Outsider per scelta: a Pereto la mostra di Lea Contestabile

Assistente di Fabio Mauri, artista che non ha paura di avvicinarsi all’artigianato, Lea Contestabile è protagonista della mostra da Monitor a Pereto. Ne abbiamo parlato con la gallerista Paola Capata

Che cosa succede quando un’artista volutamente outsider è inserita nel contesto dell’arte mainstream? È il caso di Lea Contestabile (Ortucchio 1949), scelta dalla gallerista Paola Capata per la mostra da Monitor a Pereto.

Quando è stato il tuo primo incontro con Lea Contestabile?
Vidi la mostra nell’estate 2021 a cura di Manuela de Leonardis. Era una mostra che offriva una panoramica su più aspetti del lavoro di un’artista matura. Ho compreso ci fosse materiale interessante ancora da indagare. Sono andata nel suo studio a L’Aquila: tocca i temi di genere, declinati al femminile, di una determinata generazione ma in maniera molto intima, totalmente incurante delle dinamiche che sottendono il mondo dell’arte.

Cosa ti ha colpito?
L’ho trovata “pura”. Ho colto una sfida: poteva funzionare un’artista così al di fuori della sfera ufficiale? È stata la prima docente aquilana all’Accademia de L’Aquila. Iniziò a lavorarvi nel ’76 quando arrivò anche Fabio Mauri, chiamato lì per rinverdire i fasti dell’istituzione. C’è sempre stata con lui una grande collaborazione, Lea lo assisteva durante le lezioni e partecipava alle sue serate futuriste.

Poi cosa è successo?
Mauri si ammalò, ma chiuse un decennio essenziale per l’insegnamento aquilano. Le opere della Contestabile iniziano a sbocciare proprio intorno al 1993-94, mentre dei suoi lavori precedenti, soprattutto pittorici, non vi è molta traccia. La sua poetica si è colorata delle tematiche del corpo, della casa, degli affetti. Tutto il suo lavoro è permeato di fratture, sembra naïve dal punto di vista estetico, eppure lei è in grado di restare sul ciglio.

In bilico tra arte e “artigianato”?
Esatto, mi intrigava questa linea sottilissima che permea tutto il suo lavoro. Le opere seguono un filo conduttore prettamente biografico. Molte delle sue riflessioni sono legate alla casa ma soprattutto al padre, fotografo che ha documentato molti fatti del paese di Ortucchio (AQ) lasciandone una importante memoria. Quando Lea Contestabile ha aperto la sua personale al castello, tutto il paese era invaso letteralmente da enormi manifesti: erano le fotografie del padre, ristampate in formato poster.

Lea Contestabile, Mio padre fissò un’emozione io vorrei restituirvi un sorriso, 2020, foto, tarlatana, lino, passamaneria, filo, 78 x 96 cm. Courtesy l’artista e Monitor Roma, Lisbona, Pereto. Photo Giorgio Benni

Lea Contestabile, Mio padre fissò un’emozione io vorrei restituirvi un sorriso, 2020, foto, tarlatana, lino, passamaneria, filo, 78 x 96 cm. Courtesy l’artista e Monitor Roma, Lisbona, Pereto. Photo Giorgio Benni

LE OPERE DI LEA CONTESTABILE

Quanto hanno influito le fotografie del padre sul lavoro di Contestabile?
Il padre ha marcato storicamente un percorso sociale, la vita della comunità legata a questo piccolo borgo degli Appennini abruzzesi. Morto il padre, lei ne ha recuperato le fotografie, facendole divenire parte integrante del suo lavoro.

Da qui nasce il lavoro chiave dell’esposizione, la serie delle spose?
La vidi a Ortucchio, nella mostra curata da Manuela de Leonardis, allestita con moltissime spose e volti. Ho deciso di esporre solo un volto per la mostra di Pereto. Lea svincola la figura della sposa da tutto ciò che è intorno perché si accorge che non ride né sorride. Non è in grado di esporre le sue emozioni in pubblico? Non è contenta del matrimonio, è tesa? Sappiamo solo che non manifesta gioia in un momento di gioia, questo apre numerose porte sia a livello sociale, che ontologico ed emotivo.

