Dentro l’atelier di Georgina Gratrix: la mostra a Milano tra pittura e (quasi) scultura
Mette in scena la quotidianità attraverso una serie di opere inedite l’artista nata a Città del Messico, in occasione della sua seconda uscita in Italia presentata presso la Galleria Monica De Cardenas

Sono oggetti ordinari i protagonisti della pittura di Georgina Gratrix (Città del Messico, 1982) che si mescolano e interagiscono con fiori e animali, soprattutto uccelli, in forme così stratificate che il pigmento stesso arriva quasi a diventare scultura. I suoi quadri, di piccole e grandi dimensioni, presentati in occasione di Notes from the Studio presso la Galleria Monica De Cardenas a Milano fino al 30 luglio 2025, non sono altro che una meditazione continua sulla pittura e gli strumenti della disciplina.













La mostra dell’artista Georgina Gratrix da Monica De Cardenas a Milano
Infatti, pennelli, brocche, vasi e tavole, collocati in interni domestici, a volte appartenenti alla realtà dell’artista, altre alla sua fantasiosa rielaborazione, sono come amplificatori di un cliché, che “esplode” proprio come i colori sgargianti utilizzati, portando a riflettere tra eccesso formale e aspettative disattese sui codici della rappresentazione.
Georgina Gratrix: “Intendere la pittura come corpo vivo”
“Ciò che forse colpisce con maggiore intensità nella sua pratica è il suo modo di intendere la pittura non solo come mezzo espressivo, ma come un corpo vivo, pulsante, uno spazio fisico e mentale in cui le immagini prendono forma e peso. La superficie della tela diventa terreno di fusione, dove la materia si accumula fino a generare un effetto scultoreo, accentuando la densità tattile e la forza visiva delle sue composizioni. Le opere in mostra sembrano voler rappresentare così un esercizio di libertà, un gesto di intensità capace di sovvertire i generi e rendere visibile, con ironia, l’ambivalenza”, scrive Micola Clara Brambilla sulla mostra.

Georgina Gratrix e il rapporto con la storia dell’arte
L’arte di Gratrix, dunque, è volutamente eccentrica, in equilibrio tra attrazione e repulsione, proprio come alcuni oggetti kitsch che si ritrovano all’interno dei lavori presenti in mostra. Non si tratta, tuttavia, di una semplice provocazione visiva. Dietro ogni dipinto si schiude un profondo dialogo con la storia della pittura del Novecento, in particolare sudafricana, da Irma Stern a Penny Siopis e Robert Hodgins, ma anche Henri Matisse: “All painting is a conversation with the history of painting”, afferma l’artista.
Caterina Angelucci
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