Artista clandestino. Le riflessioni di Pino Boresta

“Uno dei compiti dell’arte non è forse quello di esercitare una certa critica sociale?” Sulla scorta di questo interrogativo, Pino Boresta ripercorre la sua carriera di artista “clandestino”.

Dopo trent’anni di clandestinità, per la prima volta un mio S.S.R. ‒ Segnale Stradale Rettificato è stato esposto ufficialmente in un museo.
Un giusto riconoscimento?
Un’essenziale gratifica?
Un’opportuna ricompensa?
Un dovuto premio?
Non lo so, ma come potrebbe non farmi piacere che qualcuno finalmente si sia accorto del mio trentennale lavoro? Avere finalmente una nuova forma di visibilità, che possa essere apprezzata anche da coloro a cui, per motivi a me sconosciuti, risulto fastidioso, non può che farmi piacere.
Per cui, grazie!
Per me è:
Un onore.
Un elogio.
Una lode.
Una gratificazione.
Questo accade per la mostra Ingombri / l’Altro e altrove.
Nella mostra sono esposte solo alcune delle 500 opere della collezione del MAAM.
Tra gli artisti presenti: Giovanni Albanese, Krzystof M. Bednarski, Pino Boresta, Paolo Buggiani, Laura Pinta Cazzaniga, Mauro Cuppone, Iginio De Luca, Davide Dormino, Santino Drago, Pablo Echaurren, Nicola Evangelisti, Ciro Formisano, Giorgio Lupattelli, Federica Luzzi, Michela Martello, Marcello Maugeri, Molino&Lucidi, Veronica Montanino, Mimmo Pesce, Francesco Pio Petrone, Già Cri Piacentini, Katia Pugach, Roger Ranko, Guendalina Salini, Francesco Saverio Teruzzi, Paola Romoli Ventura, Ekaterina Viktorovna Pugach-Domaevskaya.

PERCHÉ IL PROGETTO S.S.R.?

Dice Peter Kennard: “Bisogna contrattaccare aggredendo i loro occhi”.
Questo è quello che ho tentato di fare io con i miei S.S.R. ‒ Segnali Stradali Rettificati, con i M.E.R.d.A. ‒ Manifesti Elettorali Rettificati da Asporto, e con tutto il progetto C.U.S. ‒ Cerca ed Usa la Smorfia. Una serie di tentativi di micro-resistenza al dilagante potere del consumismo e di una politica che sta perdendo il suo valore etico.

Un S.S.R. ‒ Segnale Stradale Rettificato di Pino Boresta

Un S.S.R. ‒ Segnale Stradale Rettificato di Pino Boresta

PERCHÉ IL PROGETTO C.U.S.?

– La mia micro-resistenza al potere? (Bisogna osare).
– Il mio tentativo di esistere? (Giusto tentare).
– Una critica sociale? (Forse, anche).
– Un mettersi in gioco? (Sicuramente).
– Un’opinione, un mostrarsi, un nascondersi? (Per chi, da chi).
– A volte un giocare a nascondino.
– Altre volte una sfida, una sconfitta, una vittoria, una rivincita.
– Un Boooh!
– Un prendersi in giro, il non prendersi mai sul serio?
– Una faccenda seria.
– Una risata.
– Un’incazzatura.
– Un pianto.
– Un punto, due punti, una virgola, un punto e virgola, un punto esclamativo, un punto interrogativo, un apostrofo, un virgolettato, un sottolineato, un puntini puntini, cosa di ciò?
– Un giocare a chi lo trova? A chi l’ha visto? A guarda chi c’è? A guarda che c’è scritto?

Forse un ma: Ma cos’è? Ma che significa? Ma chi è? Ma che vuole? Ma che cerca? Ma che vorrà? Ma questo è scemo? Ma questo è proprio scemo? Ma questo è tutto scemo? Ma perché?
Un perché? Un perché no?
Un cosa? Un cosa pensa di fare? Un cosa pensa di dire? Un cosa pensa di ottenere?
Tutto questo e molto altro.
Tutto questo e molto meno.
Tutto questo e vai così!
Questo è tutto (o quasi).

PERCHÉ IL PROGETTO M.E.R.D.A.?

