Laboratorio del Futuro. Cos’è il progetto ideato da Fabio Cavallucci e inaugurato a Palermo

Il progetto, concepito come piattaforma di dialogo aperta a intellettuali e cittadini in cui discutere di temi della contemporaneità, ha fatto il suo esordio a Palermo nell’ambito della seconda edizione della Biennale Arcipelago Mediterraneo, per poi spostarsi a Carrara. A parlarcene è il suo ideatore, il critico e curatore Fabio Cavallucci

Piattaforma di dialogo, progetto di confronto permanente, luogo ideale in cui discutere della contemporaneità e dei temi a essa connessi: società, politica, tecnologia, globalizzazione, democrazia, migrazione, demografia, ecologia, coinvolgendo intellettuali del mondo dell’arte, della filosofia e della scienza e i cittadini, con lo scopo di “costruire una visione comune definendo le basi filosofiche ed etiche di una società più consapevole”. È il Laboratorio del Futuro, progetto iniziato dal critico d’arte e curatore Fabio Cavallucci – in collaborazione con Giovanna Bernardini, Lorenzo Bruni, Tiziana Casapietra, Giovanni Sighele, Aleksandra Bolgova, Andrea Cavallari, Huiming Hu, Gian Marco Montesano, Stefano W. Pasquini e Virginia Zanetti – che ha avuto ufficialmente inizio lo scorso 23 novembre a Palermo, nella cornice di Palazzo Abatellis, nell’ambito della seconda edizione di BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, rassegna di teatro, musica e arti visive fondata e diretta da Andrea Cusumano e incentrata sulle tematiche dell’accoglienza e del dialogo. Democrazia e demografia sono stati i temi discussi durante la giornata palermitana del Laboratorio del Futuro, che ha visto la partecipazione di Annalisa Busetta, Leonardo Caffo, Giulia de Spuches, Kenneth Goldsmith, Maurizio Alfonso Iacono, Franco La Cecla, Cecilia Laschi, Helen Mountfield, Damian Tambini e Fulvio Vassallo. A spiegarci visione e finalità del Laboratorio è Fabio Cavallucci, che ci racconta inoltre com’è andato l’incontro a Palermo, il successivo svoltosi a Carrara lo scorso 18 dicembre e gli appuntamenti in programma nel 2020.

Quando e come nasce l’idea di dare vita al Laboratorio del Futuro? Quali sono i temi portanti e gli obiettivi che questo progetto si prefigge?
L’idea del Laboratorio del Futuro è nata lo scorso anno durante un incontro presso l’editore Laterza a Roma, dove presentavamo il libro postumo di Zygmunt Bauman L’ultima lezione, tratto dall’ultima conferenza che il grande polacco ha fatto in vita, presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato di cui ero direttore. Fu proprio Giuseppe Laterza che lanciò l’idea: “sarebbe bello”, disse, “se il pensiero di questi grandi intellettuali potesse filtrare nella politica, diventare guida dell’azione di governo”. Detto, fatto: “se così è”, dissi io, “basta farlo, basta creare un’organizzazione che aiuti e stimoli questo processo”. In un momento in cui è difficilissimo capire dove il mondo stia andando, il Laboratorio si prefigge il compito di ridefinire i contorni della nostra civiltà, di individuarne le direttrici e i valori. Compito utopistico, addirittura assurdo, ma essenziale per tornare a riconoscere il valore della cultura, dello studio e dell’approfondimento.

Il Laboratorio si presenta come piattaforma che vede intellettuali discutere, insieme ai cittadini, di temi della contemporaneità. In che modo l’arte riesce a inserirsi e a dare il proprio contributo all’interno di queste tematiche?
Certo ciò che non si può più fare, oggi, è mettere insieme un po’ di intellettuali e lasciarli discutere in una torre d’avorio. Non è più il tempo delle élite che prendono decisioni per tutti. Bisogna accettare il processo di “democratizzazione” che sta avvenendo nelle piattaforme digitali e nei social networks. Tutti hanno il diritto di dire la loro. Solo che ciò non può essere fatto, come sta avvenendo finora, abbassando il livello della discussione, semmai cercando di alzare la qualità del dibattito. I temi sono quelli più importanti oggi: l’ecologia, le nuove tecnologie, la democrazia, il lavoro, tutti le aree sottoposte a grandi mutamenti che necessitano di un ripensamento generale.

In che modo l’arte riesce a inserirsi e a dare il proprio contributo all’interno di queste tematiche?
Quanto all’arte, non credo che in questa fase vada privilegiata rispetto ad altri ambiti della cultura. Anche se il gruppo dei fondatori, per ovvie ragioni di contiguità, è legato all’arte, gli artisti e i curatori prenderanno parte al Laboratorio nello stesso modo degli altri operatori culturali, quali i filosofi e gli scienziati. Si tratta di aprire anche una fase di incontro e discussione tra i vari linguaggi, di interdisciplinarità. Ma da un altro punto di vista, essendo l’arte ormai da decenni abituata a nutrirsi dei linguaggi degli altri ambiti culturali, potremmo anche dire che tutto questo è arte.

Quella svoltasi a Palermo è stata la giornata inaugurale del Laboratorio, che continuerà il suo percorso anche in altre città; il secondo appuntamento si è svolto a Carrara lo scorso 18 dicembre. Quali sono i programmi futuri del progetto e che significato ha avuto inaugurare i dibattiti del Laboratorio proprio a Palermo?
​A Palermo il Laboratorio ha trovato il sostegno di Andrea Cusumano, già Assessore alla Cultura della città, che l’ha ospitato all’interno della Biennale Arcipelago Mediterraneo che egli stesso ha creato due anni fa. Così, lo scorso 23 novembre, il Laboratorio del Futuro è nato ufficialmente nella magnifica cornice di Palazzo Abatellis, con il sostegno della Regione Sicilia; abbiamo visto passare filosofi come Maurizio Alfonso Iacono e politologi come Damian Tambini, creativi come Kenneth Goldsmith e antropologi come Franco La Cecla.

Dopo Palermo e Carrara, quali saranno i prossimi appuntamenti e i temi che saranno trattati dal Laboratorio del Futuro?
Dopo Carrara – dove Giovanna Bernardini ha organizzato un incontro con Cecilia Laschi, che si occupa di robotica – stiamo già lavorando agli appuntamenti del 2020: a Torino, a Bologna, a Milano. Per avere informazioni basta aggiornarsi sul sito laboatoriodelfuturo.it. Un incontro più largo avverrà presto sul tema della demografia, che è un modo per allargare il punto di vista troppo ristretto con cui la politica guarda al tema delle migrazioni. Stiamo avendo un grande riscontro da parte dei demografi, anzi, principalmente delle demografe, visto che le persone con cui stiamo parlando per la maggior parte sono donne, che trovano questo progetto molto importante. Chissà, che il futuro del Laboratorio del Futuro non dipenda proprio dalle donne?

– Desirée Maida

www.laboratoriodelfuturo.it
www.bampalermo.com

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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