Manifesta 11. Parla la fondatrice Hedwig Fijen

Un’edizione annullata a Cipro, quella di San Pietroburgo nel 2014 e quest’anno a Zurigo. In attesa della tappa di Palermo nel 2018. Della storia recente, del presente e del futuro di Manifesta abbiamo parlato con Hedwig Fijen, fondatrice della biennale europea più nomade che c’è.

Perché Manifesta, la cui missione dal 1990 è stata esaminare la topografia culturale dell’Europa, ha scelto un’enclave non-europea e molto benestante per l’edizione del 2016?
La Svizzera è parte di uno spazio mentale e geopolitico del nostro continente europeo ed è culturalmente interrelata con la storia dell’Europa, a livello economico, spirituale e sociale. Non ci spostiamo solamente in luoghi che fanno parte del consesso europeo e non siamo nemmeno interessati ai criteri economici quando selezioniamo una città ospite.
Il nostro principale interesse verso la Svizzera, e per Zurigo, è la sua storica posizione neutrale conservata proprio al centro dell’Europa. Cos’è, cosa significa la neutralità? Chi erano le figure che sono state ospitate da una Zurigo neutrale come rifugiati e quali conseguenze ha portato questo fatto nel mondo? Inoltre Zurigo, storicamente e culturalmente, è sempre rimasta collegata in profondità con eredità europee e con la storia dell’arte, ad esempio con il movimento Dada e con la storia dei movimenti anarchici.

Secondo quali modalità il complesso e dinamico tessuto urbano di Zurigo rappresenterà un terreno socialmente, politicamente e artisticamente significativo per Manifesta?
Noi penetriamo all’interno di città in cui si rivela l’urgenza di un intervento, diventando incubatori; città in cui è necessario apportare energie nuove come esterni o supporter, iniziatori di una piattaforma di cambiamento sociale. Zurigo ha infrastrutture perfette, ma non ha la capacità di attrarre l’attenzione del grande pubblico internazionale nei confronti dell’arte contemporanea. E siccome la mediazione e l’educazione sono qualità che formano il cuore delle nostre attività, siamo invitati a organizzare interventi attraverso le attività della biennale, con l’intenzione di creare un’audience sostenibile per l’arte contemporanea a Zurigo.

Manifesta 10, Palazzo d'Inverno, San Pietroburgo

Manifesta 10, Palazzo d’Inverno, San Pietroburgo

Facciamo un passo indietro. Manifesta 10 è riuscita ad avvicinare la Russia all’Europa?
L’investimento per quell’edizione ha creato un’energia autonoma nei confronti dell’arte contemporanea. Attualmente infatti sono stati aperti, o sono in via di pianificazione, cinque nuovi musei a San Pietroburgo. Inoltre abbiamo investito molto nelle persone: la maggior parte del nostro staff sta lavorando in posizioni chiave, tanto in Russia quanto al di fuori di essa. A distanza di quasi due anni, stiamo studiando come le istituzioni di San Pietroburgo siano state influenzate dalla nostra conoscenza, dalle capacità organizzative dispiegate e come utilizzino quell’energia, quelle sensibilità createsi, riproponendole all’interno dei loro programmi culturali.

In Russia non pare che Manifesta sia riuscita a influire sul clima culturale e politico. State vivendo una sorta di crisi europea dei valori di attivismo? Avete mai considerato l’ipotesi di sospendere la biennale?
No, non abbiamo mai considerato di cancellarla, perlomeno come istituzione mai, forse come curatori. Sappiamo che il nostro ruolo è di prima linea e sono sempre esistite regole molto chiare per poter lavorare in Russia.

L’edizione di Cipro ha influenzato Manifesta 11?
Quella è stata un’esperienza che ci ha fatto comprendere quanto sia imperfetta, in sé, l’Europa di oggi. Il fatto più grave è stato perpetrato dal presidente greco-cipriota, che ha voluto chiudere la scuola d’arte – la quale era quasi completa. Ciò ha diviso il gruppo di lavoro, e un solo curatore ha continuato il progetto senza il consenso degli altri.
Qualcuno ritiene che l’edizione di Nicosia abbia rappresentato l’esempio migliore di come il Dna politico e sociale dell’Europa stia funzionando: è infatti stato provato che, all’interno dell’Unione, non sussistono le condizioni di crescita espressiva per i giovani artisti e che non è permesso agli studenti di avere accesso all’educazione all’interno di un’area politica complessa.

Manifesta 2012, Genk

Manifesta 2012, Genk

Hai preso parte alla selezione dei lavori o degli artisti dell’edizione di quest’anno?
Sono sempre coinvolta in prima persona in tutti i passaggi dell’organizzazione: dallo sviluppo alla creazione del brief, dalla selezione del curatore alle condizioni di base all’interno delle quali il curatore stesso si trova a operare, ad esempio le sedi espositive. Curatore che talvolta è selezionato da una giuria esterna e che tal altra invito direttamente per aiutarmi nella selezione dei gruppi curatoriali e dei loro staff.

Quale la tua opinione sulla provocazione del titolo scelto da Christian Jankowski, What people do for money?
Non considero provocatorio il titolo di Manifesta11! Al contrario, ritengo sia scherzoso, creativo, e che non sia cinico. È un argomento serio e molto attuale.

Zurigo è una delle più importanti città universitarie svizzere, nota per gli spazi indipendenti e per essere fucina di giovani artisti. Quale dialogo avete imbastito con queste realtà?
Alla base della nostra collaborazione con la città di Zurigo sussiste un dialogo che ci ha posto in connessione diretta con tutti i professionisti e le università, come ZhdK ed ETH, entrambi coinvolti attraverso i loro dipartimenti tecnici e urbanistici, così come attraverso la scuola d’arte. Collaborazioni preziose e di successo.

Un augurio che accompagni Manifesta 11.
Questa edizione rappresenta l’inizio di una nuova decade per Manifesta. In futuro dovremo ripensare alle nostre città in Europa, riformulando il contesto dei temi più critici e delle emergenze, come il terrorismo, le migrazioni e i cambiamenti climatici. Questi sono i nodi più rilevanti, che decideranno il nostro futuro e il suo destino. Mi auguro che Manifesta possa svolgere un ruolo primario nel comprendere territori cruciali, estrapolati dai contesti dell’arte e della cultura.

Ginevra Bria

www.manifesta11.org

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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