La più grande mostra di Tracey Emin mai fatta è in arrivo alla Tate Modern di Londra

In primavera aprirà al pubblico la più grande antologica di sempre dell'artista inglese, celebrandone il rivoluzionario lavoro nell'arco di 40 anni con opere storiche e inedite

È una mostra dalla portata storica quella in arrivo alla Tate Modern nella primavera del 2026 e dedicata alla grande artista Tracey Emin (Margate, 1963). L’ambiziosa antologica A Second Life ripercorre 40 anni della pratica innovativa della dame inglese, presentando pezzi che ne hanno segnato la carriera – uno tra tutti, l’installazione My Bed – fino a opere mai esposte prima. Concepita in stretta collaborazione con l’artista, universalmente considerata tra più importanti della sua generazione, la mostra riunirà oltre 90 opere tra dipinti, video, tessuti, neon, sculture e installazioni, esplorando l’approccio rivoluzionario e senza compromessi di Emin alla condivisione di esperienze di crescita personale.

Tracey Emin alla Tate Modern di Londra

Il percorso si apre introducendo i visitatori alla voce di Emin e al suo approccio “confessionale” alla narrazione: qui sono esposti i pezzi della sua prima personale, My Major Retrospective (White Cube, 1982-93), che consistono in una serie di minuscole fotografie dei suoi dipinti scolastici distrutti dopo un periodo difficile; ci sono poi Tracey Emin CV (1995), una narrazione in prima persona della sua vita, e il famoso video Why I Never Became A Dancer (1995), in cui l’artista spiega alcuni eventi traumatici della sua adolescenza nella nativa Margate.

Tracey Emin e il rapporto con Margate

Il legame di Emin con la cittadina costiera è dopotutto uno dei fili conduttori di tutta la sua pratica artistica: lasciatala 15 anni, l’artista vi fece ritorno a intermittenza, trasferendosi a Londra nel 1987 per studiare al Royal College of Art. Tornata a Margate per assistere la madre sul letto di morte e dopo la guarigione dal cancro, Emin vi si è ristabilita in modo permanente fondando la scuola d’arte gratuita Tracey Emin Artist Residency. Tra le opere che affrontano questo rapporto che saranno esposte alla Tate Modern ci saranno Mad Tracey From Margate: Everybody’s Been There (1997) – con frasi, lettere e disegni molto personali cuciti a mano -, e le montagne russe di legno It’s Not the Way I Want to Die (2005) ispirate al parco divertimenti della cittadina, Dreamland.

Tracey Emin e il trauma

Come è noto, gli altri temi conduttori dell’opera di Emin sono i traumi e dolori personali, e molto ricorrente è l’esperienza della violenza sessuale: in mostra ne parleranno il neon I could have Loved my Innocence (2007) e il tessuto ricamato Is This a Joke (2009). Nell’opera video How It Feels del 1996 Emin racconta anche di un aborto traumatico, spiegando sia la negligenza delle istituzioni sia le implicazioni fisiche, psicologiche e sociali del rifiuto della maternità. Sarà esposta al pubblico per la prima volta la trapunta The Last of the Gold del 2002, con i “consigli dalla A alla Z dell’aborto” per donne che si trovino in una situazione simile. L’aborto è stato determinante anche nel suo rapporto con la pittura, portandola a non dipingere per diversi anni: è una storia di riavvicinamento la grande installazione Exorcism of the Last Painting I Ever Made (1996), che documenta il periodo di tre settimane in cui Emin si è chiusa in una galleria di Stoccolma per tornare a dipingere. Insieme a quest’opera è esposta l’iconica installazione My Bed (1998), forse la più famosa di Emin (anche perché candidata al Turner Prize), che documenta la sua guarigione da un crollo nervoso causato dall’alcol.

Le nuove opere in mostra alla Tate Modern

Concludono il percorso le opere più recenti, come la scultura in bronzo Ascension (2024) – che esplora il nuovo rapporto dell’artista con il suo corpo dopo i grossi interventi chirurgici per il cancro alla vescica -, accompagnata da fotogrammi tratti da un nuovo documentario, presentato in anteprima alla Tate Modern, che mostra la stomia con cui ora convive. La mostra culmina con l’artista che esplora la sua “seconda vita” dopo la rinascita, tra la scultura Death Mask (2002) e il monumentale bronzo I Followed You Until The End (2023).

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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