Biennale di Venezia. Il padiglione della Lituania raccontato da Dainius Liškevičius

A Palazzo Zenobio, per la Biennale di Venezia, Dainius Liškevičius presenta il progetto-simulacro di un museo. Una ricostruzione di un ambiente storico e artistico che racconta la Lituania sovietica tra gli Anni Sessanta e gli Anni Ottanta.

Il curatore del Padiglione lituano, Vytautas Michelkevičius, introduce con queste parole uno dei percorsi più complessi che vedremo in Laguna, con il titolo Museum: “Si tratterà essenzialmente di un pezzo unico e non sarà solo importante nell’esplorare le profondità del regime totalitarista sovietico. Sarà anche possibile ravvisare un modello per affrontare il presente, le potenze egemoniche e il loro impatto su determinati discorsi pubblici relativi alla libertà d’espressione dell’artista”.
L’artista è Dainius Liškevičius (Kaunas, 1970; vive a Vilnius), e questa l’intervista.

Che cosa rappresenta Museum?
Il progetto Museum non è stato creato specificatamente per la Biennale di Venezia, ma arriva in laguna all’interno di un formato più complesso e allargato. La sua idea è emersa dopo più di vent’anni dalla restaurazione dell’indipendenza lituana. Il lavoro è stato mostrato per la prima volta alla Galleria Nazionale d’Arte in Lituania nel 2012 e si palesava come un intervento all’interno dell’edificio. Una speciale struttura architettonica che è stata costruita per dar vita a una sorta di progetto black box. Per questo motivo era stato creato un museo all’interno di un museo e l’edificio della Galleria Nazionale è diventato un contesto per il mio Museum. Facendo riferimento al passato dell’edificio come il Museo della Rivoluzione (che è stato costruito nel 1980) ho integrato i rappresentanti della protesta politica nella storia dell’arte lituana del periodo dell’occupazione sovietica all’interno della mostra Museum.
Il lavoro si presenta come una sorta di torta multistrato all’interno del quale fatti reali si intersecano con la fiction e le modalità di lettura dello scontro di classe con serietà e ironia. Dati e fatti dalla mia stessa biografia sono mescolati, aiutandomi a raccontare un periodo complesso. Anche Jean-Paul Sartre farà parte della narrativa, perché lui ha visitato la Lituania nel 1965. Per questo motivo il Padiglione della Lituania viene presentato come un museo simulato, ma verrà anche simulato, a livello architettonico.

Dainius Liškevičius. A cross. The object is built out of seven Soviet-period rolls of Svema ..., 2010, photographer Arturas Valiauga, © : courtesy of the artist

Dainius Liškevičius. A cross. The object is built out of seven Soviet-period rolls of Svema …, 2010, photographer Arturas Valiauga, © : courtesy of the artist

Quali luoghi, territori, sedi e angoli segreti hai attraversato e evocherai, componendo il progetto per il Padiglione lituano?
A causa delle circostanze politiche e storiche, la Lituania è rimasta occupata dopo la Seconda guerra mondiale, motivo per il quale non ha ottenuto un padiglione stabile ai Giardini. Il primo segnale che noterà il visitatore sarà la bandiera lituana. La bandiera è la prefazione, l’introduzione alla mostra. Il Padiglione si trova nel cortile interno di Palazzo Zenobio, in un piccolo edificio separato. Il suo aspetto trascurato mi ricorda quello di un bunker: il luogo perfetto per allestire Museum.

Come cambierà il progetto rispetto alla mostra del 2012?
Alcuni temi verranno enfatizzati, specialmente quelli riguardanti la protesta politica, il patriottismo artistico, la sua matrice e l’unione di due mondi. Questo aiuterà il visitatore a trovare un proprio itinerario all’interno di un labirinto tematico all’apparenza confusionale.

Qual è la tua definizione di patriottismo?
Un gruppo di mostre/lavori all’interno di Museum è dedicato proprio al patriottismo, rappresentato in maniera estesa e provocatoria. Questo perno tematico inizia con la storia degli appartamenti nel palazzo di cinque piani a Kaunas e la loro bandiera. Continuerà con la performance The Blot, nella quale la bandiera lituana avrà un ruolo importante. La performance solleverà i temi del patriottismo, dell’identità e del nazionalismo. Questa video-performance è stata creata nel 2000 con la speranza che in 15-20 anni il patriottismo nazionale si trasformasse in un patriottismo di tipo civile.

Dainius Liškevičius. The Monument …, Vilnius, Vaga, 1982, photographer Arturas Valiauga, © : courtesy of the artist

Dainius Liškevičius. The Monument …, Vilnius, Vaga, 1982, photographer Arturas Valiauga, © : courtesy of the artist

Qual è la tua idea di isolamento culturale?
Vorrei menzionare un solo lavoro a tal proposito: il video che registra il film di Carpenter, 1997 Fuga da New York del 1981. Guardavo il film durante proiezioni illegali, organizzate in appartamenti privati. Ho sempre associato la fuga dall’isola-prigione di Manhattan a quella dall’Unione Sovietica.

Quale tipo di scenario visivo offrirà il Padiglione lituano?
Il mio progetto include un’enorme installazione che simula un museo e include lavori creati su diversi media, dal film in 16mm alla libreria, e poi dipinti, disegni… Attraverso l’inclusione di alcuni fatti autobiografici, analizzo come il regime, il sistema o l’istituzione infici la libertà creativa.

Hai focalizzato l’attenzione su tre figure in particolare…
Durante l’occupazione sovietica, diversi atti di protesta politica hanno avuto luogo in Lituania: auto-immolazioni, dissacrazioni dei simboli sovietici, fughe ecc. All’interno di questo discorso, ho isolato tre figure: Antanas Kraujelis (1928-1965), Romas Kalanta (1953-1972) e Bronius Maigis (1937). Le ho scelte per la forma che hanno assunto le loro proteste politiche.
Kraujelis, che è stato ufficialmente nominato ultimo partigiano, è sopravvissuto sottoterra per un periodo la cui durata rappresenta un record: dal 1956 fino a dopo l’annichilimento ufficiale del movimento partigiano nel 1963. Kalanta e la sua auto-immolazione pubblica rappresentano invece una forma crestomatica della protesta politica: lui ha preparato il movimento giovanile di resistenza negli Anni Settanta. La distruzione del dipinto delle Danae di Rembrandt a Leningrado ha, infine, portato Bronius Maigis a compiere il più ambiguo e controverso atto del suo tempo: l’atto di vandalismo ha adombrato le motivazioni politiche.

Dainius Liškevičius, 2010

Dainius Liškevičius, 2010

La connessione con All the World’s Futures è palese…
La tematica proposta da Okwui Enwezor ha risuonato con una certa precisione, entrando in assonanza con quel che sto sviluppando per Museum. Il progetto presenta la storia come fatta di rotture, geopolitiche, socioeconomiche, artistiche e personali, vanificando ogni tentativo di leggerla come un tutto coerente.

La storia, l’estetica, l’architettura di Palazzo Zenobio attiveranno un dialogo con i tuoi lavori?
La scelta della sede non è stata accidentale. Avrei voluto presentare un mio lavoro come intervento ai Giardini, annettendomi al Padiglione Scandinavo, oppure come intervento in un altro museo, costituito da una black box, ma alla fine ho scelto questo piccolo edificio grigio che attrarrà solo il pubblico realmente interessato. Museum non è stato concepito per il turismo di massa che fatica a trovare concentrazione e attenzione.

Ginevra Bria

www.museo.lt
www.liskevicius.lt

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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