La pittura di Noè Bordignon in Veneto. Una mostra a tappe

Due sedi espositive e tre itinerari: la riscoperta di Noè Bordignon coinvolge un intero territorio da percorrere tra le dolci colline trevigiane e bassanesi, spingendosi fino a un’isola veneziana.

Almeno 1.500 metri quadrati su almeno 37 edifici, distribuiti in almeno 22 località. Questi i numeri – anticipati da tanti “almeno” che lasciano subito intuire come gli studi siano ancora in corso – della produzione ad affresco di Noè Bordignon, un’abilità sviluppata all’Accademia di Venezia grazie agli insegnamenti di Carl Blaas. All’artista, nato a Castelfranco Veneto nel 1841, ora è stata dedicata una mostra suddivisa in due sedi, nonché tre diversi itinerari che fanno tappa negli edifici dove si osservano le opere di Bordignon frescante. E non mancano le sorprese, in quel contesto che il pittore scelse come luogo di vita e di lavoro dopo essersi allontanato da Venezia, profondamente deluso dai tanti rifiuti ricevuti dalla Biennale, alla quale non riuscì mai a partecipare nonostante prestigiosi riconoscimenti ottenuti all’estero, come la medaglia d’oro all’Expo di Liverpool del 1886.

Noè Bordignon, Compatrioti di Canova, 1882, olio su tela, 85 x 113 cm. Vicenza, Collezione privata

Noè Bordignon, Compatrioti di Canova, 1882, olio su tela, 85 x 113 cm. Vicenza, Collezione privata

LE OPERE DI BORDIGNON

La prima tappa si trova a poca distanza dal circuito delle mura medievali di Castelfranco Veneto. Sulla facciata esterna di una casa privata, quella acquistata nel 1897 da Bordignon dopo aver lasciato la Serenissima, è visibile una rara scena sacra: la scelta ricaduta sul poco noto episodio biblico della figlia di Jefte non è casuale e rappresenta un pietoso omaggio alla figlia, morta poco tempo prima. Gli affreschi ‒ una sorta di “biglietto da visita” del pittore ‒sono peraltro appena stati restaurati dall’attuale proprietario della dimora, che li mostra orgoglioso.
Ma è nelle commissioni religiose che la felice mano di Noè Bordignon raggiunge esiti grandiosi e inaspettati. Il suo spirito profondamente cristiano gli permise di interpretare episodi sacri e le figure di santi con sensibilità, trovando margini di libertà espressiva pur all’interno delle richieste della committenza. Lo dimostra la seconda tappa, la chiesa di San Zenone degli Ezzelini sul cui abside campeggia un grandioso, michelangiolesco Giudizio Universale. Si conservano – e in mostra se ne espongono alcuni – anche gli schizzi per varie figure, ma dell’affresco colpisce da un lato il legame con il modello visto in Vaticano ben prima degli ultimi restauri, come rivela la scelta di colori più cupi degli attuali, e dall’altro quello con il territorio e le sue genti, che si manifesta nei tanti ritratti dei cittadini di San Zenone e dintorni che fanno capolino tra beati e dannati. Nella chiesa meritano uno sguardo anche il soffitto con l’Assunta, un’opera assai giovanile di Bordignon, e le lunette con gli Apostoli.

Noè Bordignon, Assunta, 1870, San Zenone degli Ezzelini, chiesa parrocchiale di San Zenone

Noè Bordignon, Assunta, 1870, San Zenone degli Ezzelini, chiesa parrocchiale di San Zenone

GLI ALTRI ITINERARI NEL SEGNO DI BORDIGNON

Alla valorizzazione degli itinerari hanno contribuito undici comuni del trevigiano e del vicentino, che sulla mappa sono racchiusi nel triangolo tra Castelfranco, Bassano del Grappa e l’Asolano. L’arco cronologico si sviluppa tra gli Anni Settanta dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento, quando il linguaggio di Bordignon si fa più riservato, attento a instaurare un dialogo con i fedeli. Tra i luoghi da non perdere, il santuario della Madonna del Monte poco sopra al Castello degli Ezzelini, con ben nove affreschi; la chiesa di Santa Fosca di Altivole, con una luminosa Assunzione di Maria del 1910, e poi Monfumo, San Zeno di Cassola, Cartigliano che già sconfina nella provincia di Vicenza, come Bassano. Chi ancor non si accontenta, può raggiungere l’isola degli Armeni nella laguna di Venezia: Bordignon ebbe rapporti molto stretti con la comunità di monaci armeni, decorò la chiesa di San Lazzaro e dipinse alcuni ritratti di monaci come quello di Padre Ghevont Alishan, forse il più intenso ritratto della sua pur vasta produzione.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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