Come rielabora queste fotografie?
Usa la tarlatana, una tela biancastra, semi tessuto che si usa per l’incisione. Contestabile ha lavorato infatti alla Camera dell’Incisione aquilana. Poi, per addolcire il viso delle donne, aggiunge semplici passamanerie da merceria, quelle che usavano le nostre nonne.

Un materiale “rischioso”…
Sì, sembra “cheap”. Mi interessava capire come le persone dell’arte avrebbero reagito a una figura quasi di outsider, di una persona disinteressata al successo. Lei porta avanti il suo lavoro e basta, è solida nel suo approccio, scevro da una qualsiasi proiezione a livello pubblico. Nonostante abbia comunque esposto tantissimo, persino in Turchia, segue le dinamiche del suo borgo, guardando al pubblico non di settore, delle persone comuni. È fondatrice ad esempio del MUBAQ – Museo dei bambini a Fossa, in provincia de L’Aquila, dove organizza una fervida attività didattica.

Lea Contestabile, Ed io avrò cura di te, 2018 tela, lino, fili, stoffe, centrini, nastri, passamaneria, perle, 50 x 50 cm. Installation view a Monitor Pereto. Courtesy l’artista e Monitor Roma, Lisbona, Pereto. Photo Giorgio Benni

Lea Contestabile, Ed io avrò cura di te, 2018 tela, lino, fili, stoffe, centrini, nastri, passamaneria, perle, 50 x 50 cm. Installation view a Monitor Pereto. Courtesy l’artista e Monitor Roma, Lisbona, Pereto. Photo Giorgio Benni

Qual è il senso di questa operazione?
Ci tengo a sottolineare che è un’operazione molto diversa da quella fatta con Elisa Montessori: in quel caso, abbiamo accolto un’artista che era stata al centro di dinamiche importanti – era amica di Boetti, di Anne-Marie Sauzeau, aveva una sua particolare rete ‒ e l’abbiamo reinserita in un tessuto che le appartiene e le è appartenuto.
Quella di Lea Contestabile con Monitor è la prima mostra fatta in una galleria privata che si confronta con un sistema più ampio.

Per vedere come viene accolto il suo lavoro?
Se fosse stata una mostra più centrale a livello geografico ‒ a Milano, Roma, Torino, Napoli ‒, avrebbe ricevuto ancora più eco, ma anche solo a Pereto ha riscosso attenzione. Ad Artissima ho tirato fuori sabato e domenica un lavoro di Contestabile (perché avevamo uno stand che ruotava attorno al concetto di corpo e fisicità quindi rientrava perfettamente nella tematica). Subito mi sono state chieste informazioni da collezionisti e curatori. Credo che gli arazzi siano molto belli per fattura e cura, a prima vista sembrano quasi folk ma, focalizzandosi sui dettagli, è tutto ben calibrato e calcolato.

Quali sono i lavori che hanno attratto più attenzione?
Innanzitutto la serie delle spose. Nella sala centrale dell’esposizione Nidi d’ombre, tre lavori esposti con una cornice bianca (Ed io avrò cura di te del 2018) parlano del corpo della donna, la silhouette è carica di memorie e sofferenze, lei la abbellisce con centrini ricamati, colla e colore. Nella Sala degli affreschi è esposta l’installazione Giocando con i ricordi, formata da silhouette che lei solitamente allestisce in ambienti esterni: sono animali da cortile, aquiloni, giochi infantili. Vediamo tra l’altro il profilo delle tre sorelle, erano sarte. Per questo nelle opere di Lea è così forte l’idea della manualità e del ricamo.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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