Milano celebra Antonio Canova. Con due mostre

Enciclopedica rassegna alle Gallerie d'Italia, per un confronto tra i due autori neoclassici. E alla Gam un focus sulla fase più idealizzante di Canova.

Il confronto tra Antonio Canova (Possagno, 1757 ‒ Venezia, 1822) e Bertel Thorvaldsen (Copenhagen, 1770-1844) proposto dalle Gallerie d’Italia è una mostra di esaustiva ampiezza, con 160 opere in diciassette sezioni. Ma presenta una struttura decisamente analitica. Confrontare due posizioni interne al Neoclassicismo consente di rilevare la costante oscillazione tra due poli: fedeltà e innovazione rispetto alla scultura classica, idealismo e “positivismo”, realismo e astrazione – nel senso più ampio possibile.
L’esordio nel salone centrale delle Gallerie d’Italia è mozzafiato. Vengono esposte fianco a fianco (per la prima volta) le Tre grazie di Canova dell’Hermitage e le Grazie con cupido di Thorvaldsen.
Subito si evidenziano le differenze tra i due autori, che si ritrovano nelle molte altre loro opere esposte. Canova punta sulla sensualità, su una postura morbida e fusionale; Thorvaldsen tende alla “purezza”, a una postura composta e altera, a una geometria che rimane lineare anche quando si ingaggia nella danza della morbidezza.

CANOVA E THORDVALSEN A CONFRONTO

Più compatto il nordico Thordvalsen, dunque, più arioso il mediterraneo Canova, entrambi sensuali in diverso modo, i due artisti non vengono però collocati secondo facili polarizzazioni – le due posizioni sono mitigate in mille sfumature intermedie. Intelligentemente, viene ricostruito il contesto con opere di altri autori. E si susseguono numerose sezioni analitiche: gli studi di entrambi a Roma; soggetti come Amore e Psiche, Ganimede, Ebe, Napoleone, tra i tanti; la fama di Canova e Thorvaldsen testimoniata dai numerosi ritratti a loro dedicati (e la costruzione del “personaggio” che va di pari passo alla carriera artistica, tratto decisamente moderno); l’utilizzo “popolare” delle loro opere in stampe e riproduzioni. E poi l’influenza del Romanticismo, spunto particolarmente interessante perché rimescola le carte rispetto alle idee preconcette sul Neoclassicismo.

Bertel Thorvaldsen, Amore e Psiche, 1861 (eseguito da Georg Christian Freund con la supervisione di H.W. Bissen dal gesso originale), marmo, 135 x 66,6 x 42,7 cm. Copenaghen, Thorvaldsens Museum

Bertel Thorvaldsen, Amore e Psiche, 1861 (eseguito da Georg Christian Freund con la supervisione di H.W. Bissen dal gesso originale), marmo, 135 x 66,6 x 42,7 cm. Copenaghen, Thorvaldsens Museum

LE TESTE IDEALI ALLA GAM

Alla rassegna delle Gallerie d’Italia, la Galleria d’Arte Moderna risponde con una mostra ricca di capolavori e rarità che si focalizza su un singolo aspetto di Canova, le Teste ideali. Si tratta della fase forse più idealizzante di Canova, una ricerca del volto “perfetto” e universale che non si basa su persone reali ma non rinuncia a un impatto emotivo e “realistico”.  Se poco prima un autore come Messerchhmidt con le sue Teste di carattere aveva cercato l’universalità nella caratterizzazione “empirica” dei sentimenti, Canova cerca l’universale nella semplificazione e nell’astrazione: nella perfezione formale che rappresenti “definitivamente” l’umano. Bello il confronto in mostra con opere altrui, da Wildt a Giulio Paolini.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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