La follia e il progetto. L’esempio della Centrale di Fies

Si lasciano le dolcezze del Lago di Garda per salire verso Arco. In pochi minuti un paesaggio dominato da targhe tedesche, hotel primonovecenteschi e una vaga coloritura balneare aderisce all'immaginario trentino. File di meli, verdi aspre pareti di roccia, scarpette da trekking, vigneti perfetti. Ordine e una sensazione stabile e benefica di sicurezza. Fino a un curva…

Fino a un curva, subito dopo un distributore, che ti butta a capofitto su un castelletto che guarda il fiume da rafting. Passato un involontario ponte levatoio, è la Centrale di Fies. Un’invenzione lontana, che parte da una coppia che una trentina d’anni fa si è opposta alla naturale mancanza di produzione culturale di un piccolo paese premontano. “O andavo io nel mondo, o portavo il mondo qui”. No way.
Sono quelle scelte folli, che nella maggior parte dei casi sono sostenute solo da una passione stagionale. O da mancanza di management. O di fortuna. Per cui portano a poco. Ma lì la passione è stata domata in un progetto.
E Dino Sommadossi, allora direttore di una biblioteca di paese, si inventò il festival Drodesera. Che oggi, a quasi 35 anni di distanza, è diventato un punto di riferimento internazionale nelle attività performative. E così, qualche anno dopo hanno conquistato anche una centrale idroelettrica. Un’opera civile che, quando venne costruita, a fine Ottocento, è come se avesse un sentimento interiore della sua trasformazione postuma, tanto gli ambienti e lo sviluppo degli stessi sono assoluti. Ma qui sono ancora racconti di pietre e mattoni.

Centrale Fies, Dro, Trento

Centrale Fies, Dro, Trento

La magia della Centrale sta nella sua qualità progettuale, internazionale, e in un modo semplice, quasi casareccio, di costruire relazioni solide. Sempre ad alto rischio, come in un’arrampicata, ma imbragate dalla serietà sperimentale e dal non abbassare mai le proposte. Indipendentemente da gradimento e aspettative. Dagli Anagoor a Francesca Grilli. Un vero e proprio avamposto che in tempi difficili, di contributi e affini, sta provando nuove vie anche nell’arte contemporanea.
Come la Collezione Centrale di Fies, una delle rare collezioni dedicate alla performance e alle arti performative. E ancora l’idea di un incubatore-acceleratore di pratiche e idee nell’industria creativa.

Cristiano Seganfreddo
direttore del progetto marzotto
direttore scientifico del corriere innovazione

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #21

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