Violenza maschile contro le donne. Una piaga culturale da combattere con la cultura 

Le donne che subiscono violenza sono le vittime tanto dei loro carnefici quanto di un sistema culturale di valori stratificatisi nel tempo anche attraverso l’arte, che nei secoli ha prodotto iconografie dell’abuso e oggi può essere una via d’uscita

“C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna”
(Pitagora)

“L’uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l’altra ubbidisce, nell’uno v’è il coraggio della deliberazione, nell’altra quello della subordinazione”
(Aristotele)

“Oggetto necessario, la donna, per preservare la specie”
(San Tommaso d’Aquino)

“Nulla si trova così da ogni parte stomacoso, quanto una femmina sbardellata e sporca”
(Leon Battista Alberti)

“Affiancare all’uomo la donna, animale, sì, stolto e sciocco, ma deliziosamente spassoso, che nella convivenza addolcisce con un pizzico di follia la malinconica gravità del temperamento maschile”
(Erasmo da Rotterdam)

Filosofi, santi, intellettuali, artisti attraverso le cui teorie sono stati strutturati i sistemi di pensiero che hanno retto e continuano a reggere i sistemi socioculturali, politici ed economici di ogni epoca (compresa quella odierna), sembrerebbero tutti concordi nel ritenere l’uomo misura (come sosteneva Pitagora) e al centro di tutte le cose, per una forma di antropocentrismo che si alimenta e spazia da considerazioni di natura ontologica fino a ragioni che di trascendentale hanno poco o nulla. Riflettendo su questa forma di pensiero, appare una silenziosa (perché ritenuta ovvia) assimilazione di due concetti: per “uomo” misura e al centro di tutte le cose si intende automaticamente quello di “maschio” misura e al centro di tutte le cose. Una forma di autoreferenzialità che vede protagonista quindi la figura maschile, attirando a sé ogni tipo di concetto studiato e teorizzato dai pensatori di tutti i tempi, dal linguaggio alla creatività, dall’etica all’estetica, dall’epistemologia alla psicanalisi, e che vede la figura femminile messa letteralmente in ombra se non addirittura dimenticata; nella migliore delle circostanze, la donna è ritenuta una figura accessoria dell’uomo o, per dirla in termini biblici, una sua “costola” (restando in ambito filosofico, il non plus ultra in tal senso è probabilmente rappresentato dal saggio di Arthur Schopenhauer L’arte di trattare le donne del 1851).
Tutte congetture culturali, queste, che hanno determinato millenni di convinzioni e convenzioni secondo cui la donna è inferiore all’uomo, contribuendo alla costruzione di un sistema sociale patriarcale che a sua volta alimenta e rafforza queste convinzioni e convenzioni.
Le conseguenze del patriarcato non colpiscono soltanto le donne (sebbene queste ne siano il principale bersaglio), ma l’intera società che, strutturata con ideologie e codici linguistici propri del patriarcato, rimane intrappolata in un sistema in cui la disparità di genere blocca ogni opportunità di sviluppo e progresso. Del resto, come potrebbe un sistema evolvere se alcune delle sue parti vengono emarginate, sabotate, danneggiate o, nella più tragica delle ipotesi, annientate?

“Come potrebbe un sistema evolvere se alcune delle sue parti vengono emarginate, sabotate, danneggiate o, nella più tragica delle ipotesi, annientate?”

Disparità di genere e violenza maschile contro le donne. La convenzione di Istanbul

Violenze sessuali e femminicidi sono tra le notizie che ogni giorno inondano telegiornali e prime pagine dei quotidiani, e alcuni casi nei mesi scorsi hanno particolarmente infiammato e colpito l’opinione pubblica, come lo stupro di gruppo al Foro Italico di Palermo e l’uccisione di Giulia Cecchettin per mano del suo ex fidanzato. Una piaga che non accenna a sparire, sebbene sia al centro di dibattiti anche di natura politica e normativa: il 10 maggio 2023 l’Unione Europea ha dato il consenso per aderire alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, anche nota come Convenzione di Istanbul. Un traguardo necessario, e purtroppo non scontato, dato che ci sono voluti diversi anni prima di giungere alla sua ratifica, “a causa del rifiuto di alcuni Stati membri”, sottolinea una nota del Parlamento Europeo risalente a quei giorni. “Tuttavia, il parere della Corte di giustizia dell’UE del 6 ottobre 2021 ha confermato che l’Unione Europea può ratificare la Convenzione di Istanbul senza l’accordo di tutti gli Stati membri”; infatti a non avere aderito sono Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia.
Secondo la Convenzione, con l’espressione “‘violenza nei confronti delle donne’ si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”.

