A Merano le foto Christian Martinelli in mostra a un anno dalla morte

A un anno dalla prematura morte dell’artista e fotografo altoatesino, una retrospettiva ospitata da Kunst Meran ripercorre la sua carriera, la sua poetica e le sue tecniche peculiari

Nello spazio di Kunst Meran – Merano Arte ha inaugurato la mostra retrospettiva dell’artista e fotografo Christian Martinelli (Merano, 1970 – Innsbruck, 2022). Abbiamo intervistato le curatrici Ursula Schnitzer e Anna Zinelli, che ci hanno parlato del modo con cui Martinelli realizzava le sue opere e delle scelte espositive che caratterizzano la mostra Incontrare Christian Martinelli.

Intervista alle curatrici della mostra su Christian Martinelli

Per iniziare, ci spieghereste come funziona tecnicamente l’opera Cube che possiamo trovare nel primo ambiente della mostra? E ci parlereste anche della serie di lavori Confini che Martinelli realizza con questa?
Il Cube è un enorme macchina fotografica con pareti riflettenti in alluminio. 
La grande peculiarità del Cube è da identificarsi nella resa estetica: esso permette di realizzare immagini di grande formato e di altissima qualità, che sono anche dei pezzi unici. Il processo prevede infatti che la luce, tramite un obiettivo Nikon 890 mm, crei direttamente l’immagine sulla carta, senza passaggi negativo/positivo. Sia la particolare carta fotografica sia le sostanze per lo sviluppo non sono più in produzione da diversi anni. Martinelli è riuscito ad acquistare le ultime rimanenze a livello mondiale e ha realizzato circa 300 opere con questo procedimento. Uno dei progetti più importanti legati al Cube è, appunto, Confini: per oltre cinque anni ha fotografato gli orizzonti di tutte le coste italiane.

Per quanto riguarda la serie Stories, è noto il motivo che ha mosso l’artista a realizzarla?
La serie Stories nasce da una riflessione sul valore del ricordo e, come tale, non poteva che protrarsi per un lungo arco di tempo. Per oltre vent’anni Martinelli ha infatti raccontato le storie 14 persone, realizzando una sorta di album fotografico delle loro vite e affrontando temi come la vulnerabilità, l’amore, la nascita, l’abbandono e la morte.

Martinelli ha viaggiato molto nella sua vita per via del suo lavoro con le ONG. Pensate che questo abbia influenzato la realizzazione di progetti come Infinito e Wo willst du hin? 
Sicuramente: questi progetti sono esempi di una particolare rilettura del topos della fotografia di viaggio e sono strettamente legati ai numerosi percorsi che ha intrapreso, anche come fotoreporter.  Martinelli ha scelto dei semplici soggetti – come un sacchetto rosso o le nuvole in cielo – e li ha assunti a metafore di un racconto sulla similarità e la moltitudine del mondo.

Christian Martinelli, Album 2008-2022. Photo Davide Perbellini
Christian Martinelli, Album 2008-2022. Photo Davide Perbellini

La mostra di Christian Martinelli a Merano

E per quanto riguarda la serie Solitudini?
Si tratta di un’ampissima serie di fotografie – realizzate per oltre vent’anni – di alberi, torri o edifici isolati, appunto in solitudine. La scelta di accompagnare a lungo lo stesso soggetto era una costante nella sua pratica. Questi lavori non avevano un carattere documentario ma si ponevano piuttosto come riflessioni poetiche sul rapporto tra fotografo e mondo circostante. 

Nelle sale di Kunst Meran si trovano anche i mobili che l’artista aveva realizzato per il suo atelier e abitazione Villa Dolores: qual è il motivo di questa scelta espositiva? 
Questa scelta è legata all’idea dell’“incontro” che abbiamo scelto di porre al centro del nostro taglio curatoriale. Villa Dolores è stata non solo uno spazio abitativo e di lavoro, ma anche un centro espositivo, una sede associativa e un fulcro della vita culturale meranese.  Abbiamo quindi deciso di riproporre, almeno in parte, l’atmosfera che caratterizzava questo luogo in cui erano esposte e raccolte le opere di Christian Martinelli assieme a innumerevoli oggetti, spesso progettati e creati da lui stesso.

Per concludere, ci spieghereste cos’è il Gallery Van? 
Il “Gallery Van”, definito anche “Galleria Popolare”, è una piccola roulotte utilizzata da Martinelli per corsi ed esposizioni fotografiche nei contesti più disparati. Ad esempio, nel 2015 ha realizzato assieme altri due membri dell’associazione – Nicola Morandini e Andrea Salvà – un progetto dedicato a un pastore sardo, utilizzando la roulotte sia come laboratorio fotografico sia come piccola sede espositiva.
In occasione di questa mostra, si è scelto di riattivare il van, con il progetto di workshop itineranti Alla ricerca di tracce, tenuti da Fabian Haspinger (Silbersalz Photography). In linea con l’approccio di Christian Martinelli, questa iniziativa porta avanti la divulgazione del linguaggio fotografico analogico, rivolgendosi in questo caso alle generazioni più giovani. 

Chiara Battaglino

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