Ciminiere. Sull’immaginario e gli spazi del lavoro

Questo diario è il racconto della residenza di Cosimo Veneziano a Civita Castellana promossa da Cantieri d'arte. Un'esperienza di coinvolgimento di fabbriche, scuole, istituzioni, artigiani in uno dei distretti di ceramica sanitaria più importanti d'Europa, colpito recentemente in maniera profonda dalla crisi globale.

LO SBAGLIO, L’IMPREVISTO, IL TRAUMA
Giriamo intorno al crollo, al paesaggio spaccato di cui scriveva Goethe che si è gonfiato ed è scoppiato. Troppo cotto. Nella produzione della ceramica ci sono teorie, insegnamenti teorici e pratici, processi da seguire con cura che vanno rispettati. Ma qualcosa è andato storto.
Ci siamo avvicinati a Civita Castellana intorno a un’impressione. Tre ciminiere rimaste come feticci, mozziconi di passato innestati all’interno di un centro commerciale di nuova generazione. L’ex fabbrica Marcantoni è diventata la nuova piazza del commercio.
Il centro storico è un rosario di assenze. Buchi, collassi, vuoti sono ricamati di ceramica, intarsiati di paesaggio.  Siamo entrati dentro la storia locale legata alla produzione di ceramica sanitaria e di quella delle stoviglierie, filiera produttiva quasi scomparsa. Emerge una storia di un secolo di produzione che ha modellato un paesaggio, costruito un’identità operaia e imprenditoriale molto diffusa.
Parlando con gli artigiani e i lavoratori si parla sempre di fuoco, di trasformazione, di reazioni dell’argilla alle diverse temperature, dell’imprevisto che si nasconde dietro ogni imperfezione.
Lavorare la ceramica è un misto di conoscenze tecniche ed empiriche, un bignami di chimica e fisica trascritto dall’esperienza, dagli errori e dalle cotture andate a male.

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 - photo Riccardo Muzzi

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 – photo Riccardo Muzzi

La filiera di produzione della stoviglieria non esiste più, le virtuose decoratrici che modellavano i piatti hanno preso altre strade, seppellendo il gesto creativo che disegnava fiori e geometrie ogni volta differenti sulla terraglia.
Se parli di fabbrica e spazio del lavoro a Civita Castellana parli di spazi differenti, a seconda della generazione a cui ti riferisci. Lo spazio nostalgico della produzione rigogliosa di un tempo; lo spazio chiuso, privo di vita della fabbrica appena fallita, sinonimo di perdita del lavoro. Infine, se la domanda la rivolgi a un ragazzo, lo spazio che ti descrive è collassato, imploso, rovinato.
Nella ceramica, soprattutto per la cottura delle stoviglie o nella ceramica artistica, ci sono tre fuochi. Il primo consolida il pezzo, lo stabilizza. Il secondo lo smalta, fissa il colore e in molti casi completa il manufatto. Il terzo fuoco è quello pregiato, in cui il pezzo viene arricchito con smalti dorati o argentati.
Abbiamo individuato un quarto fuoco, inesistente nella lavorazione della ceramica, vera e propria bestemmia tecnica. È la cottura che produce la rovina, la spaccatura, il collasso. È il tempo che la crisi ha determinato sugli spazi del lavoro e quindi sul paesaggio, nonché sulle persone, sul tempo del lavoro e della vita, sulla sparizione del lavoro e dell’occupazione, delle relazioni.
Il quarto fuoco inverte i procedimenti di produzione industriale e determina un processo non funzionale, imprevisto nei cicli produttivi.  Stiamo tentando, in effetti, di nominare questo vuoto.

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 - photo Riccardo Muzzi

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 – photo Riccardo Muzzi

LA ROVINA, LA NOSTALGIA, IL GESTO
La rovina ha il valore di testimonianza per il presente. È un brano del paesaggio del passato che persiste, in altre forme, nel presente.
Nella versione contemporanea del paesaggio raccontato e dipinto dai protagonisti del Grand Tour, un misto di natura irruenta e sprawl urbano postindustriale, si mimetizzano le rovine dello spazio produttivo, volumi dissestati integrati nel panorama, come alla fine del Settecento le rovine romane.
Il nostro Grand Tour si concentra sulle rovine delle fabbriche che sostituiscono i reperti romani e ci vede alla ricerca di una rappresentazione possibile.
Il tempo della residenza è relativo, è un tempo accelerato, che si consuma con incontri, sopralluoghi, riflessioni infinite. Quando l’iniziale diffidenza delle persone si scioglie il tempo è già finito. Ci sono gradi di relazione che maturano dentro la ricerca.
Abbiamo incontrato persone, seguito laboratori con gli studenti, lavorato con artigiani e aziende. Inevitabilmente il lavoro segue le traiettorie casuali degli incontri, della disponibilità, degli orari, delle cotture giuste o sbagliate.
È un intervento a gamba tesa sulla tradizione, in effetti. Un punto interrogativo infilato in mezzo a una quotidianità di forni da riempire, ordini da evadere, sanitari da smaltare. Una domanda nuova, fatta con altre parole, al paesaggio che ci troviamo di fronte. Siamo profani dell’arte della ceramica, forse anche profanatori di un tempio costruito sulla pazienza, il virtuosismo tecnico, l’esperienza.
Il lavoro è un continuo trasferimento di piani differenti, è la costruzione di un paesaggio simbolico attraverso la giustapposizione di elementi di realtà differenti. È una cucitura di reale e inventato, di oggetto e architettura.
Costruiamo un paesaggio di figurazioni che si compone delle singole decorazioni del repertorio stilistico degli artigiani del territorio. È un misto di paesaggi e stereotipi delle decorazioni di diverse epoche. È il paesaggio ricorrente dell’artigianato locale che scegliamo come rappresentazione.

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 - photo Riccardo Muzzi

Cosimo Veneziano, Quarto fuoco, 2016 – photo Riccardo Muzzi

L’arbitrarietà stilistica dell’artigianato locale, che non poggia su un canone definito, compone un insieme eclettico di figure. Un terzo paesaggio dell’invenzione.
I disegni, trasferiti e realizzati con il carbone, ricordo del fuoco, sono disposti secondo una gradazione di relazione con le persone, a seconda dell’intensità e del tempo della collaborazione tra artista e artigiano. Il trasferimento comporta una riduzione, una trasformazione arbitraria dell’immagine dovuta al gesto.
I progetti che si occupano di arte e spazio pubblico hanno spesso un retrogusto di nostalgia, è inutile negarlo. Si nutrono di una fascinazione verso la perdita, verso la memoria dell’abbandono che li proietta all’indietro.
Non ci affezioniamo alla scomparsa e rimettiamo in vita il gesto quotidiano della decorazione seriale, della creatività e della tecnica degli artigiani e delle decoratrici virtuose.
Sparisce l’immagine e rimane il gesto.
Offriamo un punto di vista, un’angolazione. L’imprevisto ha voluto che le ciminiere alle quali ci siamo ispirati, siano il fondale dell’installazione, il brano di realtà nel quale il lavoro si innesta.
Un lungo cannocchiale di ceramica che proietta lo sguardo sul presente.

Marco Trulli

Il progetto Ciminiere è stato realizzato con il sostegno della Regione Lazio e il patrocinio del Comune di Civita Castellana nell’ambito dell’Officina Culturale Distretto Creativo, ideato da Cantieri d’Arte e Associazione Culturale Percorsi (Circolo ARCI), in collaborazione con Laboratorio Urbano Quotidiano, Museo della Ceramica Marcantoni e SIAT Servizi e con le Fabbriche Artceram, Flaminia.
Cantieri d’Arte è realizzato nell’ambito del programma di azioni di arte pubblica La Ville Ouverte e del network BJCEM – Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo.
Una prima versione di questo testo è stata pubblicata su www.lafune.eu

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Marco Trulli

Marco Trulli

Operatore culturale e curatore. È ideatore e co-curatore di Cantieri d’Arte, piattaforma di arte pubblica cha ha realizzato, negli anni, numerosi progetti site specific nella città di Viterbo. Attualmente cura La Ville Ouverte, programma internazionale di azioni di arti pubbliche…

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