A New York tre artisti simbolo degli Stati Uniti nelle tre gallerie di Gagosian
Richard Diebenkorn, Jeff Koons e Richard Prince sono i protagonisti di tre mostre nelle gallerie newyorkesi di Larry Gagosian. Tra riferimenti alla società statunitense contemporanea, richiami alla storia dell’arte moderna e opere sorprendenti
Quante sono le gallerie dell’impero di Larry Gagosian? Una ventina sparse su tre continenti. Solo a New York sono cinque, di cui due nella medesima strada, sullo stesso marciapiede a poche decine di metri l’una dall’atra. Al 555 West 24th è in corso la sorprendente mostra Richard Prince: Folk Songs in New York. Attingendo a immagini dei mass media dalla fine degli anni ’70, Richard Prince (Zona del Canale di Panama, 1949) ha ridefinito i concetti di autorialità, proprietà e aura. Acuto cronista delle sottoculture e del loro ruolo nella costruzione dell’identità americana, Prince è divenuto celebre per le sue esplorazioni della profondità del razzismo e del sessismo. Ha ironizzato sullo status mitico dei cowboy, dei motociclisti, delle automobili personalizzate; più di recente sul fascino della narrativa pulp e del soft porn, producendo icone improbabili come gli ambitissimi dipinti della serie Nurse.

La sorprendente mostra di Richard Prince da Gagosian
Qui, però, non c’è niente di tutto questo: piuttosto dipinti, disegni e collage, realizzati a mano tra il 2018 e il 2023. Ritraggono denti sporgenti e labbra sfregiate che esalano nuvole di fumo fluttuanti sopra case diroccate, campi di fiori esagerati ed erbacce del Monte Rushmore. Niente ritocco in digitale, nessuno stile di vita premium. Ci sono sei motori fuoribordo recuperati da qualche parte, una scala a pioli macchiata di vernice, pneumatici giganti cuciti insieme, un pezzo di una chitarra Fender personalizzata incastrata in uno stivale appeso con lacci scordati accanto a un silenzioso barattolo di lucido da scarpe. Infine, parecchi tronchi d’albero rosicchiati da castori survivalisti costruttori di dighe. Se Prince è diventato famoso nel secolo scorso per le sue serie Americana, queste opere non sono da meno: sono altrettanto intonate con un’America che nel frattempo è decisamente cambiata.

Jeff Koons in mostra da Gagosian
Al 541 West 24th è arrivata la clamorosa Jeff Koons. Porcelain series del più americano tra gli artisti americani. Jeff Koons (York, Penssylvania, 1955) è una presenza ingombrante del nostro contemporaneo: artista di enorme successo altrettanto enormemente discusso e criticato. Quello che sorprende in questa esposizione sono le tecniche di realizzazione adottate. Sette sculture di grandi dimensioni sono qui accoppiate con sette grandi dipinti a olio. Le prime, ispirate alle statuine di porcellana del XVIII, XIX e inizio XX secolo, realizzate in acciaio inossidabile lucidato a specchio, rivestito da strati di colore trasparente: collocato a volte maliziosamente, quest’ultimo è utilizzato per amplificare l’effetto kitsch caratteristico di molta produzione di Koons.
La “Porcelain series” di Jeff Koons
La serie presenta personaggi della mitologia classica come Diana e Venere; animali (una volpe, un cervo attaccato da un segugio) e abbracci in abiti rococò. Ogni manufatto è il risultato di un meticoloso processo di acquisizione e rifinitura digitale, ingegneria meccanica, fresatura, stampa laser, pittura e lucidatura. Altrettanto meticoloso appare il processo di produzione dei dipinti a olio. Il primo strato è un elemento paesaggistico: un’onda dell’oceano, nuvole, una foresta. Il successivo consiste in una foglia di alluminio incollato che riproduce immagini di stampe rinascimentali o barocche: Satiro che frusta una ninfa (c. 1590–95) e Ninfa, putto e un piccolo satiro (c. 1590–95) di Agostino Carracci; Il giudizio di Paride di Marcantonio Raimondi (c. 1513–15, da Raffaello) e Nettuno e Caenis (1580) di Johann Sadeler. Infine, arrivano ampie pennellate dinamiche per sottolineare la profondità tanto sensuale che concettuale dell’opera. Utilizzando paradigmi che spaziano dal quotidiano all’antico, dal sublime al kitsch, quelle di Koons sono icone lussuose che non mancheranno di trovare mercato.

Richard Diebenkorn è il più europeo tra gli americani di Gagosian
Al 980 di Madison Avenue, invece, si trova la personale dedicata a Richard Diebenkorn (Portland, Oregon, 1922 – Berkeley, Californa, 1993), il più europeo tra le stelle americane della scuderia di Gagosian. Curata dall’inglese Jasper Sharp, la mostra presenta sei decenni di opere su carta: dipinti e disegni realizzati con inchiostro, grafite, carboncino, collage, guazzo, olio e acrilico. Le opere esposte includono una sorprendente gamma di esempi, tra cui un acquerello del 1943 che riflette l’influenza di Edward Hopper e Paul Cézanne, dipinti degli anni dell’Espressionismo Astratto e una tela monumentale di nudi del 1960, che esemplifica il suo lungo dialogare con Henri Matisse. Diebenkorn ha iniziato come espressionista astratto, ha poi sviluppato un approccio unico alla figurazione a metà degli anni ’50, tornando all’astrazione nel decennio successivo. L’alternanza tra astrazione e figurazione è del resto stato un aspetto essenziale del suo successo. L’esposizione sottolinea la straordinaria abilità dell’artista nell’uso di media diversi e la sua padronanza delle dimensioni. L’ampiezza della sua opera rivela la sua vigorosa sperimentazione di forme e soggetti: si vede un guazzo del 1988/91 in cui massimizza la semplicità del tratto rettilineo di un pennello piatto su una superficie cremosa, come anche un’opera verticale realizzata in tarda età in cui il carboncino viene usato per sovrapporre linee ispirate al fogliame su una griglia modificata.
Aldo Premoli
(Grazie all'affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati