Eros, Thanatos e Johan Creten a Villa Medici a Roma

L’opera eclettica e sorprendente del belga Johan Creten per la prima volta in una grande retrospettiva in Italia. Nella storica sede romana dell’Accademia di Francia.

Villa Medici, a Roma, riserva a ogni visita piacevoli sorprese: in un pomeriggio piovoso d’inizio marzo, per esempio, può capitare di soffermarsi ad ammirare gli uccelli dipinti da Jacopo Zucchi nel 1576 sulla volta del padiglione di Ferdinando de’ Medici, poi, passeggiando per i giardini incantati della villa, incrociarne uno – un pavone – preso a ripararsi dalla pioggia sotto una loggia monumentale, quindi proseguire negli incontri zoologici inattesi con un gigantesco pipistrello di bronzo, le ali spiegate a incorniciare la cupola di San Pietro in lontananza.
L’ultimo esemplare è opera di Johan Creten (Sint Truiden, 1963; vive a Parigi), di cui è in corso alla villa la prima grande retrospettiva italiana; secondo un bisbiglio curatoriale la scultura avrebbe dovuto essere disposta ben visibile dall’esterno dell’edificio, però, vista la dubbia fama che i chirotteri si sono guadagnati nella pandemia in corso, gli organizzatori della mostra insieme all’artista hanno preferito una collocazione altrettanto scenografica ma più discreta. Peccato, viene da considerare, perché un po’ di allure da Gotham City si sarebbe ben attagliata alla spoglia atmosfera corrente del centro storico romano; ma è, questa, l’unica critica che ci si sente di muovere a una mostra nel suo complesso entusiasmante.

LA MOSTRA DI CRETEN A ROMA

Creten è un artista belga d’origine, internazionale per circolazione, rinascimentale – tendenza barocca – per vocazione: il suo eclettismo produttivo, infatti, ha pochi eguali nel panorama contemporaneo, mentre lo ricollega felicemente alla giocosa estroversione che animava le corti cinque-seicentesche (Bernini, per dire, fu anche scenografo, e, pare, pasticciere). A Villa Medici, dove Creten fu già borsista dell’Accademia di Francia nel 1996, le sue opere hanno dunque trovato una scena ideale, abitata con gusto e intelligenza.
Oltre cinquanta pezzi, tra sculture in ceramica, resine e bronzo, bassorilievi-pitture e installazioni realizzate nel corso dell’ultimo trentennio consentono di avvicinare un percorso esistenziale, creativo e concettuale d’indubbio fascino, in cui le sorprese – cosa ben diversa dalle trovate – si combinano tra loro e gli ambienti circostanti, sia d’esterno che d’interno, in una vertigine immaginale in grado di passare con disinvoltura da complesse messinscene critico-politiche (vedi la combinazione di installazioni come The price of Freedom, Wargame Tondos, Couch Potatoes e Signs of Time lungo la salita interna d’ingresso) a sensuali celebrazioni anatomo-monumentali (Muses et MedusesLes Trois Trous, The Herring), disseminando al contempo una serie notevole di esperimenti formali (Miroir, Plantstock, Dutch Landscapes). Il tutto, va aggiunto, combinato con arazzi e rare stampe di proprietà dell’artista, a conferma del respiro e sguardo lunghi suoi propri.

Johan Creten. I Peccati. Exhibition view at Villa Medici, Roma 2021

Johan Creten. I Peccati. Exhibition view at Villa Medici, Roma 2021

LO STILE DI CRETEN

Per Creten molta critica suole parlare di oscurità e turbamenti (così per esempio una recente recensione sul New York Times), e anche il titolo della mostra romana – Peccati – potrebbe indurre una lettura affrettata a riflessioni similari. C’è però vario altro, più profondo e insieme superficiale, gravitante tutto intorno a un sentimento vitale travolgente, così come messo ben in evidenza da un testo in catalogo di Colin Lemoine: “Le sculture di Johan Creten non hanno nulla a che vedere con la morale o la sanzione, la ghigliottina o la censura. Esse parlano dei peccati, parlano della vita che infonde desiderio e dolore, speranza e pena, lussuria e collera, amore e morte, Eros e Thanatos”.
L’oscurità, insomma, è più quella degli anfratti naturali che della melanconia, il turbamento – secondo la sua antica etimologia – l’agitazione che pulsa e si propaga dall’organicità dell’essere, trascinando nella piena vita. O almeno nel corso della visita a una mostra riuscita.

Luca Arnaudo

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Luca Arnaudo

Luca Arnaudo

Luca Arnaudo è nato a Cuneo nel 1974, vive a Roma. Ha curato mostre presso istituzioni pubbliche e gallerie private, in Italia e all'estero; da critico d'arte è molto fedele ad Artribune, da scrittore frequenta forme risolutamente poco commerciali, come…

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