A Firenze lo spazio che propone lo slow looking, Un nuovo modo di guardare l’arte
L’arte non come intrattenimento ma come pratica cognitiva che, attraverso una visione lenta e ragionata stimola la coscienza, questa la mission di Sam Keil, fondatore di Keil il primo spazio al mondo dedicato all’Arte Avanzata

In un mondo in cui la velocità di interconnessione ci pone ogni giorno davanti a una nuova scena drammatica, in cui sembra di assistere a una grande serie TV con continui colpi di scena tra guerre e instabilità. Dove conosciamo il mondo attraverso video, dove alto e basso si incrociano in soluzioni grottesche in bilico tra intrattenimento, informazione e impegno politico.
L’arte, l’arte del nostro tempo, deve necessariamente diventare uno spazio di resistenza. Una “slow art” che deve superare, da una parte, la dittatura della comunicazione digitale continua e dall’altra la partecipazione esasperata ad opening ed eventi caotici. Solo gli artisti o coloro che hanno uno sguardo visionario e resistente possono fermare la giostra veloce in cui siamo immersi e indicarci un sentiero che ci possa portare fuori dal “Luna Park”, proprio in quel piccolo bosco dietro le giostre e le roulotte. O ancora in un prato in Irlanda all’imbrunire, a picco su una costiera, dove c’è sicuramente più arte che in qualsiasi museo. Ma solo un’artista ci può portare lì, facendoci finalmente aprire a uno spazio di “semina” lontano dai soliti luoghi di “raccolta” esasperata a cui ci ha abituato il sistema dell’arte negli ultimi anni.
Keil Space, lo spazio a Firenze che dissolve la linearità del tempo
Immaginate di entrare in un ambiente dove la linearità del tempo si dissolve, mentre fuori tutto corre tra scadenze e stimoli incessanti. In questo spazio liminale il tempo si distende e ogni istante invita a osservare con calma, ad abitare pienamente il presente. Un esempio perfetto di questa “slow art”, di un necessario “slow looking”, è certamente Keil Space per l’Arte Avanzata e le sue Applicazioni a Firenze. In questo spazio, il primo al mondo interamente dedicato all’Arte Avanzata e le sue Applicazioni del XXI Secolo, creato dall’artista Sam Keil il tempo si dilata e le liturgie caotiche del museo convenzionale si ribaltano per concentrarsi sull’esperienza del singolo spettatore. Il tempo si dilata, diventa interiore e soggettivo, permettendo uno sguardo lento e contemplativo. L’arte di Sam Keil non è solo oggetto estetico, ma strumento per rallentare, trasformare la percezione e favorire lo sviluppo di un pensiero più profondo ed elevato. Non subisce il ritmo frenetico della vita quotidiana, ma si nutre di silenzio, attenzione e intensità percettiva. Osservando lentamente le sue creazioni, con apertura e disponibilità, l’osservatore entra in una condizione cognitiva inedita.
L’arte come pratica cognitiva a Keil Space a Firenze
In Keil Space, l’arte non aspira a intrattenere: è una pratica cognitiva che stimola una coscienza al contempo immediata e riflessiva, guidando il pensiero verso ciò che ha valore in senso autentico. Lo spazio interrompe il flusso distratto con cui percepiamo normalmente il mondo, invitando a sospendere le risposte automatiche e a osservare con attenzione. In questo modo vengono favorite connessioni significative con gli altri e con l’ambiente circostante, stimolando una ricerca di senso che supera il personale e si apre all’universale. Si ha la netta sensazione di sprofondare dentro se stessi ma anche dentro l’altro, dentro una comunità di cui si fa parte. L’individuo, lo spettatore, non è più schiacciato, alienato dalla visita stressante di mostre, fiere e biennali, ma ritrovando se stesso ritrova anche gli altri.
Gli effetti benefici di una visione slow dell’arte
Questa funzione pedagogica ed epistemologica trova riscontro negli studi di psicologia dell’arte e di neuroestetica. Recenti ricerche, come quelle della psicologa Simone Schnall, dimostrano che la contemplazione estetica può favorire atteggiamenti etici, empatia e apertura verso il bene comune. Questi effetti possono essere osservati concretamente all’interno di Keil Space, e lo confermano le analisi qualitative condotte da QDAS, azienda inglese, leader nel campo della ricerca dei dati qualitativi che ha lavorato con alcune tra le più prestigiose università del mondo, specie in Inghilterra e in America, oltre ad essersi occupata di analisi dati per importanti realtà come la World Health Organization sulle impressioni di oltre 750 persone dagli 8 agli oltre 85 anni che hanno varcato individualmente la sua soglia. Il centro rappresenta così una piattaforma ideale anche per le indagini di neuroestetica, dal momento che le collezioni qui custodite, grazie alla loro costruzione percettiva, guidano l’osservatore verso la formazione e lo sviluppo di un pensiero elevato, capace di essere al contempo riflessivo, creativo-immaginativo ed etico.





Sam Keil fautore di una “Slow art” per trasmettere messaggi etici
La pratica di Sam Keil non è solo estetica, ma veicolo di messaggi etici. Come sostiene Wittgenstein, etica ed estetica “sono uno”(1): due dimensioni inseparabili, orientate a ciò che ha valore in sé. Per stimolare il pensiero “elevato” è necessaria una qualità percettiva particolare: uno sguardo lento. Una “slow art” appunto. Keil Space è concepito proprio per favorire questo approccio. Luci morbide, suoni immersivi e profumi evocativi creano un paesaggio sensoriale che invita alla quiete e alla concentrazione. L’osservatore viene accolto ma non condizionato: non ci sono didascalie prescrittive, solo una guida discreta che accompagna. Diventa così possibile anche quella che viene definita “sinestesia contemplativa”: un processo che attraversa più livelli, dai significati pre-verbali alle dimensioni somatiche, fino a una nuova formulazione del pensiero, orientata alla scoperta e alla riflessione profonda. Fondamentale in questo percorso è la distanza tra osservatore e creazione artistica. Una distanza che altrove, nei grandi musei-contenitore, viene riempita dalla velocità, dal rumore e dalla distrazione; mentre in Keil Space diventa principio cardine: rispetto per il visitatore, che non è un numero in coda ma protagonista assoluto di un dialogo intimo con l’arte. Una distanza fisica che, come ben sosteneva Bullough (3), non è mero vuoto, ma uno scarto fecondo dove il nostro pensiero giunge a una forma di astrazione che fa emergere elementi latenti del nostro bagaglio cognitivo, riorganizzando configurazioni di senso nuove.
Luca Rossi
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(1) Proposizione 6.421 in Wittgenstein, L. (2022), Tractatus Logico-Philosophicusin (a cura di Frascolla P. e Perissinotto L.), Milano, Feltrinelli (opera originale 1921)
(2) Bullough, E. (1912), Psychical Distance’ as a Factor in Art and as an Aesthetic Principle, in “British Journal of Psychology”, 5, pp. 87-117
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