Morto Mimmo Jodice, il fotografo del mito e dell’attesa
Usava la fotografia come mezzo per definire le sue idee, passando da un ambito tecnico a quello concettuale. Tra le sue opere più importanti la serie "Attesa"
 
                            Ci ha lasciati Mimmo Jodice, uno dei più grandi artisti italiani del nostro tempo. La mia non è una biografia e neppure una commemorazione. Jodice con l’intelligenza, la determinazione, la curiosità sperimentale che gli erano proprie, ha colto e ha fatto proprio, con grande anticipo il senso del rapporto tra fotografia e arte. Ha rotto degli schemi. Lui stesso a Hans Ulrich Obrist aveva spiegato che la sua è una ricerca fotografica di matrice concettuale. Quando giovane, alla continua ricerca del senso di quello strumento così frainteso, cerca sul dizionario la definizione di “fotografia”, la voce si limitava a spiegarne il processo tecnico. Mimmo si sente estraneo, è sempre più convinto di non appartenere a un mondo di professionisti, di fotoamatori.
La fotografia per Mimmo Jodice
Per lui la fotografia è un mezzo per definire le sue idee. Siamo in un ambito concettuale anche quando si occupa di sociale. E al sociale Mimmo ha dedicato tempo e lavoro ma nella sua chiave, non tanto ideologica, ma di pensiero.  
Accanto a lui sin da giovane è Angela, compagna intelligente di una vita. Tra loro è un dialogo continuo, è un confronto stimolante. Dove c’è Mimmo, c’è Angela, laureata in Letterature inglese. Insieme si aprono al mondo. Quando a Napoli arriva Warhol dorme in casa Jodice. Insieme frequentano le gallerie, gli artisti, lo studio Morra, Lucio Amelio, Dina Carola, Lia Rumma, Pasquale Trisorio.  
Mimmo da sempre guarda all’arte, prima a quella che gli sta intorno, alla classicità, alla storia dell’arte e quindi alla contemporaneità. Fra la fine dei Sessanta e i Settanta la conoscenza riferita all’arte classica e moderna, viene messa in discussione attraverso nuove forme espressive. E Mimmo mette in discussione prima di tutto se stesso, la sua ricerca. Compra libri, riviste. Nulla di tecnico, piuttosto teorico, legato al pensiero. 
La collaborazione con Kounellis e Acconci
Realizza con gli artisti lavori a quattro mani, Il Viaggio di Ulisse con Jannis Kounellis.
Vito Acconci realizza una performance nel suo studio. Lui stesso raccontava: “Assistere a questi happening e/o performance d’arte concettuale e d’avanguardia era, alle volte, sconcertante perché ribaltava completamente qualsiasi punto di vista, demolendo le antiche certezze e allargando i limiti del proprio orizzonte creativo”. Sono forme di arte che lo segnano nel profondo, mettono in dubbio alcune sue certezze.   
Gli anni Ottanta segnano una svolta importante nel suo linguaggio. Il mondo stava mutando, i grandi sogni di cambiamento sociale non si erano avverati.
Nel 1980 pubblica Vedute di Napoli, che propone una nuova visione del paesaggio urbano e dell’architettura. A metà di quel decennio Jodice inizia un’approfondita ricerca sul mito del Mediterraneo. Mimmo affermava di non avere mai fatto una bella fotografia. Sembra uno sproposito, ma così non è. “Non sono mai stato interessato a una fotografia o a un’arte compiacente e indulgente, ho lavorato sempre su tematiche che mi appassionavano e che sentivo come urgenti. Mi sentivo coinvolto dalla classicità semplicemente perché sentivo quelle pietre e quei luoghi come “miei””. 
La fotografia secondo Mimmo Jodice
Jodice non documentava, viveva, partecipava intimamente alla classicità nella sua accezione filosofica, letteraria, iconografica. “Ho incominciato a ritrovarmi nella storia, diciamo che sono tornato indietro di 2.000 anni non per fotografare, ma per vivere queste presenze in prima persona, con i miei occhi”. I suoi profondi e dolci occhi azzurri.
A sua detta Attesa del 2016, annus horribilis in cui perde il giovane figlio Sebastiano, è il lavoro che meglio sintetizza il senso di tutta la sua ricerca. In questi lavori è una dimensione di smarrimento e di desiderio verso le tante cose sperate, “alla ricerca di un mondo migliore, speranze che si sono poi vanificate, ho dato vita a una dimensione surreale, dove le assenze contano più delle presenze, i vuoti più dei pieni, i silenzi e i tempi morti più delle “istantanee”. L’attesa è un tema che non mi ha mai abbandonato”.
Attesa che è la natura stessa della fotografia e che segna la vita di ciascuno di noi. 
Un’attesa, la sua, di natura esistenziale, poetica, personale, un’attesa di vita che ha segnato tutta la sua ricerca tra arte, poesia, studium nel senso classico del termine che ha reso Mimmo Jodice unico.
Angela Madesani  
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