei decenni successivi.

Franz Kafka e l’arte

Al di là di certi accostamenti fra i suoi scritti e gli artisti del suo tempo, Kafka stesso si cimentò con l’arte, essendo un appassionato disegnatore. Un aspetto assai poco conosciuto della sua carriera, almeno fino al 2019, quando nell’archivio del suo biografo Max Brod (deceduto nel 1968) furono rinvenuti centinaia di disegni dello scrittore, che si aggiunsero agli appena quaranta sino ad allora noti. Costituiti da figure affascinanti, che passano dal realistico al fantastico, al grottesco, al perturbante e al carnevalesco, sono il completamento visivo di quanto Kafka ha descritto in prosa. La raccolta dei disegni dello scrittore è stata pubblicata per la prima volta nel 2022, da Andreas Kilcher presso la Yale University Press.
Benché il disegno appartenga alla sua intera carriera, vi si dedicò in maniera più intensa e continuata durante gli anni universitari, fra il 1901 e il 1907. Da quei tratti neri su carta emergono volti e figure umane appena abbozzati. Le espressioni e le posture non sono statiche, ma spesso dinamiche, a volte inclinate come in movimento, solitamente di profilo, spostandosi da destra a sinistra. I soggetti particolarmente tipici di questi disegni includono schermitori, cavalieri e ballerini. Rispecchiano la concezione di Kafka dell’esistenza come arena di lotta, teatro di un assurdo, grottesco spettacolo che sullo sfondo nasconde una endemica sofferenza.Per questo, lontane dalle proporzioni classiche della “bellezza” formale, quelle figure in molti casi appaiono esagerate, con alcuni tratti distintivi fortemente enfatizzati. Figure al limite del simbolico, comunque dotate di una potente carica emotiva, che completano quelle considerazioni letterarie espresse nei romanzi e nei racconti.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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