Pubblicata laGuida nel Contemporaneo: focus sugli spazi indipendenti a Milano oggi

Qual è la situazione attuale delle organizzazioni culturali indipendenti a Milano? Quali sono le criticità e le nuove sfide? Quali sono le proposte per affrontare il prossimo futuro? L’associazione culturale cheFare ha sviluppato uno strumento per ripensare all’oggi e porsi nuove domande sul domani.

Come sta cambiando il mondo delle organizzazioni culturali indipendenti che operano nel Contemporaneo a Milano?”. È la domanda da cui muove i passi laGuida nel Contemporaneola ricerca condotta dall’associazione cheFare con la direzione scientifica di Bertram Niessen, che durante tutto il 2021 ha indagato il mondo degli spazi no profit, dell’associazionismo culturale e dei project space con focus sulla città di Milano, per comprendere e analizzare la situazione attuale, i punti di forza e le criticità prevalenti, le nuove sfide che si impongono in questo ambito e alcune proposte per accoglierle in modo funzionale. “La crisi pandemica ha fatto emergere in modo ancora più forte le disuguaglianze e le forme di marginalità sociale”, spiegano gli organizzatori. “In un momento nel quale le finestre di opportunità si stanno drasticamente riducendo, crediamo che la partecipazione culturale sia un fattore fondamentale di democrazia che determina e determinerà sempre di più in futuro la possibilità di una piena cittadinanza. In questo senso, la cultura contemporanea gioca un ruolo di primissimo piano perché indaga – e può potenzialmente permettere di indagare – in modo critico molte delle principali trasformazioni che stanno attraversando il nostro mondo e delle quali non si intravedono per il momento ancora gli esiti”.

GLI SPAZI CULTURALI INDIPENDENTI NE LAGUIDA NEL CONTEMPORANEO

La guida, redatta con il contributo di Fondazione Cariplo e il supporto di Fondazione Unipolis in occasione della seconda tappa del programma nazionale per i nuovi centri culturali di cheFare, sottolinea l’importanza degli spazi indipendenti in quanto soggetti promotori di cultura ed economia radicati – almeno parzialmente – nel tessuto e nel sistema del territorio in cui operano. Allo stesso tempo, la ricerca è mossa dalla convinzione che a fronte della crisi economica, sociale e culturale portata dalla pandemia ci sia bisogno di ripensare a fondo i modi in cui la cultura viene prodotta e distribuita, per renderli più equi, più sostenibili e maggiormente capaci di attivare trasformazioni sociali positive. cheFare, che dal 2012 supporta le organizzazioni emergenti della cultura in Italia attraverso bandi, ricerche, attività editoriali, progetti e consulenze di advisory, scatta una fotografia del panorama milanese alla luce degli ultimi fatti che ne hanno sconvolto gli assetti, analizzando il rapporto ambivalente tra la città e la sua cultura, la sua definizione permeabile e internazionale, ma anche le problematiche legate alla ricerca degli spazi, a un’elevatezza di prezzi che ostacola la sperimentazione e ne limita le opportunità, alla distanza delle accademie e della pubblica amministrazione da questi centri.

GLI SPAZI CULTURALI INDIPENDENTI: CRITICITÀ E SOLUZIONI

Per ovviare a queste difficoltà e costruire un orizzonte comune più fertile e accogliente per tutti, nella parte finale del testo vengono avanzate alcune proposte, molte delle quali sul rapporto con la pubblica amministrazione ma anche sulla necessità di revisionare i criteri dei bandi pubblici e mettere al servizio degli operatori maggiori strumenti per usufruirne e districarsi tra i cavilli, spesso limitanti, della burocrazia. “Le pratiche culturali del Contemporaneo sono per loro natura sperimentali, difficilmente codificabili e – spesso – difficilmente istituzionalizzabili”, si legge nella ricerca. “Gli attori che le promuovo hanno identità e profili organizzativi sfumati, difficili da inquadrare secondo le tassonomie tradizionali, a maggior ragione in un contesto cronicamente sottodimensionato e sotto-finanziato come quello italiano, nel quale già l’attività ordinaria con interlocutori predefiniti e chiaramente identificabili comporta spesso sforzi straordinari. Eppure, è lampante che ci sia bisogno ancora più di prima di forme di collaborazione tra le istituzioni riconosciute e ‘il grande mondo là fuori’”. E concludono, “è una questione di particolare rilevo di fronte alle sfide poste dalla città di prossimità e al ripensamento della natura delle istituzioni museali e bibliotecarie, anche già da ben prima della pandemia”.

– Giulia Ronchi

https://www.che-fare.com/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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