Dai Salon all’arte contemporanea. 10 giovani in mostra a Palermo

La RizzutoGallery di Palermo ospita alcuni dei nomi più promettenti della giovane arte italiana. Una collettiva che chiama in causa i Salon parigini e un dialogo tra passato e presente.

Il Salon era un’esposizione che si teneva al Louvre di Parigi, con cadenza biennale, dal 1667 al 1863; in seguito si svolse con cadenza annuale. Dal XIX secolo in poi furono diversi i Salon organizzati in Francia, considerati fra gli eventi artistici più importanti d’Europa. Essi erano, infatti, un modo per far conoscere tutti quegli artisti contemporanei emergenti, diventando dei veri e propri avvenimenti mondani.
La RizzutoGallery di Palermo risveglia gli intenti delle tradizionali esposizioni da Salon grazie alla mostra che riunisce le opere di dieci artisti provenienti da tutto il territorio nazionale. Opere che, come descritto da Antonio Grulli, curatore del testo di accompagnamento, “si tengono tra loro, grazie a una delle pochissime linee rintracciabili oggi all’interno della pittura, quel percorso legato a una tradizione che per semplicità si potrebbe definire surrealista, soprattutto debitrice di pittrici come Leonora Carrington, o all’espressionismo europeo tra le due grandi guerre”.
La pittura è protagonista assoluta, dando vita a una molteplicità di variabili espressive, tutte assolutamente peculiari al singolo artista. Le diversità tecniche e stilistiche degli autori si muovono in perfetta sinergia le une con le altre, dando forma a una sorta di neosurrealismo.
Le opere sono altresì riconducibili, ognuna a suo modo, a diversi periodi della storia dell’arte, reinventate però grazie a un linguaggio fresco e totalmente contemporaneo. Di seguito un focus sugli artisti e sulle opere in mostra.

Carolina Palumbo

SABRINA ANNALORO

Sabrina Annaloro, Riti Rupestri, 2021, olio su tela, 200x200 cm

Sabrina Annaloro, Riti Rupestri, 2021, olio su tela, 200×200 cm

Riti rupestri di Sabrina Annaloro (Palermo, 1989) si svolge in un’ambientazione dal gusto medievale, ricordando le opere di Hieronymus Bosch per la complessità che la caratterizza.
I soggetti sono corpi che si intrecciano fra loro, impegnati in processi di metamorfosi e transizione, distribuiti in una cornice fantastica e dominata dalla natura, presenza fondamentale per l’artista, in quanto i suoi soggetti non sono semplicemente disposti nell’ambiente, ma ne fanno completamente parte. Diventano una cosa sola, non esiste natura senza uomo e uomo senza natura. L’ibridazione a cui Annaloro sottopone la figura umana con diversi animali rimanda non solo all’antropomorfismo dei soggetti di Mattew Barney in Cremaster, ma anche allo spiccato gusto surrealista di Max Ernst, il tutto raffigurato nello stile delle miniature persiane. La sua ricerca pittorica attinge dunque dagli stili esotici e orientali, ma con un tono grottesco e bestiale.

MATTIA BARBIERI

Mattia Barbieri, Madonna con bambino, 2021, olio e tempera su tavola, 125x90 cm

Mattia Barbieri, Madonna con bambino, 2021, olio e tempera su tavola, 125×90 cm

Mattia Barbieri (Brescia, 1985) presenta un dittico di oli su tavola, arricchiti dalla presenza di una scultura completamente dipinta a mano e adornata in cima da una piccola palma. La sensazione che suggerisce è accogliente e familiare, come se entrassimo all’interno di una stanza arredata con un gusto arabo-egiziano. Barbieri reinventa completamente due soggetti classici della storia dell’arte: il Salvator Mundi e la Madonna con Bambino, caratterizzandoli con una complessità grafica dovuta alle incisioni e ai segni che creano tridimensionalità all’interno delle opere. I soggetti sono completamente surreali, alieni, rivestono un ruolo primario e troneggiano nella struttura espositiva che occupano.

ENNE BOI

Enne Boi, Rebus (Tres Amigos), 2017, olio e inchiostro su tela, 177x120 cm

Enne Boi, Rebus (Tres Amigos), 2017, olio e inchiostro su tela, 177×120 cm

Enne Boi (Cantù, 1989) è l’artista che ricorda maggiormente l’Espressionismo tedesco del secolo scorso, inserendosi perfettamente in una sorta di Brücke del XXI secolo. La figura è protagonista assoluta delle sue opere, nonostante le alterazioni anatomiche alle quali è sottoposta. I colori sono violenti, si stagliano con aggressività all’interno della tela. In Rebus (Tres Amigos) le figure sono presentate in una posizione apparentemente meditativa, ma totalmente vibranti e cariche di impeto emozionale, come se potessero iniziare a urlare da un momento all’altro.

ANNA CAPOLUPO

Anna Capolupo, Hanno fatto a pezzi mio padre, 2021, olio su tela, 120x100 cm

Anna Capolupo, Hanno fatto a pezzi mio padre, 2021, olio su tela, 120×100 cm

Ciò che contraddistingue Anna Capolupo (Lamezia Terme, 1983) è lo spiccato gusto estetico con il quale rielabora un soggetto tradizionale qual è la natura morta.
Dispone su dei piani quasi impercettibili oggetti che fanno parte della sua quotidianità e che ne caratterizzano il processo di crescita personale, inserendo nella composizione anche parti anatomiche che richiamano, con un linguaggio di carattere espressionista, le nature morte realizzate in obitorio nelle fotografie di Joel Peter Witkin. L’alterazione cromatica a cui sottopone i soggetti ci fa galleggiare dentro scenari onirici e tutt’altro che inquietanti, ci porta anzi in una condizione meditativa, permettendoci di entrare nell’intimo della quotidianità dell’artista.