Voglio cominciare con un racconto.
Un giorno, andando a un’inaugurazione, passai davanti a una nota galleria dove sull’uscio a rimirar tra le rossastre nubi incontrai non il cacciator, ma il gallerista che parlava con un noto artista. Avevo sotto il braccio un paio di manifesti elettorali che avevo appena strappato da un muro lì vicino per portarmeli in studio, e poiché avevo con lui una certa confidenza, gli ho proposto di comprarseli (chiaramente li avrei rettificati lì per lì con dei miei adesivi), ma lui ha cordialmente declinato l’offerta nonostante il prezzo stracciato che gli avrei fatto. Ora questa galleria ha chiuso i battenti già da molti anni, ma chissà cosa pensa oggi quel mercante d’arte. Ricordo inoltre che uno degli aspetti più divertenti di questa faccenda fu che poi, sempre lo stesso giorno, vi è stato chi, più lungimirante di quel gallerista, quei due M.E.R. (Manifesti Elettorali Rettificati) se lì è comprati. Infatti, appena entrai nella galleria dove si teneva il vernissage a cui mi stavo dirigendo, incontrai un noto critico che parlava con il direttore di uno di questi premi per artisti ecc.… beh, insomma, per farla breve, dopo aver scambiato qualche parola, il curatore dice: “Ma lo sai chi è lui? Dai, tira fuori una tua faccia”.
Io invece ho aperto uno dei manifesti che avevo e, adagiandolo sul pavimento, l’ho rettificato lì per lì, creando una festosa azione estemporanea, una sorta di performance inattesa e clandestina nella stessa galleria dove si stava svolgendo la mostra di altri artisti. Non ci crederete, ma anziché cacciarmi via a pedate, tutti (gallerista, curatrici, organizzatori e artisti compresi) si sono avvicinati facendo domande e scattando foto, poi il critico, mio amico, ha voluto pagarmi il M.E.R. anche se io in realtà volevo donarglielo (in passato mi aveva invitato a importanti mostre) e allora l’ho firmato sul retro. Poi anche il direttore ne ha voluto comprare uno, quindi siamo andati sul pianerottolo all’entrata della galleria e lì ho performato, creato e incassato. Sono solo piccole soddisfazioni, lo so, ma sono quelle che mi hanno dato la forza per continuare in questo sporco lavoro d’artista resiliente, che qualcuno dovrà pur fare, e io l’amo troppo per lasciare che lo faccia qualcun altro.

Pino Boresta in allestimento

Pino Boresta in allestimento

INTERVENTI URBANI

Come ho già spiegato più volte il progetto M.E.R.d.A. ossia (Manifesti Elettorali Rettificati da Asporto) è la versione espositiva del mio intervento urbano, denominato M.E.R. ‒ Manifesti Elettorali Rettificati, che eseguo sui manifesti elettorali fin dal 1996. Il progetto M.E.R. è una derivazione del progetto D.U.R. ‒ Documenti Urbani Rettificati (che a sua volta è una derivazione del progetto C.U.S. – Cerca ed Usa la Smorfia), iniziato qualche anno prima, dove a essere modificati con le mie facce erano e sono: manifesti, volantini, locandine, multe, avvisi, pieghevoli, ecc. che si trovano nelle strade. Tutto viene poi lasciato sul posto per provocare un détournement nel passante (soltanto alcuni documenti vengono, a volte, prelevati a documentazione dell’evento). Il progetto M.E.R. è stato particolarmente notato a Venezia nel 1999 durante la Biennale, quando sono intervenuto sul faccione di Vittorio Sgarbi rettificando gli occhiali dell’allora non ancora sottosegretario ai Beni Culturali.
Fin dal 1996 a ogni campagna elettorale compio questo tipo d’intervento urbano, non solo a Roma. All’epoca ancora non portavo via, nello stile Mimmo Rotella, i manifesti, per cui la documentazione consisteva appena in alcune fotografie. Dopo poco ho capito il valore e l’importanza che questo mio intervento urbano poteva rivestire, per questo sono nati i M.E.R.d.A. ‒ Manifesti Elettorali Rettificati da Asporto. Manifesti elettorali dei partiti politici e dei loro candidati che vengono strappati via per essere poi rettificati in un secondo tempo, e quindi esposti nelle occasioni che mi si presentano. Tra i primi in assoluto ci sono quelli con la scritta “Liberà” e quello dei “DS” (esposto anche per un’asta all’Artcurial di Parigi nel 2001). Memorabili invece quelli di Berlusconi, di Veltroni e di Tajani (a cui credo di aver in qualche modo portato fortuna visto che dopo poco diventò presidente del Parlamento Europeo, e la stessa cosa succede in questi giorni con Sassoli anche lui M.E.R. e ora Presidente Europeo).
Purtroppo, ogni volta che proponevo il progetto M.E.R.d.A. a galleristi, curatori o direttori di musei sono sempre tutti scappati via a gambe levate, per poi continuare a lamentarsi che la politica sta distruggendo questo nostro Paese. Ma uno dei compiti dell’arte non è forse quello di esercitare una certa critica sociale? In fondo le mie sono solo opere d’arte, sono solo immagini; o forse lì dove l’immagine si lega a contenuti forti si compie un ponte mediatico particolarmente efficace del quale bisogna avere timore?
Sono così passati più di venti anni affinché potessi realizzare questa mostra trovando qualcuno che avesse il coraggio di sostenerla: l’appassionata gallerista Rossella Alessandrucci, che mi ha voluto come primo artista per l’apertura della sua nuova galleria Bianco Contemporaneo, e il nuovo innovativo direttore di Macro Asilo Giorgio de Finis, due persone che devo e voglio ringraziare particolarmente perché probabilmente hanno capito il senso di questa citazione che ho già più volte utilizzato e che se ricordo bene è di Anna Detheridge:
Senza un margine di rischio da parte dei promotori non esiste libertà di sperimentazione e di ricerca per gli artisti”. E poi non lo sapete che chi non risica non rosica?

Pino Boresta

Quest’ultimo testo sul progetto “M.E.R.d.A.” è stato pubblicato anche su uno dei cataloghi-diario del Macro Asilo a seguito del laboratorio/mostra ivi tenutosi.

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Pino Boresta

Pino Boresta

Pino Boresta nasce Roma e vive a Segni (Roma). Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue…

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