La mostra di Yto Barrada a Torino indaga il delicato rapporto tra cultura e natura

Alla Fondazione Merz di Torino un'occasione unica per scoprire il lavoro di una delle artiste contemporanee più significative della scena internazionale, la cui ricerca attraversa temi come l'identità, la memoria, la geopolitica e la relazione tra l'individuo e il suo ambiente sociopolitico

La Fondazione Merz presenta DEADHEAD, il nuovo progetto espositivo di Yto Barrada (Parigi, 1971) a cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi e realizzata in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino. L’artista franco-marocchina, vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize, invita i visitatori a riflettere sul rapporto tra natura e cultura, ponendo l’accento sull’ innata capacità delle piante di essere immagine di resistenza e identità. 

La mostra di Yto Barrada a Torino

Nota per la sua pratica multidisciplinare che spazia tra fotografia, video, scultura e installazione, Barrada esplora questioni legate alla storia coloniale, alla crisi ambientale e alle trasformazioni sociali e politiche. La sua opera non si limita a rappresentare, ma invita lo spettatore a riflettere su come percepiamo e interpretiamo il mondo che ci circonda. “Deadhead“, il titolo della mostra, è un concetto che richiama alla memoria l’immagine del recidere il fiore secco perché la pianta possa generare del nuovo, il sottrarre come possibilità di rinascita, partendo da sé stessi al fine di generare nuove energie ritornando all’essenziale.

Yto Barrada, Deadhead, 2025. Installation view a Fondazione Merz, Torino. Photo A. Guermani
Yto Barrada, Deadhead, 2025. Installation view a Fondazione Merz, Torino. Photo A. Guermani

Le opere di Yto Barrada a Fondazione Merz

Lo spazio permette all’osservatore di muoversi tra alcuni dei lavori più significativi dell’artista contemporanea: sculture, film, installazioni, tessuti e stampe, molte delle quali ideate appositamente per l’occasione.  Afferma Yto Barrada di aver tratto ispirazione dal libro Color Problems: A Practical Manual for the Lay Student of Color della collezionista, filantropa e artista Emily Noyes Vanderpoel (1842-1939), un manuale pensato per formare sull’uso e l’accostamento dei colori rivolto a sarte, le decoratrici e le fioriste. Un modo per educare alla “musica della luce”. Barrada trasla questo concetto nella serie Color Analysis, già esposta precedente presso il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino. Qui l’artista assembla griglie di velluto tinte a mano, ispirandosi sia alla collezione personale di antichità di Vanderpoel sia alla collezione d’arte islamica del MAO. Lavori dove Barrada utilizza pigmenti naturali, tutti provenienti da The Mothership, un progetto sperimentale ideato dalla stessa artista, posto nel suo giardino a Tangeri, questo “eco-campus femminista” è consacrato alla coltivazione, produzione e acquisizione di tinture naturali, riprendendo in tal modo le antiche tradizioni indigene legate alle piante.

Le opere dialogano con lo spazio

Yto Barrada esplora come le tracce lasciate dalla storia e dalle azioni umane possano alterare la percezione di uno spazio, trasformandolo in un luogo di riflessione e, a volte, di distruzione. I suoi lavori testimoniano la continua interazione tra la natura e l’uomo, così come la memoria e il suo impatto sulle generazioni future. Un aspetto fondamentale della mostra è il dialogo tra le opere e lo spazio stesso della Fondazione Merz, un contesto che enfatizza il contrasto tra l’architettura moderna e le tematiche di disfacimento e cambiamento. Le installazioni site-specific proposte da Barrada si integrano con l’ambiente della fondazione, creando un’esperienza immersiva che coinvolge il visitatore in una riflessione profonda e, a tratti, inquietante.

Yto Barrada, Deadhead, 2025. Installation view a Fondazione Merz, Torino. Photo A. Guermani
Yto Barrada, Deadhead, 2025. Installation view a Fondazione Merz, Torino. Photo A. Guermani

La dimensione politica e sociale della mostra di Yto Barrada

Molto più di una semplice narrazione estetica, Deadhead è anche un invito a interrogarsi sulla realtà sociopolitica del nostro tempo. La pratica artistica di Barrada non è mai priva di un contenuto critico, che sollecita una riflessione sulle disuguaglianze, sulle migrazioni forzate e sulla crisi ecologica. Le sue opere non solo documentano la realtà, ma stimolano una riflessione attiva e, in molti casi, un impegno nei confronti del cambiamento. Questi lavori fanno emergere la frattura tra il desiderio di preservare la natura e le azioni concrete necessarie per contrastare l’impoverimento ambientale e sociale, uno snodo raffinato di simboli e immagini oltre i quali si identifica una lettura reale e concreta di una condizione umana in moto continuo. La mostra Deadhead è una riflessione potente e incisiva sull’interazione tra bellezza, memoria, storia e politica. Le opere di Yto Barrada sono cariche di significato, e invitano il pubblico a pensare come il nostro mondo venga plasmato dalle forze della storia, dalla nostra connessione con la naturae dalle lotte quotidiane per la giustizia sociale e ambientale. Con il suo approccio intellettuale e visivamente coinvolgente, Barrada ci sfida a guardare al di là della superficie, ad affrontare la complessità del nostro presente e a immaginare nuovi orizzonti per il futuro.

Grazia Nuzzi

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Grazia Nuzzi

Grazia Nuzzi

Nasce a Formia (LT) il 17 novembre 1977, si laurea alla facoltà di Lettere e Filosofia in Conservazione dei Beni Culturali, con indirizzo storico artistico presso la II Università degli Studi di Napoli, nel 2005. Nel 2006 è socio fondatore…

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