Biennale di Venezia. Il padiglione della Spagna raccontato da Martí Manen

Cabello/Carceller, Francesc Ruiz e Pepo Salazar propongono la rilettura di un Dalí inedito, un provocatore dalla libertà assoluta. Il curatore Martí Manen ha dato vita a un progetto collettivo in cui il surrealista sarà presente come “soggetto non presente”. Ecco cosa ci riserva la Spagna per la Biennale di Venezia 2015.

Helena Cabello e Ana Carceller da Madrid. Francesc Ruiz da Barcellona. E Pepo Salazar da Parigi. Seguendo il percorso di questi quattro artisti, perché e come verrà rievocata la figura di Salvador Dalí al Padiglione spagnolo della prossima Biennale di Venezia? Martí Manen, il curatore del percorso espositivo, risponde.

Quali saranno i temi del Padiglione spagnolo alla 56. Biennale d’Arte di Venezia?
Il Padiglione tratterà il tema della performatività di diversi soggetti. E stiamo parlando di alcuni soggetti, al plurale. Più che un tema, quel che indagheremo sarà una struttura e un punto di partenza che si apre a discussioni multiple attorno alla questione della definizione di identità, al bisogno di un ruolo pubblico per definirsi, alla negoziazione fra la nostra presenza pubblica e quella privata, nonché la usability tra narrazione e finzione quando si parla di soggetti.

Che ruolo ha Salvador Dalí nella mostra?
Siamo partiti dalla relazione tra Salvador Dalí e i media, la sua costruzione di una figura pubblica, la finzione e le bugie relative alla sua vita privata, il suo entourage, il fatto che la scelta della stravaganza lo abbia portato a esplorare la più assoluta libertà individuale, altri tipi di sessualità, un approccio intelligente al linguaggio e un aspetto sintattico dell’arte. Molti percorsi che è possibile seguire all’interno del lavoro di Cabello/Carceller, di Francesc Ruiz e di Pepo Salazar.
A partire da alcuni aspetti della vita di Salvador Dalí non presenteremo alcun lavoro sul surrealista – è una sorta di Dalí senza Dalí – ma una ricostruzione del suo personaggio attraverso materiale documentale e alcune vedute/visioni su di lui. Le tre proposte artistiche non saranno allestite per illustrare Dalí: gli artisti, infatti, stanno lavorando con una sorta di canovaccio e un’atmosfera che devono rispettare. Poi, però, svilupperanno i loro lavori, autonomamente.

Salvador Dalí - photo © Halsman Archive

Salvador Dalí – photo © Halsman Archive

Quali sono le sedi, i territori, i paesaggi, le località o i luoghi segreti che si potranno attraversare?
Produrremo una sorta di segreto, se è possibile chiamarlo in questo modo: durante la prima settimana, Francesc Ruiz ospiterà un gruppo di persone che verranno assegnate a diversi spazi dei Giardini, distribuendo un pezzo dell’artista. Verranno rilasciati alcuni codici che permetteranno di trovare uno o più frammenti (si tratta di un certo numero di pubblicazioni fumettistiche che trattano vecchi personaggi del fumetto italiano in un contesto globalizzato).

Anche gli altri artisti stanno lavorando a opere che richiedono la partecipazione attiva dei visitatori?
Nel caso di Pepo Salazar si assisterà all’esposizione di un’installazione forte, decisiva, che richiederà un po’ di azione da parte di tutti i visitatori che entreranno e attraverseranno il Padiglione. Cabello/Carceller invece presenteranno un’installazione e un film che è stato girato all’interno del Padiglione e, infine, Francesc Ruiz creerà una struttura metanarrativa con giornali e riviste.
Prima dell’inaugurazione a Venezia, alcune parti del Padiglione che sono già state introdotte, anche se parzialmente, al pubblico, per testare alcune reazioni esterne al nostro lavoro. Francesc Ruiz, ad esempio, ha mostrato un’anteprima del proprio progetto in un interessante spazio indipendente a Barcellona, mentre io ho presentato a una conferenza pubblica Cabello/Carceller in un altro spazio indipendente a Madrid, raccontando il progetto e il percorso che si cela dietro di esso. Inoltre ci metteremo alla prova attraverso altre connessioni internazionali. Il Padiglione si trova a Venezia, è vero, ma il suo progetto sta accadendo anche prima e necessariamente si svilupperà anche in seguito.

Qual è la tua definizione personale di soggetti? E si possono rappresentare al meglio, con quali supporti, concetti, nozioni, media ecc.?
Sono molto incuriosito dal concetto di soggetto letterario. Se il progetto riguardasse la scrittura di un romanzo, potremmo realizzare un libro con un titolo abbastanza interessante: I soggetti. Io lo comprerei. Mi piace l’idea che il progetto si focalizzi su qualcuno e che non ruoti attorno a un mero concetto o a un tema, mettendo in gioco la presenza di alcune identità. Questo punto d’origine per me è importante. I soggetti, come i soli componenti deputati all’azione, gli unici a dover portare e sopportare questa responsabilità. Nella prassi politica è abbastanza usuale dimenticarsi di chi risiede e vive la società. E i soggetti, i cluster realizzati su di essi, le categorie provocano errori, restituendo solo casi da analizzare, come elementi da laboratorio sotto osservazione, anche se agiscono in modi inaspettati.

