
È stato presentato nelle scorse settimane il primo capitolo del nuovo progetto espositivo Eventualmente Femminile, che per diversi giorni ha animato la scena artistica romana con l’apertura al pubblico di un nuovo spazio indipendente, per ora temporaneo, nella centralissima Piazza Campitelli.
ARTE E DONNE A ROMA
A cura di Veronica Montanino e Anna Maria Panzera, # la materia sensibile è stata ideata come una prima traduzione visiva di riflessioni e concetti scaturiti da una serie di convegni e giornate di studio tenutisi tra il 2016 e il 2018 attorno al tema del femminile nell’arte, che ha coinvolto numerose artiste e studiose. Esiste una specificità dell’arte femminile? Questa la domanda da cui la ricerca è partita. Si tratta di un tema complesso che anima il dibattito artistico fin dai primi Anni Settanta, quando la critica d’arte femminista aveva tentato di individuare questa specificità, non solo come risultato dei condizionamenti sociali (ineludibili, purtroppo, ancora oggi) ma anche come il frutto di una differenza biologica che possa addirittura predeterminare certi aspetti stilistici e formali. Montanino e Panzera ritengono invece più corretto parlare di femminile nell’arte, inteso come paradigma, attitudine e quindi categoria trasversale ai generi: “Soprattutto associato al fatto artistico, il termine femminile non può essere chiuso in una categorizzazione che limiti il discorso e il linguaggio a una questione di genere; invece, si vuole proporre quale concetto trasversale e paradigmatico per parlare di creatività, intesa come processo di trasformazione che origina nella sensibilità del corpo e nel vissuto, che si dinamizza in un particolare rapporto con la materia, per approdare a una dimensione immaginifica dell’essere“.

GLI ARTISTI IN MOSTRA A PALAZZO CAPIZUCCHI
Insieme alle ‒ EPVS, Bruna Esposito, Marianna Masciolini, Cristina Russo ‒ sono stati invitati infatti anche artisti, come Maurizio Savini, Bankeri, Piotr Hanzelewicz, e il duo Claire Fontaine, mentre Sauro Radicchi ha firmato un intervento ambientale a margine del suo progetto per l’allestimento. Messo a disposizione da una delle artiste, EPVS, lo stesso spazio è apparso in linea con le premesse di questa mostra: un ampio appartamento al piano terra dello storico Palazzo Capizucchi, che porta le tracce del suo passato e dei suoi usi precedenti. Attraversato dalla vita e dal tempo, è l’opposto del tradizionale e “sterilizzato” cubo bianco, simbolo di un sistema culturale maschile, patriarcale e troppo legato alla mercificazione dell’arte. Materia, processo, trasformazione, permeabilità, passaggio e incontro con l’altro, queste invece le parole chiave di un’idea di femminile che il progetto ha il merito di indagare come ricerca aperta e in divenire. Già annunciati dalle curatrici i prossimi capitoli, con altrettante mostre che daranno corpo ai temi #generatività e processo, #movimento e metamorfosi, #alterità e relazionalità dell’arte.
‒ Emanuela Termine
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