Fuori dal vaso. Pittura e azienda spalla a spalla, a Mestre

Il curatore Daniele Capra e il direttore creativo di Vulcano Nico Covre descrivono il lavoro e gli intenti dell’agenzia creativa con sede a Mestre Marghera.

Beatrice Gelmetti, Adelisa Selimbašić, Mattia Sinigaglia e Francesco Zanatta, tra i talenti recentemente emersi dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, sono stati invitati a svolgere un periodo di ricerca all’interno di Vulcano, una delle più dinamiche agenzie creative del nostro Paese. Dopo aver condiviso tempo e spazi di lavoro con i dipendenti e i clienti dell’azienda, una mostra ora ne racconta il percorso. Daniele Capra e Nico Covre, uno curatore indipendente e nostra firma, l’altro direttore creativo di Vulcano, fanno il punto della situazione.

Daniele Capra: Quando a luglio mi hai raccontato che avreste cambiato sede e che dalla fine dell’estate avreste avuto a disposizione uno spazio molto ampio, sempre a Mestre Marghera, mi è subito venuto in mente che fosse un posto giusto per farci qualcosa che aveva a che fare direttamente con l’arte. Pensavo a una mostra, che qui a Marghera, tra le industrie, il petrolchimico, la Fincantieri, era perfetta se si voleva ridiscutere l’idea che l’arte si produca nelle periferie sporche ma si mostri solo nei salotti delle città.

Nico Covre: Vulcano ha l’arte contemporanea nel suo DNA. Sin dalla nostra fondazione abbiamo collaborato alla ricerca di artisti come Adrian Paci, Ivan Moudov, Regina José Galindo, Tomás Saraceno, Igor Grubić e abbiamo prodotto il docufilm Ossessione Vezzoli. È stata fondamentale poi la partnership con Rave, con cui c’è uno scambio continuo. Per inaugurare la nostra nuova sede serviva invece qualcosa che andasse oltre la collaborazione. Era interessante diventare noi stessi il progetto, insieme agli artisti. Dovevamo essere uno degli ingredienti della ricetta!

D. C.: Da questo mi è nata l’idea di invitare artisti emergenti come Beatrice Gelmetti, Adelisa Selimbašić, Mattia Sinigaglia e Francesco Zanatta. Sono tutti pittori, tra i talenti più promettenti dall’Accademia di Venezia. L’opportunità era quella di contaminarsi reciprocamente, condividendo lo spazio, il pranzo, una birretta o la pausa per una sigaretta.

N. C.: Beh, all’apertura del primo barattolo di trementina all’interno dell’open space la contaminazione è stata reale! Una puzza pungente che a qualcuno dei collaboratori di Vulcano ha dato subito fastidio, mentre qualcuno appassionato di intrugli chimici avrà apprezzato. Ma il bello della pittura, ma anche del lavoro che facciamo qui a Vulcano, è proprio il fatto che capita ciò che non ti aspetteresti. Il punto centrale di Fuori dal vaso è stata l’interazione quotidiana tra i suoi protagonisti, che si è svolta tra presentazioni, sessioni di lavoro e chiacchierare spontanee.

Fuori dal vaso. Vulcano, Venezia 2019. Photo Claudio Bettio

Fuori dal vaso. Vulcano, Venezia 2019. Photo Claudio Bettio

D. C.: Il titolo del progetto parla proprio di questo. L’espressione “farla fuori dal vaso” evidenzia proprio la disponibilità ad andare oltre a regole e le prassi di lavoro consolidate. Per gli artisti nel raccontare i processi che stanno alla base del proprio modo di dipingere e nel tentativo di sviluppare delle immagini significative, per l’azienda nello sperimentare e proporre ai committenti soluzioni scomode, prima mai adottate. In Fuori dal vaso abbiamo poi cercato di rompere un doppio isolamento. Quello dell’artista nel suo studio, che sta spesso suo malgrado a margine dalla vita comune, ma anche quello di Vulcano che decide di investire risorse e il tempo dei propri collaboratori per finalità differenti da quelle strettamente aziendali.

N. C.: In Fuori dal vaso abbiamo cercato di sondare le possibili applicazioni delle tecnologie digitali nel mondo classico della pittura. Nella nostra testa il pittore osserva la tela, osserva il vaso di fiori, misura le proporzioni, intinge il pennello e dipinge la natura morta. Un cliché duro a morire. Viceversa Vulcano ha a che fare quotidianamente con i temi della trasformazione digitale in atto, che sviluppa sui progetti dei propri clienti. Davvero l’artista ha sempre le mani sporche di colore, mentre il grafico, e il creativo più in generale, passano tutta la giornata davanti a un rettangolo luminoso? Il giorno dopo giorno del progetto ha messo in evidenza un fatto semplice: i pittori utilizzano gli stessi strumenti digitali che utilizza qualsiasi creativo. Solo che, spesso, li usano in forma destrutturata, ma per gli stessi fini.

D. C.: La pittura si fa con tutto. Con le tecniche consuete, ma anche grazie alle possibilità di elaborazione dell’immagine consentita dai software, agli stimoli che provengono dallo sterminato database di immagini e video di internet, nonché alla presenza pervasiva dei social network, che hanno agito come dei veri e propri produttori di immaginari. L’artista, ma il discorso è analogo per ogni creativo, deve di fatto orientarsi in un mondo fatto di flussi visivi ininterrotti e, soprattutto, deve sapere scegliere se esserne parte o, talvolta, preferirgli il silenzio più profondo.

N. C.: Un rischio ulteriore, oltre al frastuono o all’isolamento di cui parli, è quello di affezionarsi alle strade convenzionali. Intraprendere un progetto di ricerca vuol dire anche saper cambiare idea e obiettivi in corsa, senza aver paura di contraddirsi. Farla fuori dal vaso significa invece mettersi in discussione, uscire dalla comfort zone, dalle tassonomie comode per assumersi il rischio di sbagliare, buttando il cuore oltre l’ostacolo.

Daniele Capra e Nico Covre

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Daniele Capra

Daniele Capra

Daniele Capra (1976) è curatore indipendente e militante, e giornalista. Ha curato oltre cento mostre in Italia, Francia, Repubblica Ceca, Belgio, Austria, Croazia, Albania, Germania e Israele. Ha collaborato con istituzioni quali Villa Manin a Codroipo, Reggia di Caserta, CAMeC…

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