Francesc Ruiz, Philadelphia Newsstand, 2010

Francesc Ruiz, Philadelphia Newsstand, 2010

Provocando una sorta di sovrapposizione tra William Gaddis e Ballard, si avrà una sorta di parallelismo possibile tra il sistema strutturale e quello tematico di cui vorremmo raccontare, attraverso i soggetti. A seguito di questo verrà trovato il soggetto di un tema, una chiave di lettura e il cuore di entrambe le questioni. Come tutto questo verrà rappresentato? A partire da Salvador Dalí, ci concentreremo su un focus dedicato alla soggettività, su uno specifico soggetto, un pensiero. Inoltre verranno aggiunte tre identità artistiche (quattro, se si prende in considerazione che il duo Cabello/Carceller è composto da Helena Cabello e Ana Carceller).

Potresti approfondire meglio gli aspetti originali, di partenza che investigheranno la figura di Dalí? Come potrebbe mai essere rievocato o re-interpretato, oppure immaginato attraverso le pratiche contemporanee?
Dalí, nella storia, è ricordato come un personaggio in un certo senso oscuro: il suo nome non è visto sotto una buona luce. La sua figura rappresenta un paradosso, regolato da un’estrema complessità e da molte contraddizioni. Iniziare dal personaggio-Dalí significa affondare ogni radice estetica nel vocabolario del nostro tempo, anche se formalmente avvenuto alcune decadi fa.
L’idea è di rileggere alcuni approcci morali a partire da un’altra prospettiva. È possibile guardare a Dalí secondo la Queer Theory? Oppure il femminismo? Come ritenere una persona che celebrava un dittatore e, allo stesso tempo, svolgeva attività memorabili per minare i pilastri della dittatura? Basta analizzare i film di propaganda di Franco con Dalí: nelle pellicole, l’artista si permette di compiere azioni proibite e l’edizione di questi girati è completamente differente quando è a fuoco. Parte di questi materiali sarà presente al Padiglione.

Di cosa faremo esperienza dunque?
La varietà delle idee, dei media e delle diverse possibilità visive darà vita a una sorta di progetto incisivo che però bilancerà con estrema attenzione i fatti che verranno presentati. A partire dalla seducente sensualità di Dalí, ci prepariamo a compiere un salto e, forse, a sferrare un pugno metaforico in faccia ai visitatori. O forse tre. Così verrà esposta una combinazione di sorpresa, frustrazione, angoscia e amore. Una sorta di pagina emotiva, eccom come la definirei.

Cosa pensi dell’architettura del Padiglione?
Ovviamente conosco il Padiglione e i suoi spazi da molto tempo e, confesso, mi piace molto. È uno spazio imponente e allo stesso tempo trasparente. Esternamente ha una struttura chiara, massiccia, ma capace di grande invisibilità all’interno. Si tratta, forse, di un ottimo esempio di razionalismo brutale ante litteram. L’edificio definisce il piano terreno e il cuore della mostra. E certamente non lo contrasteremo, anzi ne utilizzeremo ogni caratteristica, ogni dettame.

Pepo Salazar, DOOM SON, 2010

Pepo Salazar, DOOM SON, 2010

Come affrontare un progetto di questa portata in un periodo di crisi e come determinare un progetto collettivo?
Il Padiglione sarà dotato, metaforicamente, di molte porte, molti passaggi. Verrà illustrata un’idea di sensualità, per iniziare, ma poi diventerà una sorta di coreografia polifonica di voci. In tempi di crisi, il primo argomento da affrontare è l’ascolto, la ricerca di più di una voce, di più di un discorso. L’approccio alla realtà è multiplo e può anche essere contraddittorio. Ritengo sia un ottimo deterrente e dispetto di ogni opposizione legata alla complessità.

Come si connetterà il Padiglione della Spagna al tema All the World’s Futures?
Ovviamente è possibile intravedere diversi legami con il percorso di Enwezor. In Soggetti riportiamo in vita una figura dal passato per leggerlo attraverso il tempo presente. Sussiste una certa asincronia con Dalí. Solo oggi infatti possiamo capire come alcuni aspetti della sua personalità siano interessanti se connessi alla nostra realtà. L’idea è di approcciare Salvador Dalí dopo Judith Butler, ponendolo la sua presenza fuori dal tempo, nel nostro futuro, più che nel suo.
Alle volte risulta inspiegabilmente necessario ripercorrere una sorta di viaggio nel tempo per comprendere l’attualità, così come passato e futuro ad essa legati. Non si deve dimenticare che sussiste un’idea politica riguardo al fatto che stiamo parlando di soggetti coinvolti in un costante processo di definizione. L’instabilità, e non una definizione permanente, rappresenta la performatività di ogni atto, a partire dai piccoli fino al confronto con più grandi gesta e parole plateali.

Potresti, in ultimo, esprimere un augurio, un pensiero che accompagni i visitatori al Padiglione della Spagna nel 2015?
Entrate e lasciate che qualcosa, qualunque cosa, succeda.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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