Il futuro della cultura in Ungheria

Un reportage dall’Ungheria, colpita, come tutto il mondo, dalla crisi pandemica. Ma pronta a rilanciare il proprio patrimonio culturale.

Il 16 marzo 2020 l’intera popolazione ungherese inizia ad assistere alla chiusura totale del Paese. All’inizio si pensava a una breve pausa di qualche settimana, ma purtroppo lo scenario non cambiava. Le strutture sanitarie diventavano sempre più affollate, mentre le istituzioni culturali cominciavano a subire grosse perdite finanziarie di fronte all’aumento dei contagiati. Il governo ungherese in poco tempo ha fatto chiudere musei, pinacoteche e altri luoghi della cultura. All’inizio tutti speravano in una riapertura durante l’autunno 2020, ma dovettero accettare la pura realtà. Soltanto le gallerie private potevano riaprire i propri battenti introducendo alcune restrizioni. Lo Stato e i cittadini dovettero arrendersi e prepararsi a un lungo periodo di stasi, in cui le attività sarebbero diminuite per non aumentare il numero dei contagiati.
Tuttavia, ogni crisi porta con sé i germi di una rinascita. L’auto-riflessione sui rapporti interpersonali e la rivalutazione della presenza umana sono divenute le nuove parole chiave nell’arte contemporanea, mentre progetti enormi continuano a essere eseguiti sotto la guida delle Soprintendenze e dello Stato ungherese.

Marta Czene, Frontale

Marta Czene, Frontale

MÁRTA CZENE DALLA PITTURA AL DIGITALE

L’artista e dottoranda ungherese Márta Czene è una delle pittrici più promettenti della sua generazione. Classe 1982 è nipote di un noto artista magiaro, il pittore Béla Czene, che fu uno dei rappresentanti della pittura neoclassicista ungherese negli Anni Trenta. Dal 2011 al 2017 ha esposto in città come Roma, Bologna, Potenza, Ferrara e Lucera, e tuttora conserva un rapporto continuativo con la cultura classica italiana. Purtroppo la forzata riprogrammazione della vita quotidiana e lo smart working l’hanno costretta ad abbandonare ogni forma di attività artistica. Lo spazio vitale per la pittura è scomparso dalla sua vita lasciando posto alla creazione di montaggi video digitali.
Per tali motivi ha scoperto nuove tematiche, divenute determinanti per le sue opere: la famiglia in cui è cresciuta, l’infanzia, le attitudini e le abitudini generazionali. Nonostante ciò ha dovuto affrontare una nuova difficoltà: la vita artistica contemporanea ungherese ha incominciato a rifugiarsi nel virtuale, dove la presenza umana è considerata inutile. Ciononostante le sue nuove opere d’arte hanno la capacità di farci riflettere sulla speranza che il periodo post-Covid riporterà in auge la necessità della presenza umana. I suoi fotomontaggi digitali sono diventati installazioni artistiche esposte in una galleria privata.

House of the Hungarian Innovation, “Városliget”, Budapest, modello in 3d

House of the Hungarian Innovation, “Városliget”, Budapest, modello in 3d

I PROGETTI E LE MOSTRE IN UNGHERIA

Dal 2011 il commissario governativo ungherese, László Baán, direttore generale della Hungarian National Gallery – Museum of Fine Arts Budapest, a cui recentemente è stata conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia, ha iniziato a concepire l’idea di un nuovo quartiere museale che si sarebbe ispirato alla Museumsinsel di Berlino. L’idea era creare un parco museale in cui il verde e gli edifici progettati da studi d’architettura di livello internazionale (per esempio Sou Fujimoto Architects e SANAA) avrebbero portato a un risveglio culturale nel “Városliget”, il principale parco municipale di Budapest, che già dall’Ottocento funzionava come un giardino per eventi pubblici e ricreativi. Gli edifici principali del progetto sono: la House of Hungarian Music, la New Hungarian National Gallery, il ricostruito Teatro del “Városliget” in stile secessionista ungherese, il Museum of Etnography, la House of Hungarian Innovation, la House of the Hungarian Millenium, un garage sotterraneo da 800 posti e il gigantesco Hungarian Museum Restoration and Storage Centre. Oltre a questi istituti anche il Parco Zoologico sarà ampliato con un parco e una cupola a biosfera in cui verrà ricreata completamente la fauna del Bacino dei Carpazi. Per adesso soltanto l’Hungarian Museum Restoration and Storage Centre è funzionante, tuttavia è prevista l’apertura del Museum of Etnography per la primavera del 2022, mentre la House of Hungarian Music sarà accessibile quest’anno.
I progetti hanno avuto anche dei pesanti risvolti mediatici e politici, nonostante abbiano ottenuto dei premi internazionali come gli International Property Awards. Del resto la House of Hungarian Music è stata giudicata totalmente efficace dal punto di vista ambientale sulla base del BREEAM (metodo di valutazione ambientale del Building Research Establishment). Oltre alla ridefinizione di un’area culturale, ci sono grandi novità anche sul fronte espositivo. La Hungarian National Gallery ospiterà, ad agosto, la retrospettiva di Gerhard Richter, mentre a dicembre èprogrammata una mostra sul pittore contemporaneo ungherese Pál Szinyei Merse. Il Museum of Fine Arts di Budapest penserà a colmare il vuoto provocato dal Covid con mostre sui preraffaelliti inglesi (maggio), su Cézanne e i modernisti europei (ottobre).

Mihály Pollack, Castello Festetich, Dég

Mihály Pollack, Castello Festetich, Dég

I CASTELLI NOBILIARI E IL FUTURO DI BUDA

In seguito a diverse decisioni governative, lo Stato ungherese, la Soprintendenza dei Beni Culturali e una giuria di esperti è a capo di due progetti ambiziosi. Il primo, il National Hauszmann Program, si concentra sulla riscoperta e il restauro degli edifici storici (Palazzo Storico della Croce Rossa Ungherese, Palazzo dell’Arciduca Giuseppe d’Asburgo, il Maneggio Reale, l’ex palazzo del R. Ministero delle Finanze Ungheresi, l’ex Palazzo del Comando Supremo del R. Esercito Ungherese) del Quartiere del Castello di Budapest, mentre il National Castle and Fortress Program è essenzialmente legato alla ricostruzione e rivalorizzazione dei castelli e delle fortezze nobiliari ungheresi. Entrambi i progetti sono sovvenzionati dallo Stato e dai finanziamenti dell’UE.
Il primo è nato fra numerose polemiche, connesse soprattutto a dibattiti nel campo degli studi storico-architettonici. Il restauro e la ricostruzione di numerosi edifici distrutti definitivamente pochi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale porta con sé diverse domande su come rivalorizzare palazzi che hanno perso la loro funzione originale. Nonostante ciò, i lavori sono iniziati e nel 2021 finalmente l’area del Maneggio Reale e la Sala di Santo Stefano del Palazzo Reale di Buda saranno finalmente visitabili.
Il secondo progetto, coordinato dalla Nemzeti Örökségvédelmi Fejlesztési Nonprofit Kft (Società Ungherese Non Profit per lo Sviluppo dei Monumenti Storici srl) comporta nuove responsabilità. La valorizzazione porterà a una ridefinizione dell’uso degli edifici nel campo della museologia, mentre si creeranno nuove aree per intrattenere il pubblico e le sale espositive mostreranno in un modo più interattivo la storia delle famiglie che abitarono quei palazzi.
La ridefinizione dei valori storici in una cultura nazionale ha sempre portato a numerosi dibattiti, nei quali ideologie e metodologie diverse hanno cercato di prevalere. Nonostante ciò il Covid ha messo in discussione la possibilità di entrare in dialogo diretto con le opere d’arte. Per tale motivo in Ungheria si vuole far prevalere di nuovo la “presenza antropologica” su quella digitale.

Bálint Juhász

ACQUISTA QUI la guida a Budapest

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati