A Palermo una mostra sulla felicità e sui momenti divini

In mostra a Palermo la seconda fase di Giorni Felici?, allestimento curato da Agata Polizzi per ZACentrale. Una mostra sul posto dell'uomo e sulle possibilità di un'esistenza felice nel futuro che già abita il contemporaneo

Un altro giorno divino”. Sono le parole pronunciate da Winnie all’inizio del proprio monologo in Giorni Felici, di Samuel Beckett. Ma la donna, in realtà, è intrappolata in un oscuro cumulo di terra; qui si ostina a vivere la sola parvenza di una quotidianità ancora gioiosa, dotata di senso. Il recente allestimento curato da Agata Polizzi presso lo ZACentrale di Palermo (Fondazione Merz) accoglie questo spirito e lo pone in dubbio in una mostra dal titolo Giorni Felici? Quello che accade, quello che può accadere, ampliamento di un progetto precedente. In questo secondo momento, legato all’introduzione di nuove opere all’interno dello spazio espositivo, si intende “allargare lo sguardo sulla realtà collettiva […] per esplorare le infinite vie in cui si declina l’idea di felicità”. Un’indagine che si addentra nell’intimo dell’individuo, nel suo ambiente antropico e naturale, nella sua solitudine e nella possibilità di un dialogo aperto con l’altro.

Francesco De Grandi
Francesco De Grandi

La mostra “Giorni Felici?” a Palermo

Una tavola viene apparecchiata per due, ma uno dei commensali è un’assenza. In Séance, video-installazione di Yuri Ancarani, si descrivono le fasi di una ferma ritualità: la preparazione del desco assume i toni di una celebrazione funebre. Lo sguardo indugia sulla dimora, sugli oggetti domestici, sui mobili ormai inutilizzati: l’ambiente è riempito dalla rievocazione di una vita di passaggio ma tenacemente presente. D’altronde, In Giorni Felici? la casa è un’idea nella quale perdersi come in un habitat familiare ed estraneo. Nelle stampe di Joanna Piotrowska l’atto dell’abitare recupera una dimensione di gioco individuale e condiviso: all’interno di stanze, le capanne di lenzuoli tuttavia intrappolano la persona in pose sconnesse e costrette. Ad aprire lo sguardo su altre vedute tre grandi tele di Francesco De Grandi, introdotte nella seconda fase del progetto espositivo. Le vedute paesaggistiche di De Grandi, sospese tra realismo magico e lirismo simbolico, si spalancano su una visione fantastica precedente l’antropizzazione; al carcere delle mura domestiche, si sostituisce e si affianca un eden mitico e trascendente. 

Le opere in mostra allo ZACentrale 

Giorni Felici? crea spazi intermedi in cui si dissolvono e si enfatizzano le distinzioni tra il dentro e il fuori. Tra questi si colloca, nudo, l’individuo: allo sguardo dell’osservatore il Mirror di Silvia Giambrone restituisce l’immagine in video di una donna scoperta fino al petto – proprio come la Winnie del dramma. Il suo corpo è abitato dallo sguardo che l’osserva, invadente: l’attenzione dell’osservatore è un laser che si poggia sulla pelle come un neo da cui è difficile liberarsi. Altrettanto nuda è la casa di Per Barclay, una sorta di serra-panopticon abitata da acqua, suono e luce: elemento naturale e costruzione artificiale si compenetrano in una dimensione ambigua e continua. Così in Jardin Lavoir, di Chen Zhen, l’acqua è elemento che include e usura: in undici letti sono contenuti oggetti d’uso quotidiano, completamente immersi nel liquido. Sembrano i resti post-apocalittici di un’umanità svanita: la malinconia dell’ispirazione povera ricorda certe estetiche di Jannis Kounellis, ma sottoposte alla processualità corrosiva agita dall’elemento naturale. Chi saremo, dove abiteremo: è la domanda che la mostra si pone e pone, lasciando inevitabilmente aperto l’interrogativo.

Tiziana Bonsignore



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