MOO, per rivitalizzare il centro di Prato

A Prato si avverte una sensazione strana, come se stesse per accadere qualcosa di grande. Così si esprime chi abita la città quotidianamente e ne osserva l'attuale fase di decadenza. E MOO, tentativo autonomo per rivitalizzare attraverso l'arte e il design una zona abbandonata alla delinquenza, potrebbe esserne un valido avvio.

È evidente lo stato di crisi economica e culturale di Prato; del resto, molte delle dinamiche passate, di tipo inusuale o distorto, anticipavano la negatività degli sviluppi: dagli Anni Novanta gli insediamenti massivi e forzosi dalla Cina senza che corrispondessero rapporti effettivi con gli abitanti – nonostante qualche sforzo istituzionale, San Paolo resta ad oggi un’enclave, e l’idea di quartiere entro una dimensione multietnica un idillio inconsistente –, la foga nelle trattative di compravendita del distretto tessile, la connivenza tra marchi italiani e cinesi nel realizzare dentro gli inaccessibili capannoni e poi anche nelle abitazioni, in evidente negazione della propria tradizione, modalità lavorative da distopia capitalistica. A ciò aggiungendo tutti gli effetti del generale dissesto finanziario, tra diminuzione dei flussi di persone e locali sfitti, si prende atto di come attualmente varie zone del centro siano mutate in desolante scenario.
In particolare c’è un incrocio fra tre strade – Santa Margherita, Pier Cironi, San Giorgio – che è diventato punto critico per lo spaccio e il consumo di eroina (droga il cui ritorno dà un segno tangibile della disperazione in atto). Per reagire a tale situazione, entro le personali possibilità e in linea con altre proposte di comitati cittadini, Lara e Massimo Macherelli hanno deciso di dare in comodato d’uso gratuito un fondo di loro proprietà: dal conseguente accordo con Lato, studio architettonico già attivo in città anche a livello espositivo, è nato MOO. Come ci spiega Luca Gambacorti, tra gli ideatori del progetto: “Due sale per un totale di 50mq. Una scatola bianca, vuota, flessibile dedicata all’arte, per contribuire al recupero di questa parte di città. Nello specifico, il progetto cerca di trovare e creare relazioni fra artisti e design, anche in riferimento a importanti vicende della zona, spesso  scordate, come la Poltronova nel periodo di Sottsass, Superstudio, Archizoom e molti altri”.

Chiara Bettazzi - Wunderkammer - veduta della mostra presso MOO, Prato 2013 - courtesy LATO

Chiara Bettazzi – Wunderkammer – veduta della mostra presso MOO, Prato 2013 – courtesy LATO

Il nome scelto è un acronimo di Mud Object Oriented, tipologia di software che permette la condivisione di ambienti virtuali tra più utenti per arrivare a una spontanea e imprevedibile ri-definizione degli stessi; per via analoga, ciò che potrà accadere in questo spazio, considerando che gli artisti, sebbene non designer, neppure sono estranei all’ideazione e alla formalizzazione dell’oggetto: “Totale libertà a parte una condizione, un limite che sono convinto si rivelerà fecondo: non si possono usare le pareti. Ogni opera dovrà impiegare solo lo spazio a terra. E vorrei si ripetesse sempre quanto accaduto nella prima occasione, ovvero che la mostra sia conseguente a un incontro aperto, un vero e proprio brainstorming tra l’artista, lo studio Lato, i proprietari del locale, e magari in futuro altre persone”.
L’esposizione inaugurale mette insieme le varie componenti portandole fino a una dimensione limite. Chiara Bettazzi (Prato, 1978), la cui ricerca si concentra sul rapporto tra mondo organico e inorganico proprio attraverso la modificazione degli oggetti, ha trovato e raccolto nel tempo tutta una serie di “reperti” – piccoli scrigni per gioielli, teche di vetro, vasi, ossa di animali e quant’altro – tenendo a motivo il ricordo infantile del cassettone colmo di portagioie della madre e a sviluppo il rilievo insieme monumentale e intimo delle sculture sepolcrali. Tutti i materiali, alloggiati per un certo periodo nel proprio studio, sono stati assemblati per l’installazione secondo un movimento verticale, usando come collante un impasto di pece. Se il primo ambiente dà un’impressione del tutto attinente al titolo Wunderkammer, creando un effetto di sorpresa e singolarità rispetto al contesto della strada esterna, nel secondo la sensazione è piuttosto di raccoglimento e di meditazione. In entrambi i casi, gli oggetti si collocano in un ambito di voluta ambiguità: privati della loro funzione essi però hanno acquisito una componente estetica più potente.
Per le mostre a venire? Sono tuttora in fase di elaborazione; resta fermo il desiderio di realizzare fattivamente, attraverso la capacità degli artisti, un movimento di gente ed energie in questa parte di Prato.

Matteo Innocenti

MOO – Mud Object Oriented
Via San Giorgio 9 – Prato
www.lato.co.it

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Matteo Innocenti

Matteo Innocenti

In linea agli studi universitari in Storia dell'Arte inizia un percorso come critico e curatore. Collabora a vari progetti editoriali, in modo particolare prima ad Exibart e poi ad Artribune. E' direttore artistico di TUM, collettivo di artisti e di…

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