Romantici a Milano

Alle Gallerie d'Italia, con appendice al Poldi Pezzoli, un'esaustiva rassegna delle diramazioni del Romanticismo nel nostro Paese. Dove si scopre che gli spunti di attualità prevalgono sui reperti del passato. Da Hayez a Molteni, da Caffi a Induno, con "ospiti" Friedrich e Corot.

Per molto tempo si è guardato al Romanticismo come a un reperto del passato. Ora, al contrario, sulle caratteristiche evidentemente superate sembrano prevalere quelle che contengono in nuce sviluppi successivi. Al di là degli slanci vitalistici (che hanno generato l’accezione comune attribuita al termine romantico), la trasformazione dell’individualismo verso una definitiva emancipazione del soggetto ha una validità che è per certi versi considerabile un punto inaugurale anche per l’arte contemporanea.
Con la consueta ricchezza e rigore scientifico, la mostra alle Gallerie d’Italia (con appendice al Poldi Pezzoli) svolge con dovizia di particolari una lettura del movimento artistico che si concentra su ciò che avvenne in Italia, anche se non manca una contestualizzazione rispetto alla scena internazionale. La successione ininterrotta di stimoli visivi innegabilmente suggestivi immerge mente e corpo del visitatore negli spunti filosofici propri del Romanticismo, consentendogli appunto di separare gli spunti d’attualità dai tratti che rimangono nell’esperienza storica.

SUBLIME E VEROSIMILE

L’apertura con un gruppo di sculture (di Bartolini, Vela, Tenerani, Puttinati…) distribuite nell’atrio delle Gallerie è un preludio d’eccezione. Ecco poi le opere di Friedrich, in prestito dall’Hermitage e dal Belvedere, sul tema della finestra come specchio dell’individualità che osserva il mondo. E dopo questo metro di paragone eccellente parte il vero e proprio percorso nel Romanticismo italiano. Con i paesaggi di De Gubernatis e Bagetti, per esempio, ripresi dal vero e poi ritoccati in studio con atteggiamento wordsworthiano.
Il campionario di soggetti inerenti al concetto di sublime prosegue con l’acme archetipico dei paesaggi montani, fino alla “personificazione” della natura nelle opere di Basiletti e Cozzi, posti a confronto con Corot. E poi il tema della notte con Caffi e Bagetti, i rapporti tra verosimile, veritiero e immaginifico con i lavori di Induno e del Piccio, la sensibilità romantica trasferita su un soggetto intrinsecamente “controverso” come le vedute urbane (tra gli autori, Migliara e Inganni).

Lancelot Théodore Turpin de Crisse, Rocce sul mare con centauri, 1836. Venezia, Gallerie dell’Accademia

Lancelot Théodore Turpin de Crisse, Rocce sul mare con centauri, 1836. Venezia, Gallerie dell’Accademia

OLTRE LA PITTURA DI GENERE

Le scuole regionali, così importanti per la pittura ottocentesca, sono anche lo spunto per affrontare gli artisti stranieri che operarono nel nostro Paese. E proprio in quest’ambito si sviluppa una caratteristica rivoluzionaria della pittura di quel secolo, ovvero l’attenzione agli emarginati, a personaggi che, visti oggi, possono sembrare vernacolari ma che furono affrontati con piglio sociale se non socialisteggiante.
La sezione sul ritratto vede come protagonisti assoluti Hayez e Molteni, mentre quella sul nudo dimostra come la parziale, peculiare idealizzazione del corpo femminile sfociasse in una sensualità marcata e ardita. E non mancano naturalmente approfondimenti sulla pittura di storia e su quella sacra ‒ con la pittura “di genere” che raggiunge esiti assoluti e perciò si affranca da se stessa, oltreché dalla tradizione.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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