Al Prado c’è una nuova installazione che ricostruisce una cappella scomparsa di Roma
L’installazione permanente ricrea la Cappella Herrera di San Giacomo degli Spagnoli a Roma, con gli affreschi di Annibale Carracci strappati e trasferiti in Spagna secoli fa
L’aggiornamento dell’immagine è un elemento essenziale nelle strategie di marketing di ogni istituzione culturale. Il Museo del Prado conferma la sua posizione di riferimento tra i musei europei del Ventunesimo Secolo anche grazie alla capacità di rinnovare l’offerta espositiva mediante interventi architettonici e decorativi di rilievo, realizzati per rendere la visita alla collezione permanente sempre più completa e coinvolgente.
È ciò che accade nella rinnovata sala 4 del Museo del Prado, il cui nuovo allestimento museografico risulta molto efficace perché supportato da un solido progetto storiografico e scientifico: questa installazione nasce, infatti, da uno studio collettivo capitanato da Andrés Ubeda (ex direttore scientifico del museo) e culminato con la mostra del 2022 che ha riunito, per la prima volta in epoca moderna, gli affreschi di Annibale Carracci per la Cappella Herrera, provenienti da San Giacomo degli Spagnoli a Roma. Dipinti dal maestro bolognese con la sua bottega tra il 1602 e il 1604 e trasferiti in Spagna dopo gli strappi realizzati nell’Ottocento, i frammenti del ciclo pittorico sono oggi divisi tra il Museo nazionale d’arte antica di Barcellona (nove) e il Prado di Madrid (sette).
Al Prado arrivano gli affreschi di Annibale Carracci, visti dal basso come nel Seicento
Nella piccola sala, posta alla sinistra dell’ottagono d’ingresso alla galleria centrale del Prado, l’architetto Francisco Boccanera ha ricreato la cappella romana con forme contemporanee. Si tratta di un ingegnoso ed elegante montaggio architettonico che rispetta la scala e lo spirito dello spazio originale, per permettere di contemplare i sette frammenti del Prado così come erano disposti all’inizio del Seicento nella chiesa romana, simbolo del potere della monarchia spagnola. Il ciclo di affreschi, incaricato dal banchiere di Palencia Juan Enríquez Herrera, narra i miracoli di San Diego di Alcalá, che si dice avesse curato il figlio del committente. “La visione dal basso non solo è un’esperienza suggestiva e insolita in un museo”, spiega David García Cueto, capo conservatore della collezione di pittura barocca italiana e francese del Prado, “ma ha permesso di presentare gli affreschi del Carracci, a forma di trapezi e di ovali, rispettando la narrazione iconografica originale”.
Per rendere più realistico il montaggio, inoltre, il museo ha inserito un facsimile in bianco e nero, al posto dell’ovale mancante in un pennacchio della cupola, e una copia fotografica ad alta risoluzione dell’affresco originale di Dio Padre Benedicente (oggi al Mnac di Barcellona) nell’oculo, specificando che si tratta di un fake nella cartella della sala.
Capolavori del barocco italiano in dialogo con gli affreschi
L’interesse della nuova installazione non si limita, però, in ciò che si osserva alzando gli occhi al soffitto. Alle pareti della sala 4 sono appesi dipinti del barocco italiano, in dialogo con gli affreschi del Carracci: meravigliose tele, scintillanti di colori e peraltro molto ben illuminate, di protagonisti del Seicento bolognese. Come l’allievo Francesco Albani, che probabilmente completò i lavori della Cappella Herrera per la malattia del maestro; il fratello maggiore Ludovico, ma soprattutto Domenichino e il grande Guido Reni. Di quest’ultimo, da segnalare la presenza dei due capolavori di piccolo formato su rame, dedicati a Santa Apollonia. E, nel corridoio di fronte alla cappella, di Reni si possono ammirare la Vergine della Sedia, fiancheggiata dai santi Pietro e Paolo, nella stessa disposizione che Velázquez volle per un altare all’Escorial.

La galleria centrale del Prado dipinta di blu cobalto
Ha un fondamento storico e artistico anche il rinnovamento cromatico della galleria centrale dell’edificio del Villanueva, dopo il ritorno in sala dei grandi teleri di Veronese e Tintoretto, spostati al piano terra per l’esposizione temporanea dell’estate scorsa. La scelta del blu-grigio cobalto alle pareti non solo mette in risalto magnificamente i capolavori della pittura italiana e fiamminga del Cinque e Seicento, ma è un colore della tradizione pittorica europea, usato da Tiziano e El Greco, Velázquez e Murillo. Nella galleria centrale si segnala anche la recente introduzione delle statue bronzee di Pompeo e Leone Leoni, raffiguranti l’imperatore Carlo V e Isabella del Portogallo, che offrono interessanti confronti visivi con i ritratti pittorici esposti alle pareti. Il Museo del Prado conferma così la propria apertura all’innovazione, integrando da tempo nel percorso espositivo della pinacoteca dialoghi stimolanti tra arti decorative e plastiche.
Federica Lonati
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