A Milano 9 artisti giocano con l’ibridazione fotografica
Da Alessandro Sambini a Luca Massaro, nove voci dell’arte contemporanea italiana esprimono ciascuno l’uso personalissimo che fanno della fotografia, capace tanto di immortalare il passato quanto di creare l’inesistente attraverso complessi algoritmi
L’intelligenza artificiale è ormai sempre più inevitabile. Pervade ogni aspetto della vita quotidiana, spesso anche quelli più intrinsecamente “umani”, come a logica si pensa possano definirsi le arti. Se la pittura ancora fatica a essere riprodotta in modo credibile, la fotografia e il mondo digitale sono ormai costante appannaggio degli algoritmi. La questione non è come evitarla e impedirla, quanto piuttosto come metterla in relazione con la creatività umana. Non per sostituirla, ma per collaborarci e avvalersene in modo costruttivo, come nel corso della storia abbiamo imparato a fare con ogni tecnologia inizialmente invisa e preoccupante nei confronti della preservazione del savoir faire artigianale. Non vince chi la neutralizza o finge che non esista, bensì colui che la usa per fare qualcosa che da solo non porterebbe mai a compimento. È questo il fil rouge alla base della nuova mostra proposta da Viasaterna – Transizioni – che porta a Milano nove artisti contemporanei alle prese con l’ibridazione del medium fotografico.

Il binomio uomo-tecnologia in mostra da Viasaterna
Il progetto a cura di Mauro Zanchi riflette su uno dei temi oggi più centrali nella sfera del quotidiano: il rapporto tra uomo e tecnologia. Un legame fluido, mutevole, imprevedibile, che ha messo le radici già nel secolo scorso, con i primi artisti che – per necessità o divertimento – hanno cominciato a saggiare le potenzialità del medium fotografico. Allora non si trattava ancora di puro algoritmo che mette a rischio la nozione di creatività umana, ma piuttosto di un “ausilio” capace di amplificare le proprie capacità e aiutare nelle dinamiche di lavoro. Eppure, il seme per il presente era già gettato e germogliava. Oggi i frutti, meglio gli sviluppi, si iniziano a raccogliere. Fotocopie perfette della realtà, con immagini estremamente fedele sintetizzate grazie al machine learning, oppure soggetti nato dal nulla: da un prompt descrittivo che dal testo genera “magicamente” una figura. Realismo e fantasia; la tecnologia sempre al centro. L’ibridazione tra tecniche, media e formati, però, non è una novità: più ancora che l’ausilio delle tecnologie, la tendenza a mixare elementi diversi esiste da tempo. Ogni generazione, poi, coglie a suo modo da vari ambiti, producendo risultati sempre imprevedibili e nuovi che sfruttano le potenzialità emergenti nelle tecniche proprie di ogni epoca. La fotografia, in ogni caso, ha un posto speciale. Lo dimostrano Brâncuşi e Modigliani: entrambi acuti utilizzatori della pellicola andare a fondo della forma delle loro opere.

Gli artisti in mostra da Viasaterna a Milano per “Transizioni”
Alessandro Calabrese e le sue speculazioni sulla statuaria
Al centro della mostra, nove artisti contemporanei propongono i loro personalissimi usi e interpretazioni del mezzo fotografico. Ciascuno lo adopera nell’ambito della sua poetica, che spazia ben oltre i confini del contenuto dell’immagine. Ricerca molto raffinata – a cavallo tra riflessione sull’antico e modernità assoluta – è quella di Alessandro Calabrese. L’immagine artificialmente costruita diventa per lui un tramite per ampliare la visione dei reperti statuari archeologici, immaginando, anzi speculando, sulle parti mancanti della scultura. Il risultato nella sua perfezione plastica dà sicurezza, nascondendo l’abisso di incertezza proprio della disciplina archeologica e interrogando le sicurezze che la tecnologia apparentemente dà attraverso le sue basi di calcoli e algoritmi.
Gli altri artisti in mostra da Viasaterna
C’è poi chi – come Alessandro Sambini e Alberto Sinigaglia – più che lavorare sull’immagine, ha preferito piuttosto concentrarsi sull’hardware che le produce. Il primo porta in mostra monitor industriali a tubo catodico, segnati da anni di attività, che restituscano immagini latenti. L’altro esprime attraverso la scultura il costo e l’impatto sull’ambiente che ogni pixel in azione produce. Opere che oscillano tra arte astratta e fotografia. Si continua – tra gli altri – con Camilla Gurgone, che cerca di invertire la normale logica fotografia dell’istante con la sua serie Velum, trasformando in frammento di tempo dell’algoritmo in un momento esteso nel tempo. Una contraddizione resa attraverso l’uso di speciale carta termica. A concludere, si cita ancora l’opera di Luca Massaro, interessato a collezionare immagini di etichette, insegne e parole, tramutate attraverso la fotografia in opere pittoriche e scultoree.
Emma Sedini
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