Il dottor Codognato e la strana storia del 21er Haus di Vienna
In attesa del suo nuovo curatore capo, il museo si è gettato nella mischia della Vienna Art Week 2013 con alcune mostre, tra cui una raccolta di opere recenti del Belvedere, e una personale di Ursula Meyer, sensuale e senz’altro coinvolgente. Però è tempo di cambiare ritmo.
Ma cos’è questo 21er Haus? Questa istituzione viennese poco conosciuta nel circuito globale dell’arte? È la domanda che sorge spontanea dopo che da Vienna è partita l’ufficializzazione della nomina di Mario Codognato quale curatore capo di tale struttura. E non solo: Codognato sarà anche il direttore della collezione di arte contemporanea del Museo Belvedere. I due ruoli si legano bene insieme perché il 21er Haus (letteralmente: Ein und Zwanziger Haus), che in virtù del nome si occupa della produzione artistica più recente, è istituzionalmente e materialmente una enclave del vicino Parco/Castello/Museo Belvedere. Quest’ultimo, un luogo celeberrimo in cui, oltre alla conservazione e alla esposizione di arte secolare d’eccellenza, vi si sviluppa un’attività collezionistica ed espositiva anche nel campo dell’arte moderna e contemporanea. Attività che ha luogo perlopiù negli edifici situati nella parte bassa (Unteres Belvedere) del vasto parco. Sotto il patrocinio del Belvedere, diretto dall’attivissima Agnes Husslein-Arco, questo “museo del 21esimo secolo” ha – o dovrebbe avere – una autonoma programmazione espositiva.
Del 21er Haus, Artribune ne ha parlato altre volte, a partire dalla sua inaugurazione avvenuta nel novembre 2011. E quello fu, sì, il debutto della struttura attualmente esistente con l’etichetta che la contraddistingue, ma si trattava più che altro della rifondazione di un “oggetto” storico con un destino nomade che vale la pena ricapitolare.
La storia dell’edificio comincia nel 1958 in occasione dell’Esposizione Universale di Bruxelles, quella in cui fu eretto il gigantesco monumento all’atomo. Fu in quella occasione di grande visibilità che venne costruito, naturalmente nella capitale belga, su progetto dell’architetto Karl Schwanzer in rappresentanza dell’Austria, e la rappresentò così bene che le fu attribuito il Grand Prix come miglior padiglione nazionale. Recepiva con originalità i rigorosi principi di Mies van der Rohe. A manifestazione conclusa, la sorte della struttura prese una piega insolita. Quando mai è accaduto che uno Stato si portasse a casa il proprio edificio, normalmente classificato come architettura effimera? L’Austria lo fece, smontandolo accuratamente pezzo per pezzo, senza averne ben chiara una qualche destinazione d’uso. Qualche anno dopo – siamo ai primi dei Sessanta – il padiglione venne rimontato in Arsenalstrasse e da lì non si è più mosso. Destinazione d’uso: padiglione espositivo con denominazione “Museo del XX Secolo”, finché al volgere del nuovo secolo più d’una cosa lo rendeva inadeguato, a cominciare dal nome. Chiusura di un decennio e restauro radicale con qualche opportuno adeguamento funzionale su progetto dell’architetto Adolf Krischanitz, ed ecco rinato il padiglione per la terza volta. Disorienta sempre l’ampiezza e l’altezza dell’area espositiva centrale, ma si offre benissimo a installazioni non comuni per forma e dimensione.
Passato sotto la competenza del Museo Belvedere, ha riaperto al pubblico – come detto sopra – nel novembre 2011 con il nome che sappiamo, assumendo poi il colore rosso come simbolica nota distintiva, tanto che per la cerimonia di riapertura il rosso si vide ovunque, anche indosso ai numerosissimi visitatori. E come da tradizione, anche all’inaugurazione delle mostre odierne la padrona di casa Agnes Husslein-Arco ha indossato qualcosa di rosso. D’altronde, con l’oscurità una densa luce rossa – quando non di altri colori – investe uniformemente le parti esterne del museo. Il rosso è uno dei simboli della città di Vienna, tratto certamente dal più contagioso dei valzer di Johann Strauss, Wiener Blut, “sangue viennese”, notissimo anche a chi non ne conosce le parole.
Ma in definitiva, cosa ha spinto ora Agnes Husslein-Arco a cercare in giro per l’Europa un abile curatore su cui poter scommettere? Presto detto: in questi due anni di nuova vita, la prospettiva di un profilo artistico internazionale è stata decisamente il tallone d’Achille dello Ein und Zwanziger Haus.
Franco Veremondi
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