Disparità di genere e violenza maschile contro le donne nell’arte

A rafforzare il concetto che disparità di genere e violenza contro le donne siano fenomeni che affondano le proprie radici nel terreno del sistema della cultura, è anche la storia dell’arte, da intendersi qui nella sua “funzione” di rappresentazione della realtà, e quindi anche della forma mentis degli individui di tutte le epoche. Sono tantissime le opere che, per mezzo della pittura e della scultura, hanno reinterpretato racconti mitologici e biblici che vedono donne violentate, oltraggiate e uccise dagli uomini, capolavori in cui virtuosismo tecnico e superbia estetica spesso adombrano la drammaticità dell’episodio narrato. 

Iconografie della violenza: da Tiziano a Klimt

Quando ci troviamo dinanzi alle versioni del Ratto delle Sabine realizzate da Pietro da Cortona, Nicolas Poussin e Jacques-Louis David, riflettiamo sul fatto che questo episodio descrive l’orrore di donne rapite e stuprate in massa per dare vita a una nuova stirpe per volontà di Romolo, fondatore dell’Urbe? A questo esempio si aggiungono anche i tantissimi “innamoramenti” degli dei dell’Olimpo che spesso sfociano in rapimenti, come il Ratto di Proserpina da parte di Plutone (nelle celeberrime versioni di Giambologna, Gian Lorenzo Bernini e Rembrandt), o in rapporti sessuali consumanti “a tradimento” – ovvero stupri – architettati da Zeus, come quello subito da Danae (abusata dal dio sotto forma di pioggia dorata) e noto nel sensualissimo dipinto di Gustav Klimt, o quello subito da Leda da uno Zeus che ha assunto le sembianze di cigno (raccontato da Leonardo da Vinci, Correggio e Tintoretto). Tratta il tema del femminicidio l’affresco realizzato nel 1511 da Tiziano presso la Scuola del Santo di Padova, dal titolo Miracolo del marito geloso: un marito, convinto di essere stato tradito, uccide la moglie; venuto a sapere la verità, chiede perdono a Sant’Antonio, il quale resuscita la donna ingiustamente accusata. Altre forme di violenza sono anche l’ingiuria, la molestia e la minaccia, attorno ai quali ruota l’episodio biblico di Susanna e i Vecchioni (che ricordiamo nei dipinti di Artemisia Gentileschi e Tintoretto): Susanna viene molestata da due anziani che frequentano la casa di suo marito, e la minacciano di accusarla di adulterio se non si fosse a loro concessa.

gustav klimt danae vienna galerie wurthle Violenza maschile contro le donne. Una piaga culturale da combattere con la cultura 
Gustav Klimt, Danae. Vienna, Galerie Würthle

Il manifesto della donna futurista

Questo tipo di rilettura dei capolavori della storia dell’arte può apparire ardua (probabilmente lo è), ma è necessaria: l’arte offre la possibilità di inventare e ribaltare punti di vista e consuetudini, offrendo spunti di riflessione e prospettive sempre nuovi con cui osservare, criticare e cambiare la realtà. Un tentativo di ribaltamento in chiave anti-patriarcale della società, anche se frutto di continue contraddizioni concettuali, avviene nell’ambito del Futurismo, movimento artistico nato nel 1909 dall’intuito di Filippo Tommaso Marinetti, autore del relativo Manifesto“Noi vogliamo glorificare la guerra — sola igiene del mondo — il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”, si legge nell’articolo 9 del Manifesto. Affermazione che non lasciò indifferente una scrittrice e danzatrice francese, Valentine de Saint-Point, che nel 1912 rispose con Il Manifesto della donna futurista“L’Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Esse sono uguali. Tutte e due meritano lo stesso disprezzo”. Un modo esageratamente e tipicamente futurista di rivendicare per le donne uguaglianza e parità di diritti, con concetti audaci e per i tempi anche spregiudicati: “è assurdo dividere l’umanità in donne e uomini; essa è composta soltanto di femminilità e mascolinità”“ciò che manca di più alle donne come agli uomini è la virilità”“non più donne piovre dei focolari, dai tentacoli che esauriscono il sangue degli uomini e anemizzano i fanciulli; DONNE BESTIALMENTE AMOROSE, CHE DISTRUGGONO NEL DESIDERIO ANCHE LA SUA FORZA DI RINNOVAMENTO!”.

