Tra maternità sociale e meraviglia. Intervista all’artista Flaminia Veronesi

Dall’arte alla moda e alla maternità sociale, l’artista si racconta ad Artribune in un colloquio uscito sul secondo numero del nostro Focus Moda. Qui l’intervista e le foto esclusive

Circuìto e talvolta frainteso, il discorso sull’emancipazione di genere avanza passo a passo su terreni tanto più percorsi quanto più scivolosi, in equilibrio tra la risonanza capitalizzata e il compromesso di una rappresentazione estremamente didascalica. Attraverso la quale, le sfumature si dissolvono nell’impasse patriarcale, tentando di mettere in atto una coscienza collettiva sollevata negli anni e violentata per millenni. Guardando al panorama artistico-culturale però il pensiero fluisce in manifesti viventi o, meglio, in madri del cambiamento, come nel caso dell’artista Flaminia Veronesi, che ci ha accolto nel suo studio, immortalata dagli scatti di Angelo Guttadauro, per il secondo numero del Focus Moda di Artribune. Con le sue opere magmatiche, tra sculture metamorfiche e acquerelli vibranti, collaborazioni fashion, l’intuito visionario e il suo universo onirico affacciato sulla poetica della meraviglia, l’artista abbraccia una concezione espansa di essere umano fino a riflettere sul sentimento di “maternità sociale” (che ritorna nella mostra Maternità sociale. Grandemadremamma, curata da Andrea Lerda e visitabile alla Galleria Simóndi di Torino fino al 20 aprile) necessario per la “cura del mondo”. 

Caliendo, make-up di Marika Zaramella con l'assistenza di Sofia Caspani. Photo Angelo Guttadauro 01
Caliendo, make-up di Marika Zaramella con l’assistenza di Sofia Caspani. Photo Angelo Guttadauro 01

Intervista a Flaminia Veronesi

Se lo stupore contemporaneo è diventato un’anomalia nella logica della saturazione, qual è la tua formula per lasciarlo emergere?
Il gioco, esercizio dell’assurdo che cura la ferita tra l’uomo e il mondo. Trasforma, crea stupore e un’oasi di gioia. Spazio sacro per ogni essere umano in cui sviluppare autodeterminazione. Quando entriamo nel gioco, riusciamo a stare nel doppio, in dei mondi paralleli: il tempo è stravolto, molteplice e contemporaneo. L’arte per me è scienza poetica che interroga il mondo attraverso la meraviglia. Ci poniamo delle domande, manipoliamo la materia, attraverso la trasformazione creiamo stupore e un linguaggio visivo molto specifico, che fa emergere il contemporaneo. Inteso come ne parla Agamben: le luci delle stelle che non sono ancora arrivate perché sono appena nate. 

Nella mostra Masculin/Féminin indaghi maschile e femminile, corpo e anima. In che modo vivi queste definizioni?
La fantasia crea relazione e il linguaggio simbolico dialoga con il trascendente. Attraverso il gioco delle mani esprimiamo un linguaggio visivo che semplifica il molteplice in bellezza. Rendendo accessibile per un istante il trascendente.

C’è un’opera a cui tieni in particolare?
Pagurina, una creatura emersa dal mare piena di stupore per il nostro mondo. Nella sua forma ibrida di Naturalia manifesta la gioia della meraviglia e della conoscenza. Ne presenterò una realizzazione in bronzo a Venezia nella galleria di Tommaso Calabro. Nella mia opera c’è poi un continuo richiamo alle mitologie greche, forse perché in certi momenti storici parlano molto più della complessità dell’essere umano di quanto lo faccia la cultura contemporanea.

Che ruolo sta avendo la moda nell’arte contemporanea femminile?
La moda può amplificare il messaggio di un artista su ampia scala e far agire il suo linguaggio attraverso il vissuto di chi lo indossa. Quando la moda e un artista riescono a celebrarsi vicendevolmente, rifuggendo appropriazioni a livello identitario, assistiamo a espressioni feconde di due universi creativi che si incontrano. In Italia, dove manca un sistema di supporto, la collaborazione è pressoché imprescindibile. E credo che l’artista sia una figura professionale molto valida da portare anche in diverse realtà lavorative, non solo quelle della moda.

