Torna a casa, cratere

L’Italia e i suoi beni culturali sono generalmente in condizioni pietose. Questo lo sappiamo. Ma c’è pure il problema dei tombaroli, e ancora più di chi compra i reperti trafugati. Che magari finiscono in fior fiore di musei americani. Cominciamo a entrare nel cuore del problema. Per poi - nei prossimi articoli di quest’ennesima serie targata Artribune - affrontare la questione museo-per-museo.

Risale al 13 gennaio l’ultima notizia del ritrovamento in un Paese straniero di alcuni tesori d’arte antica trafugati e illecitamente esportati dall’Italia.
Tutti i reperti erano destinati a un’asta che certamente si sarebbe rivelata milionaria, considerato che solo il decadramma d’argento di Akragas, il nome greco di Agrigento, coniato tra il 409 e il 406 a.C. in Sicilia, era stato valutato due milioni e mezzo di dollari, ma solo come base di partenza.
L’incauto venditore – un noto ortopedico americano del Rhode Island Hospital, professore alla Brown Medical School – è stato arrestato mentre era ospite in uno dei più famosi alberghi del mondo, il Waldorf Astoria, e attendeva di vendere all’asta la preziosa moneta, grazie alla compiacenza di una società svizzera, nel corso della Numismatic Convention di New York, che richiama ogni anno una notevole rappresentanza dei più prestigiosi antiquari e studiosi del settore.
Le indagini dell’Interpol sono ancora in corso e si svolgono in collaborazione con il Comando Tutela Patrimonio Culturale, creato nel 1969 presso il Ministero della Pubblica Istruzione e oggi inserito nel Ministero per i Beni e le Attività culturali proprio per fronteggiare il fenomeno sempre più allarmante della depauperazione del nostro patrimonio. Questi veri e propri crimini contro la cultura hanno, infatti, costretto l’Italia a dotarsi di un organismo di polizia specializzato nel settore, anticipando di un anno la raccomandazione dell’Unesco, che indicava agli Stati membri l’opportunità di adottare varie misure volte a impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati.

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Tetradramma da Morgantina

Se la prima, grande razzia ai danni del nostro patrimonio artistico si deve a Hitler, che vagheggiò di raccogliere le opere d’arte trafugate dai nazisti in mezza Europa nel Museo del Fuhrer a Linz, in Austria, oggi sempre più spesso ad affiancare i trafficanti d’arte sono proprio gli addetti ai lavori, archeologi, storici, antiquari, che in nome di un losco profitto alimentano tanto le collezioni private quanto quelle dei musei stranieri, acquistando e rivendendo materiali di provenienza illecita.
Ed è proprio a costoro che da alcuni anni il nostro Paese ha dichiarato guerra aperta, mentre contemporaneamente ha iniziato a chiedere la restituzione di quelle opere che dagli atti giudiziari risultano illecitamente trafugate e altrettanto illecitamente esportate nei più famosi musei stranieri.
Tutto è cominciato alla fine degli Anni Novanta del secolo scorso, con la richiesta da parte del MiBAC al Metropolitan Museum di New York di restituzione del tesoro di argenti ellenistici provenienti da Morgantina – uno dei territori più saccheggiati della Sicilia – e il Cratere di Euphronio, prezioso vaso dipinto dal maestro greco nel V sec a.C. trafugato da una tomba vicino a Cerveteri nel 1971. Solo dal 2006, però, e a seguito di una vigorosa battaglia condotta all’unisono tra magistratura, diplomazia, Interpol e Ministero per i Beni Culturali, questi tesori inestimabili sono tornati in possesso dello Stato italiano.

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Comando Tutela Patrimonio Culturale

Come in un thriller che si rispetti, anche in questo caso i colpevoli sono stati smascherati dopo un lungo processo, che ha riservato non pochi colpi di scena, e a seguito di complesse indagini che hanno costretto un gruppo di archeologi a spogliarsi delle vesti di Indiana Jones e a vestire gli abiti di Sherlock Holmes. Tanto per fare un esempio, nel 2005, a indagine già avviata e consapevole della disfatta, Mister Maurice Templesman – collezionista miliardario e uno degli imputati eccellenti – aveva pensato di donare gli acroliti di Demetra e Persefone, provenienti proprio da Morgantina, al Bayly Art Museum dell’Università della Virginia, vincolando il lascito al rispetto di due condizioni: l’assenza di pubblicità sulla donazione e sul nome del donatore e il divieto di restituire le opere all’Italia prima di cinque anni. Scoperto l’inganno dai nostri archeologi, gli acroliti furono restituiti all’Italia, grazie anche alla preziosa mediazione dell’archeologo americano Malcolm Bell, professore alla Virginia University e direttore fin dagli Anni Ottanta di una missione archeologica a Morgantina. Dopo trent’anni le statue sono rientrate in Italia il 13 dicembre del 2009 e sono oggi ospitate nel museo archeologico della cittadina in provincia di Enna, accanto alla grande città greco-sicula di Morgantina.

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Malcolm Bell

Se, dunque, fin dagli Anni Settanta l’Italia ha dovuto combattere molte battaglie, alcune delle quali irrimediabilmente perdute, certamente gli anni 2006-2008 hanno segnato la grande vittoria in una guerra che ha prodotto un profondo e positivo cambiamento culturale non solo nel nostro paese. La consapevolezza da parte delle istituzioni di dovere attuare una ferrea e tenace azione di tutela per arginare la piaga dello scavo clandestino, salvaguardando la specificità e il contesto originario di tutto il nostro patrimonio archeologico, ha contribuito notevolmente a sensibilizzare anche la comunità scientifica americana in tema di politiche di acquisizione e di rispetto delle norme internazionali. Dopo lunghe e strenue trattative, infatti, si è resa possibile la definizione di un accordo Italia-Usa firmato nel 2007 dall’allora ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli e dai quattro più importanti musei americani.
Alle prossime puntate la storia di ognuno di essi.

Silvana Rizzo

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