L’arte come comunicazione. La mostra di Amalia Pica a Roma

Amalia Pica parte dal linguaggio e con ironia ne sconvolge i meccanismi comunicativi, passando dal registro verbale a quello visivo. La mostra alla Fondazione Memmo mette insieme colli di bottiglia, teste di martello, denti di pettine, per sovvertire i limiti delle parole e del loro significato

Oggetti comuni che reinventano il proprio status grazie alla coabitazione e al loro combinarsi in maniera insolita. I muri sono bianchi e silenziosi mentre sculture dall’identità ibrida accadono davanti ai nostri occhi, assumendo carattere zoomorfo o antropomorfo. L’argentina Amalia Pica (Neuquén, 1978) è affascinata da tutti i sistemi che regolano la comunicazione. L’artista, nella mostra alla Fondazione Memmo di Roma, fa perno sul concetto di catacresi, figura retorica che consiste “nell’estendere una parola o una locuzione oltre i limiti del suo significato proprio” (Treccani). In tal caso, la metafora viene normalizzata ed entra a far parte dell’uso corrente; è anche interessante notare come la catacresi agisca supportando la lingua: in assenza di specifiche parole per designare oggetti o componenti degli stessi, le prende in prestito da altri contesti.

Amalia Pica, (Quasi) Catachresis, 2022. Courtesy the artist & Fondazione Memmo. Photo Daniele Molajoli

Amalia Pica, (Quasi) Catachresis, 2022. Courtesy the artist & Fondazione Memmo. Photo Daniele Molajoli

GIOCO E PRECARIETÀ SECONDO AMALIA PICA

Così, partendo da object trouvé, da arnesi o articoli comprati nei mercatini romani, come a Porta Portese, da sezioni di oggetti in vetro commissionate a un artigiano vetraio sul luogo, Amalia Pica assembla sculture in bilico tra il ludus e la precarietà. Il gioco del montaggio, insieme al ribaltamento della semiotica e delle sue regole, si fonde con alcuni aspetti di pericolo: i denti appuntiti della sega, l’equilibrio fragile di alcuni elementi connessi tramite fili sottili. Inoltre, l’artista parte dal territorio, dal contesto romano e dalle sue tradizioni: ha studiato la creazione delle marionette, si è ispirata alla letteratura locale come al romanzo di Collodi Pinocchio. Infatti, osservando le sue opere, viene in mente il teatro delle marionette e non è assolutamente un caso che tra i vari pezzi che compongono queste “quasi” figure Pica abbia deciso di inserire delle sfere di legno o di vetro. Le sfere funzionano come le articolazioni del corpo, aggiungendo il fattore del potenziale movimento, apprezzabile soprattutto nelle opere appese.

Amalia Pica, (Quasi) Catachresis, 2022. Courtesy the artist & Fondazione Memmo. Photo Daniele Molajoli

Amalia Pica, (Quasi) Catachresis, 2022. Courtesy the artist & Fondazione Memmo. Photo Daniele Molajoli

LA MOSTRA DI AMALIA PICA A ROMA

Sulle vetrate esterne compaiono ventuno modi di dire, scritti in inglese: linguetta delle scarpe, testa del martello, schiena della sedia, testa del mocio, “eyes of the potato” (le macchioline nere che si formano sulla buccia delle patate), “elbow of the pipe” (il gomito del tubo), “eye of the needle” (occhio dell’ago, ossia l’occhiello), heel of the club (il tacco della mazza da golf) e così via. Tutte queste espressioni si palesano nelle opere di Pica, creando delle impollinazioni di senso e uno stato di stupore e meraviglia di fronte a oggetti che perdono la loro funzione e tramite semplici associazioni si trasformano in installazioni anche esteticamente accattivanti. Così il legno delle aste di martelli e rastrelli, le gambe delle sedie, di comodini e tavoli collimano con il vetro dei bracci di lampadari o con le facce dei cristalli. In questo meccanismo di traslitterazione, di passaggio dal regno del verbo al lessico dell’immagine viene in mente l’ossessione della puritana regina Vittoria che usava far coprire le gambe dei tavoli con lunghe tovaglie perché le considerava troppo osé e sensuali. Non si salvavano neanche le gambe dei pianoforti.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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