Reggio Emilia, la storia e le donne. La mostra alla Collezione Maramotti di Giulia Andreani

Per la prima mostra istituzionale in Italia Giulia Andreani non si è accontentata di realizzare una nuova serie di opere. Prima di cominciare a dipingere ha infatti condotto una ricerca negli archivi e nelle biblioteche di Reggio Emilia: e a quelle storie “rispolverate” si è ispirata per i dipinti ora esposti alla Collezione Maramotti

Se da più di mezzo secolo la pittura a Venezia è sinonimo di colore, la veneziana Giulia Andreani (1985, vive a Parigi) ha scelto il grigio di Payne per realizzare le sue opere rigorosamente monocromatiche. Una scelta inizialmente dettata da un criterio di economicità, ma che si è poi rivelata ideale per interpretare il processo attraverso cui la pittrice giunge alla definizione delle sue opere: alla base di tutto sta infatti lo studio dei materiali d’archivio, di documenti polverosi e vecchie fotografie in bianco e nero. Per la mostra in corso alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia Andreani ha spulciato i faldoni del fondo Vaiani conservato nella locale Biblioteca Panizzi, una delle più preziose fonti per la storia reggiana, oltre all’archivio dell’azienda che la ospita e altri fondi di grande rilevanza: dall’incrocio delle tante storie riemerse è così nata una serie di opere strettamente legata al territorio.

Le opere di Giulia Andreani

I dipinti, tuttavia, non sono mai didascalici: vi si riconoscono alcuni visi, vari dettagli, ma questi sono ricomposti come se si trattasse di un collage, di un fotomontaggio condotto mediante i pennelli. La pittrice-ricercatrice femminista – così si autodefinisce Andreani – si concentra in particolare su persone e vicende che rischiano di essere dimenticate, nonostante facciano parte dell’esperienza storica, sociale e culturale, con particolare attenzione, ça va sans dire, alle donne.
L’ampia monografica rende conto non solo delle grandi opere, ma anche della genesi di quei lavori grazie all’accostamento dei relativi bozzetti. Ne è esempio la sala in cui è esposta L’improduttiva, che dà anche il titolo alla mostra: appena si posa sulla grande tela, lo sguardo viene attirato da un viso ben definito, al contrario di tutti quelli delle altre donne intente a lavorare su delle macchine da cucire, nonché del fondo, volutamente lasciato a risparmio. Una delle ragazze alza la testa, ricambia il nostro sguardo e ci rivolge un sorriso beffardo. I piccoli studi ad acquerello isolano quindi la protagonista, dimostrandone il processo creativo nonché gli intenti del quadro che, ambientato nella scuola di taglio e confezioni di Giulia Maramotti – madre del fondatore di Max Mara – parla di emancipazione femminile.

Giulia Andreani, La politica (la Nilde), 2023 © Giulia Andreani. Courtesy of the Artist and Galerie Max Hetzler. Photo Charles Duprat
Giulia Andreani, La politica (la Nilde), 2023 © Giulia Andreani. Courtesy of the Artist and Galerie Max Hetzler. Photo Charles Duprat

La politica nell’arte di Giulia Andreani

Le ricerche di Andreani mettono poi a fuoco altre vicende significative: le internate dell’ex ospedale psichiatrico San Lazzaro, l’attrice reggiana Maria Melato la cui effige viene inserita in una scena marina, mentre nel cielo volano aerei militari prodotti dalle storiche Officine Reggiane. C’è anche Nilde Iotti, altra celebrità nata a Reggio Emilia, in un dipinto intitolato La politica. Un focus è infine la sala che evoca una sorta di “album di famiglia” ispirato alla vicenda di George Orwell, della moglie e del figlio adottivo: una serie dai toni intimisti, come dichiara la stessa Andreani.

Marta Santacatterina

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

Scopri di più