Percorsi. Novembre viennese, fotograficamente parlando

È in corso l’appuntamento viennese con l’European Month of Photography. Mega numeri e mega pixel in progress, duecentocinquanta tra mostre e incontri tematici. Ma occhio alla Photomatic approdata alla Kunst Haus: se ne vedono delle belle…

Eyes on, “occhi su”, come dire: “su tutto il reale”. Ovvio, trattandosi di fotografia, ci si spinge in un gioco di rimandi tra profondità e superfici, tra presenze e assenze, duplicando il tutto nella sfera dell’immaginario. Per poi trascendere la superficie dilatata delle apparenze e, possibilmente, non restare intrappolati tra mondo e sogno, estasi o turbamento. Inevitabile l’accostamento di questo titolo, denso di potenzialità, con Eyes Wide Shut, l’ultimo capolavoro cinematografico, tutto “viennese”, di Stanley Kubrick, tratto dal racconto Doppio sogno di Arthur Schnitzler. Questo, seppure edito nel 1926 con il titolo Traumnovelle, era stato originariamente intitolato Doppelnovelle (Doppio racconto). Evidentemente, è sempre una filosofia del “doppio” ciò che soggiace allo scambio sulla base del reale. Eyes on, insomma, è il mantra viennese della quinta edizione del Mese Europeo della Fotografia, un festival biennale iniziato nel 2004, della cui rete fanno parte, con tematiche autonome, Parigi, Berlino e altre capitali come Budapest, Lubiana, Lussemburgo, Bratislava.
Lo start per eccellenza, a Vienna, ha luogo alla Kunst Haus: tutta l’attenzione si accentra sulla fenomenologia di un’invenzione rivoluzionaria quale fu l’apparecchio per la produzione di fotoritratti formato tessera, messo sul mercato a partire dal 1928. Di lì a poco, il suo utilizzo assunse ben altra dimensione allorché l’oggetto venne inglobato in una cellula architettonica, a formare una cabina dotata di funzionamento automatico a gettoni, installata in luoghi pubblici. Era nata la tipica Photomatic o Photo Boothche tutti conosciamo. Un’invenzione di portata sociale, con la quale da allora ognuno ha avuto la possibilità di diventare soggetto attivo del proprio ritratto, senza mediazione, giovandosi di un fissaggio quasi istantaneo dell’immagine. Procedura del tutto diversa dalle pose tediose, e senz’altro più costose, eseguite negli studi dei fotografi.

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Franco Vaccari – Esposizione in tempo reale num. 4, 1972 – © Franco Vaccari

In realtà, quello sgabuzzino si è rivelato ben altro di una semplice cabina “monoposto” per foto da documento d’identità, quand’anche l’esiguità dello spazio ha potuto “registrare” super-affollamenti. Nell’immaginario e nella pratica l’oggetto si è mostrato capace di un’ambivalenza imprevedibile, ora trasformandosi in una sorta di confessionale a cui affidare la superficie carnale degli stati d’animo, ora sublimandosi persino in totem di consulto oracolare su noi stessi. Non per nulla, “Chi siamo?” è la denominazione di un’ampia sezione del percorso visivo, nonché l’ossatura tematica di gran parte di questa intelligente mostra, realizzata dal Musée de l’Élisée di Losanna in collaborazione con la Kunst Haus di Vienna, qui in visione fino al 13 gennaio 2013, poi in agenda al Centre Pompidou di Parigi.
La mostra è in parte un esplicito omaggio al lavoro concettuale di Franco Vaccari (1936), personaggio dalla formazione scientifica (laureato in fisica), dotato di un’autentica sensibilità artistica, fotografo naturalmente, e per giunta saggista con vocazione estetologica. Alla 36.Biennale di Venezia (la storica edizione del 1972), Vaccari installò proprio una cabina Photomatic funzionante nello spazio da lui allestito, chiamandolo Esposizione in tempo reale. Ne ricevette un apprezzatissimo riconoscimento internazionale.
Oltre alla sua funzione di servizio, cos’è stato in effetti il Photo Booth, se non il luogo dove poter rispecchiare d’istinto la propria “irrazionalità”?  Immortalare attimi di quotidianità intima, dando espressione al lato avventuroso e nascosto di noi stessi? Nulla di più normale là dentro, che lasciar sconfinare liberamente la fisionomia in una mimica alterata, comica, grottesca, tragica, o sperimentare improvvisando platealmente pose da performance, individuali o collettive.

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Marko Zink – Eyes On – Im Kurhotel – Galerie Michaela Stock – © M.Zink

In mostra oltre trecento lavori, autoscatti d’artista d’ogni genere alle prese con un medium inaspettatamente versatile, terreno fertilissimo per i surrealisti, gioco di sdoppiamenti o sovrascritture per intellettuali e artisti di tante generazioni. Da Max Ernst a Yves Tanguy, Raymond Queneau, Paul Éluard, Louis Aragon, Andy Warhol, Richard Avedon, Arnulf Rainer, Cindy Sherman, Susan Hiller, certamente Franco Vaccari e tantissimi altri. Tra di essi c’è chi aziona il meccanismo, ritraendosi immediatamente, rendendo “visibile” la propria totale sparizione, allorché nelle varie pose compare solo la varietà delle tende di fondo. E c’è chi, come Alain Baczynsky, uscendo da una seduta di psicanalisi, sente l’esigenza di un autoritratto nell’intimo del Photo Booth: forma terapeutica supplementare evidentemente, poiché la cosa va avanti per anni.
Alla mostra non sfugge poi lo sguardo del cinema verso la cabina Photomatic. Molti registi comprendono le possibilità che l’oggetto offre nel condire di fantasia o di intrighi le trame narrative dei film. È l’artista Brian Maecham a redigere un’antologia di sequenze (55 min.) da trenta film, seguendo un criterio cronologico, dal ‘39 al ‘oggi. Qui è interessante notare come, a partire da un fenomeno incisivo ma alquanto marginale come il Photo Booth, traspaia un evolversi di linguaggio e di costume nella società massmediatica.

Franco Veremondi

Vienna // fino al 30 novembre
Eyes on – Monat der Fotografie Wien
SEDI VARIE
www.eyes-on.at
www.kunsthauswien.at

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Franco Veremondi

Franco Veremondi

Nato a Perugia, residente a Roma; da alcuni anni vive prevalentemente a Vienna. Ha studiato giurisprudenza, quindi filosofia con indirizzo estetico e ha poi conseguito un perfezionamento in Teoretica (filosofia del tempo) presso l’Università Roma Tre. È giornalista pubblicista dal…

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