Giacomo Balla e Piero Dorazio: un dialogo sulla luce in mostra a Lugano

Alla Collezione Olgiati in scena un confronto tra due grandi del Novecento. Per un collegamento inaspettato ma esatto tra Avanguardie storiche e Neoavanguardie

Quella che pone a confronto Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958) e Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005) è probabilmente la mostra più ambiziosa tra quelle realizzate alla Collezione Olgiati. E il risultato non delude le aspettative: due grandi del Novecento a confronto diretto, entrambi colti in un momento specifico del loro percorso, realizzando un collegamento tra Avanguardie storiche e Neoavanguardie inaspettato ma esatto. 
L’allestimento progettato niente meno che da Mario Botta, poi, accentua l’idea di partenza, funzionando come un amplificatore che avvicina il visitatore, anche fisicamente, alla dinamica interna delle opere e alle consonanze tra le poetiche dei due artisti.
Lo spunto di partenza è di Danna Olgiati, che ha poi affidato lo sviluppo e la curatela del progetto a Gabriella Belli (la quale ritrova Botta dopo l’avventura comune del Mart). Al di là dell’impatto finale, va sottolineato come la mostra sia di taglio scientifico, con un’ipotesi di partenza, un conseguente studio e una tesi finale presentata al visitatore. 

La mostra su Giacomo Balla e Piero Dorazio a Lugano

Una tesi dimostrata più che semplicemente presentata, come sottolinea Gabriella Belli: “l’accostamento tra Balla e Dorazio non è basato sul puro visibilismo, sulla somiglianza visiva delle opere; l’interesse e l’ammirazione di Dorazio per Balla, a decenni di distanza, sono documentati”.
Il Balla presentato in mostra è quello del 1912, dunque: il che significa Compenetrazioni iridescenti, ciclo oggi proverbiale ma per molti anni rimasto poco conosciuto e sottostimato. La scomposizione della luce come elemento in sé, puro e assoluto (ma non idealizzato) genera in queste opere geometrie totali, per quanto apparentemente sommesse. Dorazio è invece quello di fine anni Cinquanta – inizio Sessanta, quando mette a punto la sua poetica fatta di sovrapposizioni infinite, allo stesso tempo leggerissime e concrete, a tratti materiche. 

Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce, installation view at Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, 2023. Photo © Studio Fotografico Enrico Cano Sagl
Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce, installation view at Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano, 2023. Photo © Studio Fotografico Enrico Cano Sagl

La luce nelle opere di Balla e Dorazio

Il trait d’union è appunto la luce, affrontata a distanza di decenni in modi diversi ma affini e, in un certo senso, complementari. Una riflessione sulla luce che, come sottolinea la curatrice, “non rappresenta una ricerca del vero, come accadeva fino all’Ottocento, ma una ricerca della verità”. 
Nel dispositivo allestito da Botta i primordi, da subito compiuti, dell’astrazione assoluta – le Compenetrazioni di Balla – dialogano con un’idea di astrazione già mediata – i dipinti di Dorazio. Mediata e per forza di cose controversa, perché cerca di affermare la sua legittimità prescindendo dalle dispute che ancora la vedono, in pieno Novecento, contrapposta alla figura. 
In entrambi i casi, la forma diventa tutt’altro che esercizio di stile ma piuttosto complemento della realtà, suo commento e sua trasfigurazione aumentata. 

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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