SILVIA CAPUZZO

Silvia Capuzzo, Partitozza, 2020, olio su carta su tavola, 40x50 cm

Silvia Capuzzo, Partitozza, 2020, olio su carta su tavola, 40×50 cm

L’astrattismo di Silvia Capuzzo (Merano, 1996) è caratterizzato da pennellate larghe e morbide nella forma, le quali non si distaccano del tutto dalla realtà ma continuano in una ricerca della forma fisica. L’apparente impulsività delle opere è in realtà una ricerca sapientemente strutturata, ravvisabile nell’eccellente bilanciamento cromatico. L’utilizzo dei colori e la scelta dei soggetti evocano il neorealismo pittorico di Renato Guttuso. Notevole la distorsione dei corpi, i quali si compenetrano a vicenda in queste scene che, più che concentrarsi sui dettagli, lasciano spazio all’armonia del tutto.

COSIMO CASONI

Cosimo Casoni, Vie di fuga (la fiumara), 2020, olio su tela, lacci usati, cornice d’artista, 41x34 cm

Cosimo Casoni, Vie di fuga (la fiumara), 2020, olio su tela, lacci usati, cornice d’artista, 41×34 cm

Cosimo Casoni (Firenze, 1990) incentra le sue opere su particolari processi di ibridazioni, non solo tecniche ma anche stilistiche. Per esempio, in Vie di fuga, la fiumara, la classicità di un paesaggio a olio è incorniciata da lacci di scarpe. Casoni studia i soggetti anche dal punto di vista prospettico, trasformando l’opera in un campo dedito alla totale sperimentazione.  Gli elementi street (come l’aggiunta di tag) diventano un segno distintivo dell’artista, che ci parla della skate culture e del suo rapporto con l’arte urbana.

GABRIELE ERMINI

Gabriele Ermini, Senza titolo (0420), 2020, olio e acrilico su tela, 120x100 cm

Gabriele Ermini, Senza titolo (0420), 2020, olio e acrilico su tela, 120×100 cm

La pittura di Gabriele Ermini (Firenze, 1996) è caratterizzata dall’alterazione cromatica e anatomica del corpo umano, che esce totalmente dall’ambientazione per via della forte contrapposizione di colori fluo tipici della cultura Anni Novanta. La figura umana è scultorea, le pose classiche trovano modernità grazie all’utilizzo di più tecniche (olio, acrilico, vernici spray e aerografo), cercando di maturare una ricerca formale ma con una personale visione contemporanea.

ALESSANDRO GIANNÌ

Alessandro Giannì, Max e le reminiscenze di un futuro sommerso, 2018, olio su tela, 40x50 cm

Alessandro Giannì, Max e le reminiscenze di un futuro sommerso, 2018, olio su tela, 40×50 cm

Alessandro Giannì (Roma, 1989) è un artista che trae ispirazione da internet e dai nuovi media. Nonostante il punto di partenza, assolutamente moderno, elabora la sua ricerca con fare quasi espressionista. L’aggressività delle campiture e della materia deforma le immagini e i soggetti. Il surrealismo che ne consegue spinge a interrogarsi sul significato dell’opera, difficilmente decifrabile, lasciando spazio a un’analisi delle emozioni e dei sentimenti, piuttosto che del reale.

JIMMY MILANI

Jimmy Milani, Il crepuscolo degli idoli, 2020, acrilico su tela, forex sagomato, 128x104 cm

Jimmy Milani, Il crepuscolo degli idoli, 2020, acrilico su tela, forex sagomato, 128×104 cm

Il fare di Jimmy Milani (Savigliano,1995) è contraddistinto da un forte segno grafico, che rimanda al mondo del fumetto. Le opere sono elaborate su scale cromatiche ben definite, creando in alcuni casi dei giochi tono su tono. Ciò che colpisce delle sue opere sono le cornici, realizzate a mano e che diventano parte dell’opera basandosi sulla rimodernizzazione della maniera antica, in cui la cornice non era solo un supporto per l’opera ma una componente fondamentale. Non si tratta però di legno e foglia oro, ma di forex sagomato. Le opere si articolano su diversi piani ben distinti, come fossero la ricostruzione di scenografie teatrali.

MATTIA SINIGAGLIA

Mattia Sinigaglia, God’s tattoo in Do minore, 2021, olio, pasta modellante su lino, ceramica, legno, 70x56,5 cm

Mattia Sinigaglia, God’s tattoo in Do minore, 2021, olio, pasta modellante su lino, ceramica, legno, 70×56,5 cm

Mattia Sinigaglia (Castiglione delle Stiviere, 1989) si presenta con opere di carattere surrealista, dove magia e ricerca scientifica si fondono. L’accuratezza della maniera pittorica su tela incontra la ricerca di un piano tridimensionale nelle cornici. Il suo approccio alla tecnica è quello di un ricercatore scientifico: Sinigaglia infatti sperimenta una molteplicità di materiali che spaziano dalla cera alla ceramica, dalla pasta modellante ai pigmenti e infine all’argilla cruda, rompendo la banalità grazie a una serie di tecniche ed elementi che si muovono sinergicamente in un contesto sognante.

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