E il brand Marni che cosa ha rappresentato per te?
Ci siamo divertiti misurandoci su vari piani: dai motivi dei tessuti per una collezione, ai gioielli, a una mostra nel loro flagship store di Montenapoleone. Per quest’ultimo progetto, intitolato The Hermitcrab’s Wundershell, abbiamo ideato un percorso espositivo all’interno del negozio, dedicato alla ricerca di Adalgisa Lugli sulle Wunderkammer, che attraverso una collezione di sculture e tele di Paguri conduceva il visitatore a una grande conchiglia, grotta delle meraviglie, in cui entrare e ammirare. 

Il 7 marzo 2024 è stata inaugurata nella galleria Simóndi a Torino la tua ultima personale Maternità sociale. Grandemadremamma, curata da Andrea Lerda. Come nasce?
Credo che sia nata dal mio costante interrogare il femminile, mostra dopo mostra. Nello specifico sono stati alcuni scritti di Maria Montessori e una mostra collettiva sui funghi a darmi lo spunto. Dalla produzione per la mostra sui funghi è nata l’intuizione di come la Pachamama, che agisce attraverso il micelio per regolare la vita sulla terra, possa agire anche grazie alle relazioni di interdipendenza degli uomini fra loro e la Natura. Maria Montessori mi ha illuminata rispetto alla necessità di slegare l’aspetto biologico dalla maternità in favore di una maternità sociale.

Spiegaci.
La madre non è chi procrea ma chi manifesta premura verso una nuova vita e sceglie di esserne responsabile. Scelta accessibile a tutti, al di là delle condizioni biologiche. La maternità si apre alla comunità e si fa sociale. Maternità sociale come forma che prende la vita per proteggere sé stessa, un grande corpo collettivo in cui identificarsi e fare mondo, anche femminile, con l’esercizio della pace, della cura e dell’autodeterminazione.

All’interno della cultura patriarcale in che misura credi sia possibile, oltre che necessario, ricucire questa consapevolezza di “maternità comunitaria”?
La maternità confinata nella casa risulta schiavitù. Portata su un piano sociale, libera l’umano dall’alienazione. Le donne che sempre più entrano nel mondo porteranno in esso i valori del materno. Continueranno a lottare dolorosamente per questo cambiamento e per un sistema culturale alternativo al patriarcato, fondato sulla consapevolezza degli umani di appartenere a un sistema di interdipendenza con la natura e gli altri esseri viventi. E proprio per questo motivo, non possiamo più non preservare la vita.

Aurora Mandelli

Lo sguardo scelto per raccontare LE DONNE MANIFESTO è di Angelo Guttadauro 

Nato tra i colori vibranti della Sicilia nel 1992, Angelo Guttadauro ha coltivato la sua passione per catturare la bellezza del mondo attraverso l’obiettivo. Dopo essersi laureato in Fotografia e aver conseguito una specializzazione in Direzione della Fotografia a Roma, attualmente risiede a Firenze. Con lo pseudonimo di “Guttæ”, ha ottenuto una serie di successi e riconoscimenti. Le sue opere sono state pubblicate su riviste di settore e ha avuto l’onore di esporre presso festival internazionali. Il focus principale della sua ricerca artistica è la comunicazione tra la fotografia e diverse discipline analogiche e digitali, come la scan art, la CGI e il set design. 

Curatela visiva Alessia Caliendo

Si ringraziano 
per il make up Marika Zaramella
Assistente make up Sofia Caspani

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Aurora Mandelli

Aurora Mandelli

Originaria di Vaprio D’Adda, si sposta a Milano e Bordeaux per perseguire gli studi. Da sempre amante della moda in tutte le sue forme, coltiva la passione per l’arte, il cinema e il teatro. Attualmente fashion stylist e redattrice freelance…

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