Confini immaginari. 23 artisti a Palermo

Palazzo Ziino, Palermo – fino al 31 gennaio 2020. La retorica del confine e le sue derive più attuali sono i temi portanti della mostra palermitana che riunisce una ventina di artisti di nazionalità diverse.

Il patriottismo è l’ultimo rifugio dei farabutti”, diceva Samuel J. Johnson e Oscar Wilde confermava: “Il patriottismo è la virtù dei perversi”. Le due citazioni ben introducono ai temi della mostra Palindromes. Or the imaginary border, che si sta svolgendo a Palazzo Ziino. Palermo e Lipsia sono due città molto differenti dal cui confronto sui temi dell’identità e del confine è nato un interessante scambio tra gli studenti delle due istituzioni.
Gli artisti, dopo alcune visite nelle reciproche città, hanno deciso di lavorare sul concetto stesso di confine. Non solo in relazione alle oggettive conseguenze che esso ha sulla vita di rifugiati e migranti. Palindromes riflette sui confini invisibili che condizionano coloro che, invece, godono dei diritti di base. Più esattamente, quelli che si possono definire “confini immaginari”, ovvero le retoriche identitarie, la costruzione del nemico, la percezione indotta di un’ipotetica insicurezza urbana, il patriottismo e così via. In altre parole, tutto ciò che, allo scopo di definire le regole di esclusione, crea altre regole, indispensabili al riconoscimento dell’inclusione e completamente immaginarie.

Martina Campanella, Nessun bianco o nero è trasparente, frame da video

Martina Campanella, Nessun bianco o nero è trasparente, frame da video

ARTISTI E CONFINI GEOGRAFICI

Ventitré artisti non sono solamente italiani o tedeschi, ma anche americani, russi, coreani, iraniani, brasiliani e della regione di Hong Kong, e ciò consente anche un’utile riflessione sulla globalizzazione dei linguaggi dell’arte. Molte opere raccolgono le testimonianze di protagonisti dell’esclusione, o anche storie di profughi, di esclusi, di immigrati che non hanno mai trovato pace, sentendosi, fino alla vecchiaia, corpi estranei in una società indifferente e disumana, viaggiatori senza patria e senza bandiera. La città è per tutti il luogo della discriminazione. Non mancano lucide analisi delle ragioni dell’asimmetria economica e politica che governa il mondo e del business della guerra, vero responsabile della condizione di nomadismo di migliaia di persone. Il progetto è di Serena Giordano (artista e saggista) e la curatela della mostra di Alba D’Urbano (Accademia di Lipsia), Rosa Persico ed Emilia Valenza (Accademia di Palermo).

Marco Crivellin

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Marco Crivellin

Marco Crivellin

Marco Crivellin vive a Firenze. Negli anni '90 ha collaborato con lo studio fotografico di Carlo Fabre, lavorando sulla sperimentazione digitale, successivamente si è occupato di fotografia pubblicitaria. Membro dell'associazione interculturale “All'ombra del Mediterraneo”, attualmente lavora come fotografo freelance e…

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