Entreprecariat è un neologismo coniato da Silvio Lorusso per designare la stretta connessione tra imprenditorialità e precarietà e come questa nuova condizione rappresenti il territorio da indagare per capire cosa sta succedendo al lavoro creativo del nostro tempo. Siamo quasi tutti un po’ imprenditori, ma soprattutto tanto precari. È questa la prima immagine che Lorusso ci restituisce, entrando in risonanza con alcuni pensieri declinati da Franco Bifo Berardi nel suo noto L’anima al lavoro. Una condizione che sconta un diffuso malessere che spesso degenera in un patologico obbligo di presenza e affermazione.
Siamo costretti a comunicare e a presidiare lo spazio sociale digitale nell’apparente traffico di “piccoli” lavori creativi. Facciamo impresa di noi stessi per affermare che siamo graphic, product, speculative o social designer o curatori di qualche non precisato progetto artistico.
Se pensi di non essere nel gioco, sono comunque i social e gli strumenti digitali a comunicare attraverso di te. Lo spirito e il senso della nostra soggettività si inquina, il corpo si perde. Viviamo nell’eccesso espositivo del cyberspazio, dove il tempo del non lavoro è ambiguo e dissolto, la capacità di organizzare questa occupazione in un pensiero critico svuotata.
UNA CONDIZIONE AMBIGUA
Non è un bel quadro quello che dipinge Silvio Lorusso nel suo Entreprecariat – Siamo tutti imprenditori. Nessuno è al sicuro. L’autore stesso vive in questa condizione ambigua come artista, designer e ricercatore italiano di base a Rotterdam. Come evidenzia nella illuminante introduzione Geert Lovink, uno dei più attenti e acuti studiosi dei social network e della rete in generale: “Non possiamo semplicemente vivere la vita, siamo condannati a progettarla. Questa è la dichiarazione programmatica di Silvio Lorusso. Stiamo diventando curatori della nostra vita”. Il saggio è declinato attraverso una successione ben scandita di temi e immagini che restituiscono in prima battuta una puntuale genealogia della retorica legata all’affermazione dello spirito imprenditoriale e della corrispondente diffusione della precarietà. Molti di noi ricorderanno Richard Florida e la sua teoria sull’ascesa al governo del mondo della “classe creativa” o Jeremy Rifkin e la sua fine del lavoro e, più di recente, Richard Sennett e la sua enfasi sullo spirito collaborativo e la flessibilità.
PRECARIETÀ E IMPRENDITORIALITÀ
Lorusso, con distacco e pungente ironia, si propone, e vi riesce, di levare il velo d’ipocrisia che avvolge i processi lavorativi del nostro tempo, soprattutto nello scalcagnato universo creativo. “Entreprecariat incarna le contraddizioni sociali e individuali determinate dallo scontro tra precarietà e imprenditorialità”, afferma con acume l’autore. E ancora ci incalza, questa dimensione lavorativa è la condizione della “dissonanza cognitiva sperimentata dai nuovi lavoratori, immersi in una sorta di ipnosi collettiva che fa del mondo una mastodontica start-up. La società del rischio riguarda tutti: siamo tutti risk-taker”. Ma chi si assume questo rischio e quanta consapevolezza c’è di essere rinchiusi in un gioco di ruoli dove l’economia reale del lavoro creativo è fatta di tanti lavoratori creativi che la mattina si muovono alla ricerca di sostenitori delle loro idee e progetti e nei ritagli di tempo lavorano per Deliveroo?
Sono le partite Iva che sono obbligate a mettere insieme più lavori diversi per realizzare un reddito più o meno decente. Per non parlare dei ricercatori universitari o i docenti a contratto delle Accademie di Belle Arti che saltano da un contratto all’altro in attesa di una stabilizzazione che non arriva mai. Un saggio, questo di Lorusso, che solleva una questione che ci riguarda tutti, nessuno escluso, perché riflette su quale soggettività, non solo lavorativa ma soprattutto etica, si sta definendo nella nostra più prossima e instabile contemporaneità.
‒ Marco Petroni
Silvio Lorusso – Entreprecariat. Siamo tutti imprenditori. Nessuno è al sicuro
Krisis Publishing, Brescia 2018
Pagg. 228, € 18
ISBN 9788894402902
www.krisispublishing.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati