Videogame? Non solo intrattenimento ma una possibilità di crescita. Anche per l’Italia
Mentre nel resto del mondo il settore videogame sta vivendo una fase di grande crescita, l’Italia non riesce ancora ad andare oltre la vecchia equazione videogiochi = intrattenimento, accumulando un ritardo sullo sviluppo di un comparto importante per lo sviluppo economico e culturale

In Italia, e più precisamente a Macerata, c’è un’associazione dedicata alla pop-filosofia, fenomeno che descritto come un genere culturale internazionale che coniuga la riflessione filosofica con i fenomeni pop della cultura di massa. Sempre nelle Marche, ma stavolta a Pesaro, si è tenuto in questi giorni un festival, The Power of Play, sviluppato da IIDEA, associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, nonché organizzatore del festival, in collaborazione con Games for Change, realtà internazionale che, dal 2004, promuove i videogiochi come strumento di cambiamento, attraverso eventi, programmi formativi e diffusione di media immersivi. Queste realtà si sono incontrate, nell’intervento di Lucrezia Ercoli, presidente dell’associazione popsophia, il cui titolo Un gioco serio. La popsophia dei videogame, lascia intuire le argomentazioni.
In Italia il videogame come strumento culturale è ancora un argomento di nicchia
Mentre in tutto il mondo la consapevolezza legata alle potenzialità culturali e sociali dei videogame è ormai pienamente diffusa; in Italia, il videogame come elemento culturale è ancora un argomento da convegno specialistico.
A giudicare dagli ultimi venti anni, in cui siamo stati costantemente in ritardo sull’adeguamento tecnologico in ambito culturale (i siti, i social network, le collezioni online, le connessioni nei musei, e via discorrendo), salvo normare precocemente qualsiasi forma di sviluppo, è opportuno riflettere sui due principali ordini di ipotesi che hanno determinato la “ghettizzazione” dei videogame nel panorama culturale.
Prima ipotesi: l’elevata età media della popolazione che stenta a superare l’associazione “videogame = intrattenimento” sviluppata dagli Anni ’80 in poi.
Seconda ipotesi: il basso livello di espansione del settore nel nostro Paese non ne lascia intuire le potenzialità in termini economici e finanziari. Quindi è necessario attendere ancora qualche anno prima di accorgersi del valore che tale segmento potrebbe avere per le Industrie Culturali e Creative.

Il settore dei videogame a livello internazionale
In ogni caso, analizzando come si sta muovendo il settore a livello internazionale, l’epilogo è più o meno noto: i videogame saranno, prima o poi, e per una stagione, uno dei settori più interessanti all’interno delle produzioni culturali contemporanee. È solo una questione di tempo. Bisogna capire “quando” e “come arrivare pronti”, evitando di commettere gli stessi errori del passato.
Il mercato internazionale dei videogame in cifre
Per capire le ragioni di questo tono ironicamente profetico, è opportuno analizzare un po’ di cifre del mercato dei videogame nel mondo.
Stando al rapporto pubblicato da Games for Change, il mercato globale dei videogame conta su 3,2 miliardi di giocatori, mentre il reparto Market Insights di Statista, nota piattaforma di statistiche, quota i ricavi totali del comparto, tra fisici e digitali, a 475 miliardi di dollari.
La capitalizzazione di mercato dei 5 top-player del settore, a giugno 2025, è stata pari a circa 270 miliardi di dollari, mentre il rapporto IIDEA, citato da Repubblica, ha indicato che l’intero mercato italiano, nel 2024, ha prodotto un giro d’affari di circa 2,4 miliardi di euro.
Il settore culturale, tuttavia, presenta non poche peculiarità, e prima tra tutte la struttura di mercato, che vede nel settore pubblico un interlocutore molto rilevante. Quindi, a differenza di altri comparti produttivi, per la cultura è necessario sviluppare anche una forte relazione con le istituzioni, che al di là di qualche caso specifico, non hanno ancora mostrato di aver maturato una piena consapevolezza sul tema.
La crescita del settore dei videogame in Italia deve adeguarsi ai tempi di industria e istituzioni
Sarà necessario attendere, e sarà necessario che produttori inizino ad avviare un’interlocuzione più strutturata, figlia di una visione e di una strategia coerente, con le istituzioni del nostro Paese, affinché questo segmento possa finalmente “esplodere”, per quello che è: un settore creativo, ad alto contenuto tecnico e tecnologico, con un mercato di riferimento globale molto attraente sotto il profilo economico e finanziario, e con una capacità di coinvolgimento che settori più storicizzati non riescono nemmeno a immaginare.
La connessione tra pubblico e privato, in questo senso, potrebbe favorire notevolmente occupazione di qualità, nuovi investimenti diretti esteri, nuove forme di autoimprenditorialità. Inoltre, potrebbe sviluppare un contesto socioeconomico volto a coniugare competenze tecnologiche con indicazioni prettamente umanistiche. Se però il settore continuerà a muoversi ragionando semplicemente come un comparto industriale, il tempo di attesa sarà ben più lungo e gli effetti, probabilmente, saranno molto più limitati. Come al solito, a noi la scelta.
Stefano Monti
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