Biennale di Venezia. Il padiglione della Norvegia raccontato da Camille Norment

Camille Norment, l’artista americana d’adozione norvegese, utilizza il suono per provocare un rapimento estatico. Succede al Padiglione dei Paesi Nordici, nei Giardini della Biennale. Un progetto sulla musica come controllo del suono e della mente.

Quest’anno la Norvegia è la sola responsabile del Padiglione dei Paesi Nordici alla Biennale di Venezia, per la prima volta nella storia dello spazio ai Giardini. Per questa occasione, la fondazione OCA – Office for Contemporary Art ha commissionato il progetto all’artista Camille Norment (Silver Spring, 1970; vive a Oslo). Rapture si presenta come un’installazione sonora e scultorea per la quale l’americana ha composto una nuova musica attraverso la propria armonica di vetro – uno strumento leggendario del XVIII secolo, che crea musica eterea grazie allo scorrere dell’acqua nel vetro.

Di quale tipo di Rapture siamo testimoni al Padiglione dei Paesi Nordici?
Rapture è uno stato d’estasi, e l’estasi implica una perdita del sé che rappresenta una sorta di rottura. Permetto ai visitatori di entrare in una dimensione dalla tensione sospesa, creando una situazione in cui l’edificio è attraversato da una forza naturale o da un accadimento, come un vento forte, e l’intera struttura ha risposto con brividi sulla pelle. Le cornici e il vetro hanno tremato fino al punto di collasso, ma si sono unite all’aria e alle voci, attraverso una vibrazione simpatetica.
Il mio progetto contempla questo spazio di tensione in relazione alla musica, al corpo e alla società. Includendo anche il regno tra la poesia e la catastrofe.

Camille Norment, Triplight, 2008 - photo David Olivera

Camille Norment, Triplight, 2008 – photo David Olivera

La musica come controllo del suono ma anche della mente?
La musica ha una profonda influenza sul corpo, e attraverso di esso può facilmente influenzare la mente. Sono attratta da come la musica definisce gruppi culturali, forgia limiti sociali, conforma agende politiche (penso agli inni nazionali) o plasma differenti forme di desiderio (jingle pubblicitari e canzoni per corteggiare).
Il suono è spesso caratterizzato come un linguaggio di emozioni ed è correlato all’inconscio. Per lungo tempo è stato un medium per creare collante sociale, l’oggetto segreto del desiderio di regimi autoritari, più recentemente di corporation che impongono la loro presenza sulla coscienza collettiva e dell’esercito, che utilizza il suono per manipolare e torturare. Se la musica è un linguaggio dell’emozione, allora il suo controllo e la sua manipolazione è un’arma di potere.

Quale definizione dai della dissonanza?
Quando faccio riferimento alla dissonanza, penso allo spazio attivo tra qualcosa che è posto in opposizione. Musicalmente, la dissonanza fa riferimento a una scenografia di suoni che non sono consonanti oppure armonici. Comunque il sistema che determina questo effetto è soggettivo.

Camille Norment - photo OCA-Herman Dreyer

Camille Norment – photo OCA-Herman Dreyer

Non ha a che fare con la natura?
L’idea di natura è un costrutto, un concetto allineato con certi valori culturali e uno spazio contestato della percezione e dell’azione. Contrastiamo ogni giorno i cambiamenti climatici, le malattie e i disastri naturali. Ma la natura in se è semplicemente indifferente.

Quale scenario visivo hai conferito al padiglione?
La luce è l’elemento centrale. All’ingresso del padiglione, che è stato disegnato dall’architetto norvegese Sverre Fehn, si percepisce un passaggio di stato che lo stesso Fehn ha definito come la rievocazione della “luce nordica senz’ombra. Ho giocato con questa idea di assenza di riflesso per domandarmi come l’identità scandinava possa essere filtrata, rifinita attraverso la luce.
Nel vecchio dialetto norvegese esiste una parola, vindauga, che può essere tradotta con “occhio del vento”. A quei tempi, infatti, la finestra era un semplice buco nel muro per far circolare l’aria nell’ambiente domestico. È una parola che crea un immediato collegamento tra il vento come elemento visivo, sonoro e sociale. “Ascoltare il vento” significava guardare allo stato corrente delle cose e provare a predire quel che stava per avvenire. Allo stesso modo, leggere le fessure del padiglione come “occhi del vento” mi ha permesso di sviluppare percorsi paralleli per esaminare la situazione attuale e gli effetti del cambiamento.

Camille Norment, Within the Toll, 2011 - photo Oysten Thorvaldsen

Camille Norment, Within the Toll, 2011 – photo Oysten Thorvaldsen

Con quali materiali hai lavorato?
Come ti dicevo, uno dei miei punti di partenza è stato l’architettura del padiglione, che assembla elementi eterogenei: il percorso di visita, gli alberi, la topografia e la luce naturale. Ho trattato l’edificio come un corpo e ho considerato le vetrate come una pelle composta dalle note suonate da un’armonica di vetro, mentre un coro di voci femminili si diffonde nello spazio attorno.

Hai quindi attivato una strategia cooperativa?
La performance verrà messa in scena in maniera intermittente durante l’intera Biennale. È un trio: oltre a me, c’è Sofia Jernberg, una cantante estremamente versatile, e David Toop, che mi accompagna con una performative lecture resa astratta e dedicata all’isteria.

Camille Norment Trio - photo Morten Andersen

Camille Norment Trio – photo Morten Andersen

Quali territori attraversa il visitatore del padiglione?
Rapture presenta una situazione instabile e si sviluppa chiedendo al visitatore di contemplare, predire e plasmare il futuro. Suggerisco la ricerca dell’estasi, della trasgressione e la perdita del Sé verso uno stato alterato dell’esistenza. Mentre la Biennale mira a rappresentare il mondo intero in uno spazio e in un tempo compressi, il mio lavoro ambisce a sfidare posizioni preconcette.

Esprimi un augurio che accompagni il Padiglione della Norvegia alla 56. Biennale d’Arte di Venezia.
Mi auguro che ogni momento di eccitazione si trasformi in un’opportunità per determinare dove gli eventi potranno avere luogo.

Ginevra Bria

http://oca.no/venice-biennale/venice-biennale-2015.1/

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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