Nel segno dell’essenziale. Il saggio sull’arte di Davide Dal Sasso

Prende le mosse dall’“arte dopo il concettualismo” il saggio pubblicato da Davide Dal Sasso, autore su queste colonne della rubrica “Dialoghi di Estetica”, per i tipi di Rosenberg & Sellier.

Se la filosofia sembra di recente aver cercato argomenti accattivanti nelle opere d’arte, resterete sorpresi dalla lettura di Nel segno dell’essenziale. L’arte dopo il concettualismo. Scritto da Davide Dal Sasso, questo libro è un saggio teorico che prende finalmente una posizione sull’arte contemporanea individuando un orientamento, un’evoluzione che indica un prima e un dopo partendo dalla relazione tra forma e processo, ossia tra arte “massimalista” e “riduzionista”. Riferendosi essenzialmente alla tradizione anglosassone, alla cui base pone il secondo Wittgenstein, l’autore analizza i caratteri della creatività umana in una germinazione arborea. Questa impostazione segna il metodo con cui procedere spostando la domanda da “cosa” è un’opera d’arte a “come” l’opera è arte. Per far ciò l’autore interpella sovente la separazione introdotta da Ermanno Migliorini tra stereotipo ed ectipo come i due risultati del passaggio creativo da un archetipo a un prototipo, che è il modello indefinito concretamente individuato dall’artista.

IL SAGGIO DI DAVIDE DAL SASSO

Sei capitoli caratterizzati da un’impostazione analitica in cui Dal Sasso spiega come l’arte concettuale sia non solo una pratica ma, soprattutto, un nuovo modo di approcciarsi all’arte della seconda metà del XX secolo. Partendo dall’intreccio tra Piano Esecutivo e Piano Decisionale, in questo saggio affronta le procedure che caratterizzano il processo creativo nella distinzione indicata da Susan Knauth Langer. Lo studio ha il merito di riconoscere nella materialità dell’arte concettuale l’elemento di avvio di un processo di informazione e simbolizzazione. Contraddicendo la tesi della de-materializzazione dell’arte, come quella di Lucy Lippard per esempio, Dal Sasso indica la necessità di un ripensamento dell’intero impianto teorico sull’arte concettuale che muove dall’analisi del concettualismo quale espressione attitudinale escludendo che si tratti di un fenomeno post-moderno. Nel rilevare una prima fase linguistico-analitica e una seconda critico-politica nella linea attitudinale, Davide Dal Sasso reputa fondamentale l’indagine sull’entità e sullo sviluppo delle espressioni verso un possibile superamento del principato della rappresentazione. In virtù di ciò, indica la predilezione dell’artista concettuale per il nucleo simbolico dell’opera ponendo al minimo la percezione del nucleo oggettivo senza, però, negargli la possibilità di presentare un processo.

Joseph Kosuth. Maxima Proposito (Ovidio). Galleria Vistamare, Pescara 2017. Courtesy the artist and Vistamare. Photo Filippo Armellin

Joseph Kosuth. Maxima Proposito (Ovidio). Galleria Vistamare, Pescara 2017. Courtesy the artist and Vistamare. Photo Filippo Armellin

LE CARATTERISTICHE DELL’OPERA CONCETTUALE

L’artista si concentra, così, su un “modus operandi” in cui regole e norme sono importanti almeno quanto una flessibilità operativa che contempli varianti e cambi di rotta. La matrice normativa nel passaggio dal primo concettualismo idealista a un secondo “materialista” varia a seconda dei processi interpretativi e di fruizione che va a innescare. Puntando sulla riduzione della salienza visiva dell’opera, l’artista concettuale avvia nuove pratiche di sollecitazione del dibattito critico. L’opera concettuale, però, a dispetto dei suoi detrattori, non apparirà mai criptica poiché si basa su una comunicazione che permette di raggiungere facilmente la fragranza dell’idea sia nel progetto costitutivo che nel processo di elaborazione.

ESTENDERE IL CONCETTO DI ARTE

In questa trasparenza il fruitore è chiamato a partecipare nei modi e nelle forme già previste da Umberto Eco all’inizio degli Anni Sessanta e ribaditi dall’apertura informazionale dell’opera. Un altro aspetto che sottolinea Dal Sasso è la vitalità dell’idea nell’arte concettuale che la differenzia dalla staticità iconica. Liberando la vita del sentimento (per dirla con Susanne Langer), alla parvenza illusoria e virtuale l’arte concettuale sostituisce l’immediatezza della fluidità. Ciò avverrebbe, secondo Dal Sasso, grazie a una temporalità che può essere mostrata in sequenza, dimostrata attraverso testimonianze o dalla transitorietà dell’evento espositivo. Dal Sasso, però non si ferma alla disamina dei caratteri del concettualismo puro, intravede, infatti, la possibilità di una ibridazione tra opere “massimaliste” e “riduzioniste” dove, nell’appropriazione di impianti visivi tradizionali, ravvisa un aspetto meta artistico che non annichilirebbe mai la forma, semmai la modificherebbe in funzione di una sollecitazione mentale. Il riduzionismo, per Dal Sasso, resta in teoria il principio ordinatore che ci fa assistere alla realizzazione di un’opera d’arte, un modo di partecipare all’espressione. Dal Sasso conclude proponendo una estensione del concetto di “arte” ed esaminando i criteri di creazione e valutazione per i quali propone il modello del “cluster”, un grappolo di criteri che può restituire caratteri dell’arte essenziali e condivisi.

Marcello Carriero

Davide Dal Sasso ‒ Nel segno dell’essenziale. L’arte dopo il concettualismo
Rosenberg & Sellier, Torino 2020
Pagg. 371, € 28
ISBN 9788878856905
www.rosenbergesellier.it

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Marcello Carriero

Marcello Carriero

Marcello Carriero (1965) si occupa di critica e storia dell’arte dal 1994. Ha scritto sulla cultura visiva contemporanea sulle riviste Arte e Critica, Arte, Exibart, e ha pubblicato l’unica monografia completa sul futurista Volt (Ed. Settecittà, Viterbo 2007). Attualmente docente…

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