Esce il nuovo Artribune Magazine 74. Ecco cosa significa l’immagine sulla copertina

Il close-up di un tessuto manipolato e modificato è la copertina di Artribune Magazine #74, in collaborazione con IED: il progetto Fluvoxamina di Gaia Invernizzi incrocia arte e moda, tra performance e fotografia

Arte e moda condividono ben più del medesimo numero di lettere. Sono forme di comunicazione stratificate e intersecantesi che hanno trovato un eminente punto di incontro allo scorso Pitti Uomo di Firenze, quando otto studenti di Fashion Design selezionati dalle sedi (italiane e spagnole) del Gruppo IED hanno dato vita alla mostra Transitions. Gaia Invernizzi (IED Milano), Livio Pilla (IED Roma), Federica Borzì (IED Fireneze), Riccardo Lerda (IED Torino), Michele Serra (IED Cagliari), Carolina Puiggrós (IED Barcelona), Luca Mantovani (Accademia Aldo Galli di Como) e Marcos Escobar (IED Madrid) sono stati guidati da Lucy Orta (Sutton Coldfield, 1966), artista visiva internazionale nota per il suo talento nell’unire disegno, scultura, tessile, fotografia, cinema, performance, affrontando temi che riguardano il contemporaneo con un linguaggio innovativo di co-creazione.

Lucy Orta con gli studenti del Gruppo IED a Firenze
Lucy Orta con gli studenti del Gruppo IED a Firenze

Lucy Orta mentor degli studenti IED

“Sono lieta di essere stata invitata a fare da mentor ad un gruppo di talentuosi studenti internazionali in questa tappa significativa del loro percorso creativo. Durante le stimolanti occasioni di confronto che abbiamo tenuto online e di persona presso IED Firenze, questi giovani designer sono diventati i protagonisti attivi di un mondo futuro che dovremo abitare. Si stanno confrontando con l’instabilità ambientale e le molteplici ansie connesse per immaginare scenari positivi e sostenibili. Un futuro abitato da esseri con identità multiple e da ibridi uomo-naturamacchina del Novacene” dichiara Lucy Orta. E prosegue: “Idee originali germogliate dai loro schizzi saranno riunite in un’installazione fertile, con al centro la ricerca materiale e tecnologica: abiti disegnati dall’Intelligenza Artificiale generativa, tessuti che riproducono canzoni o che crescono da soli prima di riassorbirsi naturalmente nella terra. L’Istituto degli Innocenti sarà un incubatore per le molteplici interpretazioni del tema Transitions, con moda, film e performance posti in un dialogo critico e a cui il pubblico è invitato a partecipare”.

Fragile Surface, IED x Artribune
Fragile Surface, IED x Artribune

Fragile Surface: IED x Artribune

Il progetto Fragile Surface si propone di raccontare, attraverso immagini e contenuti multimediali realizzati da studentesse, studenti e Alumni dell’Istituto, i temi centrali della contemporaneità. In questo secondo anno di collaborazione con Artribune per la realizzazione delle copertine del magazine, abbiamo scelto di affidarci ai temi delle più importanti manifestazioni di arte e design, prendere in prestito spunti di riflessione e restituire immagini fragili ma potenti. Superfici sottili che racchiudono complessi punti di vista.
Le biennali (triennali – quadriennali – quinquennali) sono l’occasione per artisti e designer di riflettere sugli argomenti centrali della contemporaneità. Partendo da manifestazioni del recente passato e tenendo in considerazione le tematiche delle prossime, cercheremo collegamenti espliciti o implicite contrapposizioni e ci interrogheremo proponendo un punto di vista inedito: quello di giovani persone che si affacciano sul futuro. Ad aprire le danze, il tema della curatela collettiva, ben riscontrabile nel progetto Transitions ein dialogo con documenta 15, l’ultima edizione della manifestazione ospitata a Kassel con cadenza quinquennale, curata dal collettivo artistico indonesiano ruangrupa.

Gaia Invernizzi, Fluvoxamina
Gaia Invernizzi, Fluvoxamina

Il progetto Fluvoxamina di Gaia Invernizzi

Per la copertina del nuovo magazine, la redazione di Artribune ha selezionato Fluvoxamina, il progetto di tesi di Gaia Invernizzi, studentessa di Fashion Design presso lo IED Milano. Performance e progetto fotografico in cui il tessuto è protagonista, Fluvoxamina esplora la relazione tra individuo e capo d’abbigliamento.  Le abbiamo chiesto di approfondirne la genesi.

