Per non restare immobili. Casa Masaccio ricorda l’artista Cinzia Ruggeri

La mostra allestita a Casa Masaccio | Centro per l’arte contemporanea, a San Giovanni Valdarno, porta l’attenzione su un’artista inspiegabilmente dimenticata, che ha fatto della trasversalità creativa il suo marchio di riconoscimento.

Cinzia said,/ vorrei cambiare il mio vestito che/ vecchio ormai/ non mi sta bene più su”, cantava nel 1984 Antonella Ruggiero in Elettrochoc. Cinzia è Cinzia Bauci, co-autrice del testo insieme a Mauro Sabbione. Ma c’è un’altra Cinzia fondamentale per lo sviluppo di questa narrazione. Lei, la Ruggeri (Milano, 1942-2019). Autrice non a caso dell’indimenticabile abito – Hommage à Levi Strauss – che la Ruggiero indossa sulla cover dell’album dei Matia Bazar Aristocratica – foto di Occhiomagico, design di Alchimia e Alessandro Mendini – in anni in cui in Italia gli scambi fra le discipline – musica, moda, design, fotografia – sono fluidi e felici. Un abito: una perfetta dichiarazione di poetica. Con intelligente ironia e provocazione mai fine a se stessa, la Ruggeri – esordiente diciottenne sotto i buoni auspici di Dino Buzzati – scardina linguaggi, codici e pose della moda. Instancabile sperimentatrice, opera continui slittamenti di senso di sapore dada. Decontestualizza e risemantizza. Ma sempre con grande consapevolezza della tecnica e dei materiali. E con il corpo quale punto di partenza per la costruzione di un progetto. La sineddoche e la metonimia le figure retoriche che forse meglio potrebbero descrivere il suo approccio, la sua idiosincratica Règle du jeu: il contenente per il contenuto, la parte per il tutto e così via.

LA MOSTRA A CASA MASACCIO

Cinzia Ruggeri … per non restare immobili, a cura di Rita Selvaggio, a Casa Masaccio | Centro per l’arte contemporanea di San Giovanni Valdarno – resa possibile grazie all’Archivio Cinzia Ruggeri, alla Galleria Federico Vavassori, ai contributi filologici e iconografici di Aldo Lanzini e realizzata in collaborazione con Kunstverein di Langenhagen, dove sarà presentata nel 2021 – restituisce finalmente giustizia a questa figura seminale dell’arte e del progetto, ancora così poco conosciuta ai più, forse proprio per una sua certa ritrosia ad aderire a facili schemi e categorizzazioni.

Cinzia Ruggeri, Abito giallo a scale, 1980 ca.. Photo OKNOstudio

Cinzia Ruggeri, Abito giallo a scale, 1980 ca.. Photo OKNOstudio

CINZIA RUGGERI E JOAN JONAS

La mostra, allestita in un perfetto dialogo con lo spazio espositivo, apre a un universo affascinante e complesso, un universo fatto di specchi dotati di mani, fenicotteri, donne-polipo, maiali, perle (ai porci, appunto), ombre/sedute oblunghe (ma “con brio”), abiti tovaglia, cristalli liquidi, uova (citazione della ieratica Pala di Montefeltro di Piero della Francesca, ma più prosaicamente distribuite su vestiti e accessori), guanti (involucri simbolici e aptici, alla bisogna in grado di diventare borse, e anche schiaffi), occhiali sovradimensionati, coppole con cervello, fenicotteri, decori mai casuali –  anzi perfettamente significanti – e cani, anzi, il cane, l’amato schnauzer Scherzi, nomen omen. Facile pensare allora ad altre artiste “cinofile”, in primis Joan Jonas con Zina o Laurie Anderson con Lou, e ai video dedicati ai loro compagni a quattro zampe. E Laurie Anderson torna tra gli immaginari di Cinzia Ruggeri nella rievocazione del suo primo singolo O Superman del 1981, fuso e confuso, in pieno spirito postmoderno, con L’arte della fuga (1747-50) di Johann Sebastian Bach.

IL “VESTIRE ORGANICO” DELLA RUGGERI

Ruggeri propone un onirico “vestire organico” che veste e investe non solo il corpo, ma l’abitare e l’intero essere nel mondo. Per dare vita a opere fuori dal tempo. D’altra parte, dichiarava la Ruggeri: “L’unico modo per sopravvivere è non avere una identità temporale”.
A Cinzia poi, per sua stessa ammissione, piaceva nuotare, e lo si ritrova un po’, evocativamente, nel gorgoglio dell’acqua del video Per un vestire organico, la cui regia è firmata con Marco Poma. Come pure le piaceva ridere. Basti ascoltare il sonoro del film Camera del sonno di Georg Brintrup: un ritratto in cui la Ruggeri parla, tanto. E ride, tanto.

Damiano Gullì

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Damiano Gullì

Damiano Gullì

Damiano Gullì (Fidenza, 1979) vive a Milano. I suoi ambiti di ricerca sono l’arte contemporanea e il design. Da aprile 2022 è curatore per l'Arte contemporanea e il Public Program di Triennale Milano. Dal 2020 è stato Head Curator del…

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