Amore e rabbia. Monica Bonvicini a Milano

Galleria Raffaella Cortese, Milano – fino al 9 novembre 2019. La galleria milanese ospita la multiforme personale di Monica Bonvicini, che si sviluppa negli spazi come tre esposizioni autonome.

I livelli di significato intorno ai quali Monica Bonvicini (Venezia, 1965) opera sono differenti e spesso sorprendono per quanto distanti tra loro. Il caso più lampante è dimostrato dal contenuto dei tre spazi espositivi della galleria milanese, perfettamente innestati in un tranquillo quartiere residenziale. Bonvicini, ricercando la non corrispondenza dell’amore, parte proprio da qui, dal luogo in cui viviamo, dalla configurazione dell’unità abitativa. Carte da parati avvolgono una sala rappresentando villette bifamiliari della provincia lombarda, architetture seriali e anonime nelle tradizionali colorazioni che fossilizzano un immaginario di vita sterile e arido, ma condiviso. In contrapposizione alle facciate di queste case troviamo le tavole tecniche delle loro piante unite a interventi grafici raffiguranti il corpo e l’erotismo femminile. Bonvicini sovrappone alla razionalità della progettazione architettonica strettamente maschile il sapore e il sesso femminile per tracciare, in un piano antitetico, le forme di un nuovo modello abitativo simbolico, libero e fondamentalmente donna.

Monica Bonvicini. Unrequited Love. Installation view at Galleria Raffaella Cortese, Milano 2019. Courtesy of the artist & Galleria Raffaella Cortese, Milano. Photo Andrea Rossetti

Monica Bonvicini. Unrequited Love. Installation view at Galleria Raffaella Cortese, Milano 2019. Courtesy of the artist & Galleria Raffaella Cortese, Milano. Photo Andrea Rossetti

AMBIENTI DOMESTICI

La grande sagoma di un cowboy, il Marlboro Man, virile manifesto pubblicitario già dagli Anni Cinquanta, troneggia in una fine serigrafia, bianco e nero su alluminio, raffreddando la carica emotiva dell’intera stanza. Nel continuo dialogo dicotomico della mostra, la raffigurazione è contrapposta a uno scolabottiglie fuori scala dal quale colano organiche forme in vetro soffiato rosa. Lo scolabottiglie, grande rimando duchampiano, ricco di sporgenze metalliche e uncini, strappa brandelli di carne, pelle, sessi così come il filo spinato al bordo della staccionata intrappola corpi, fughe, sogni in un discorso di grande attualità politica.
Lo scolabottiglie diventa simbolo di significati multiformi, dalla pericolosità dell’ambiente domestico, territorio proprio dell’esser donna, a scultura ready made all’interno della quale rimangono brandelli di correnti artistiche figlie delle Avanguardie, fino alla massima rappresentazione dell’inflaccidirsi della prestanza maschile nella Storia.
L’ambiente domestico, nido violato dalle catastrofi naturali, chiude l’esposizione all’interno dello spazio principale della galleria. Rappresentazioni liquide a parete di case distrutte dall’uragano Katrina, operazione di grande sensibilizzazione, si contrappongono allo sfascio che può generare la rabbia; resa accecante dalla luce bianca di barre LED, è alimentata da un groviglio di fili che sembrano collegare come un ricamo la sfera delle relazioni private con quella esistenziale del genere femminile.

Davide Merlo

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Davide Merlo

Davide Merlo

Davide Merlo nasce a Genova nel 1992, coltiva da sempre una grande passione per l'arte contemporanea, la filosofia e l'architettura. Laureato al Politecnico di Milano in disegno industriale e all'ISIA di Firenze in design per comunicazione visiva e multimediale; precedentemente…

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