Di che cosa parla il tuo progetto brevemente e che rapporto ha con il concetto “transitions”?
Quando si parla di un individuo si parla inevitabilmente di corpo. Corpo come porzione limitata di materia che ha una massa e occupa uno spazio, oggetto che non verrà mai proposto sotto una visione univoca bensì alterato, distorto, e ridotto ai punti materiali.
Attraverso la costante ricerca del difetto, anche se inesistente, un individuo si trova a vivere in un continuo stato di transizione tra reale e percepito, arrivando a non distinguere la realtà dalla finzione, tanto da sentirsi bloccato in una costante autocritica.
Qui si sviluppa la dismorfofobia, patologia che va ad ostacolare il rapporto con la propria persona, riversandosi poi sull’ambiente circostante.
La deformazione è ciò che il mio occhio vede e ciò che, partendo da un punto materiale statico su un foglio, la mia mano traduce in disegno. Ne deriva dunque la rappresentazione grafica del suo moto. Grazie alle traiettorie, tradotte in segno pittorico, prende forma il soggetto, che è portato a sua volta a compiere un movimento nello spazio. Sarà il movimento libero e fluido nello spazio a smuovere questa chiusura dovuta alla patologia.

In che modo l’abbigliamento si inserisce in questo discorso?
Espandersi. Modificarsi. Liberarsi. Deformarsi senza paura ed alterarsi secondo la visione dell’occhio. Dalla deformazione del soggetto verranno ricavate le forme di partenza a tratti scultoree.
Conoscersi attraverso l’interazione con i capi. Questi non seguiranno le linee e le forme del corpo esistente ma ne andranno a creare uno nuovo, quasi amorfo e in costante transizione. L’abito presenta una forma iniziale che attraverso delle soluzioni rapide e pratiche, ma anche secondo necessità, si alterano.
Accettare il sé reale, affrontare lo spazio e guarire. Scomporre, ricomporre, aumentare e diminuire il volume, aprirsi, chiudersi, esporsi. Liberarsi. Modificarsi. Espandersi.

Come è stata l’esperienza di lavorare con Lucy Orta?
Lavorare con un’artista del calibro di Lucy Orta è stata per me un’occasione indimenticabile e molto formativa. Estremamente professionale ed interessata, si è messa subito a disposizione. È stato interessante vedere come le nostre idee venissero accolte ed analizzate senza essere messe in discussione se non in modo costruttivo.

Come ha funzionato lo scambio con gli altri designer/studenti in mostra? Avete ricevuto /dato feedback sui rispettivi progetti? Avete avuto modo di modificare o adattare il vostro progetto sulla base del confronto collettivo?
La cosa più interessante e stimolante, oltre il confronto diretto con Lucy, è stato interagire con gli altri designer. 
Durante i mesi di lavoro e soprattutto durante i giorni di esposizione il parere e il confronto sono stati un elemento fondamentale per la crescita e messa in discussione personale. 
I feedback reciproci hanno permesso delle migliorie e delle modifiche senza andare però ad intaccare l’identità del lavoro e del designer rendendo così l’installazione coesa ma ben distinta.

Qual è, secondo te, la relazione tra moda e arte? È la moda una forma di arte? 
Non parlerei di moda esattamente come forma d’arte, se non per alcuni aspetti. Ne parlerei più come mezzo espressivo e comunicativo, un campo dove sperimentare senza paura e blocchi mentali.

In copertina vediamo una manipolazione di tessuti. Come è stato lo sviluppo di questi tessuti? Che ruolo hanno nella collezione? 
Da sempre ho una grande passione per la materia e la manipolazione della stessa e questo lo si può vedere sicuramente dalle scelte tessili.
I tessuti utilizzati in collezione sono stati studiati sia dal punto di vista funzionale, ricorrendo a tessuti tecnici, ma anche quello estetico ed espressivo, andando ad alterare la natura di determinati materiali pre-esistenti e creandone di nuovi tramite lo studio di pattern per la realizzazione di uno jacquard.
Le manipolazioni comprendono principalmente due tecniche: l’agugliatura (che conferisce all’accoppiamento di più tessuti un aspetto quasi scultoreo, amorfo) e la bollitura del tessuto, con piccoli elementi in acciaio che imprimono la propria forma nella struttura dello stesso.

Su cosa stai lavorando adesso, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Attualmente sono stagista in ufficio stile uomo presso Prada e mi occupo di ricerca tessile e progettazione. Inoltre, a breve, avrò l’onore di sfilare per Mittelmoda, una competizione a livello internazionale, dove presenterò l’intera collezione.

BIOGRAFIA

Sono Gaia Invernizzi, ho 22 anni e vengo da Bergamo: città in cui ho frequentato il liceo artistico con indirizzo arti figurative. In quegli anni ho sviluppato un interesse nei confronti dell’arte e delle varie possibilità di sviluppo e modifica della forma.
Di riflesso ho iniziato ad approcciare nuovi mezzi espressivi che non fossero pittura e scultura stabilendo una prima connessione con il mondo della moda. Per questa ragione ho deciso di proseguire i miei studi frequentando l’istituto Europeo di Design a Milano in Fashion Design.
Durante questo percorso ho avuto l’occasione di partecipare e vincere Milano Moda Graduate sezione YKK e di presentare la mia collezione a Pitti Uomo.

IG: @ga.iai

LinkedIn: www.linkedin.com/in/gaia-invernizzi-91936122b/

Per scoprire di più sul progetto Fragile Surface clicca qui.

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Redazione

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