“Sono tantissime le opere che hanno reinterpretato racconti mitologici e biblici che vedono donne violentate, oltraggiate e uccise dagli uomini”

Valentine de Saint-Point e il Manifesto della Lussuria

Nel 1913 Valentine de Saint-Point firma anche il Manifesto della Lussuria dove quello che è comunemente inteso come “vizio” viene interpretato come “elemento essenziale del dinamismo della vita”“una forza”“BISOGNA ESSERE COSCIENTI DAVANTI ALLA LUSSURIA. Bisogna fare ciò che un essere raffinato e intelligente fa di se stesso e della propria vita; BISOGNA FARE DELLA LUSSURIA UN’OPERA D’ARTE”. Valentine de Saint-Point può essere considerata una sorta di femminista ante litteram, sebbene le sue idee abbiano molto poco in comune con quelle del femminismo odierno. È indubbia, però, la volontà di scardinare codici e pregiudizi, e soprattutto la necessità di abbattere gli stereotipi di genere e la disparità tra uomo e donna, anche se ciò avrebbe comportato la “mascolinizzazione” della donna stessa.

Violenza maschile contro le donne. Cosa può fare il mondo dell’arte oggi?

Facendo un balzo in tempi più recenti, l’impegno del mondo dell’arte alla lotta contro discriminazioni di genere, patriarcato e sessismo si fa sempre più intenso, soprattutto tra gli Anni Sessanta e Settanta, nel clou delle contestazioni giovanili che hanno interessato molte aree del mondo. In Italia, uno dei primi gruppi di femministe – Rivolta Femminile – fu fondato nel 1970 dalla storica dell’arte Carla Lonzi (cui si devono saggi considerati pietre miliari sul tema, come Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale), dall’artista Carla Accardi e dall’attivista Elvira Banotti, che insieme ne scrissero anche il manifesto. Tantissime sono le artiste che, nel corso dei decenni e ancora oggi, spesso attraverso pratiche che prevedono il proprio corpo come strumento di denuncia, parlano di donne dalla libertà e dai diritti violati, per imposizioni sociali o politiche: Faith Ringgold, Judy Chicago, Ana Mendieta, Renate Bertlmann, Martha Rosler, Barbara Kruger, Shirin Neshat, Regina José Galindo, per citare solo alcune delle artiste più note a livello globale impegnate attivamente nella causa, e il cui lavoro rappresenta fonte di ispirazione per iniziative mirate alla sensibilizzazione e alla conoscenza della condizione femminile nel mondo.

Anna Boghiguian, Back to the Roots, 2019. Ph. © Markus Woergoetter. Courtesy Anna Boghiguian e KOW Gallery, Berlino
Anna Boghiguian, Back to the Roots, 2019. Ph. © Markus Woergoetter. Courtesy Anna Boghiguian e KOW Gallery, Berlino

Il caso di Progetto Genesi

Tra le iniziative italiane più recenti dal respiro internazionale vi è Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani, nato nel 2021 dalla visione di Associazione Genesi, fondata da Letizia Moratti con l’obiettivo di diffondere attraverso l’arte contemporanea messaggi che possano contribuire “alla creazione di una cittadinanza più responsabile e socialmente attiva”. A cura di Ilaria Bernardi, Progetto Genesi è una grande iniziativa espositiva itinerante giunta alla terza edizione, in cui a essere protagoniste sono le opere della omonima collezione, incentrata sui temi legati alla difesa dei diritti umani, tra cui la “condizione femminile”. “A partire dalla fine dell’anno scorso, dato quello che è successo in Iran con l’uccisione di Mahsa Amini, in Italia con il caso Giulia Cecchettin e le molteplici violenze cui assistiamo tutti i giorni, abbiamo pensato che quello della donna dovesse essere un tema cardine da indagare”, ci spiega Bernardi.

Le prossime mostre di Progetto Genesi 

La terza edizione di Progetto Genesi, con quattro mostre che presentano altrettanti focus dedicati ad artiste che indagano la condizione della donna nel mondo, anche attraverso i loro racconti di vita. La prima tappa, tenutasi fino al 7 aprile a Gubbio, presso le Logge dei Tiratori della Lana, vedeva protagonista del focus Simone Fattal; fino al 2 giugno sarà la volta di Monica Bonvicini, al Collegio Borromeo di Pavia. Si proseguirà dal 20 giugno al 13 ottobre alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino con Binta Diaw e dal 20 settembre al 1° dicembre presso Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno con Shirin Neshat. “Per noi la tematica della donna è fondamentale”, conclude Bernardi, “cerchiamo in tutti i modi di affrontarla e di mostrare le diverse lesioni di diritti perpetrate nel mondo nei confronti delle donne, e sono tantissime. Le raccontiamo attraverso visite guidate, workshop, lezioni, per aprire la mente dei visitatori a questi temi attraverso l’arte contemporanea”.

Desirée Maida

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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