Fuoco e poesia. Pier Paolo Calzolari a Napoli

Madre, Napoli – fino al 30 settembre 2019. La storia artistica di Pier Paolo Calzolari trova un efficace compendio nella mostra curata da Achille Bonito Oliva e Andrea Viliani.

Al Madre di Napoli va in scena la sfida della prima retrospettiva dedicata alla produzione pittorica e disegnativa di Pier Paolo Calzolari (Bologna, 1943). I rischi erano due: la subordinazione, ovvero interpretarla come “bozza” della sua più nota pratica scultoreo-installativa e performativa; oppure la separazione, ossia trattarla come curiositas marginale, senza rintracciarne la vitale capillarizzazione col resto della sua attività. La curatela di Achille Bonito Oliva e Andrea Viliani scansa entrambi i fossi.
Il primo è evitato grazie a un approfondimento scientifico notevole, in dialogo con le epoche storico-artistiche attraversate, e inoltre con l’escamotage di spezzare la cronologia in sale-focus incentrate sui caratteri perduranti della pratica pittorica-disegnativa dell’artista, a cui è riconosciuta una dignità autonoma. Il secondo è fugato in modo forse più pragmatico, per mezzo delle soluzioni allestitive di certe sale, con pannelli a livelli che sfiorano l’ambientale e l’installativo, riconducendoli dunque alla personalità poliedrica di Calzolari.

LE OPERE

Come nei Senza Titolo (2014-15) della Painting Chamber iniziale, una sorta di overture programmatica. O nella sala con Capricci e Fabula su cavalletto girevole, quasi grotta platonica-atelier gestazionale del pittore nell’utero di pareti interamente dipinte di rosso.
Del resto, la dimensione ambientale è uno, appunto, dei caratteri costanti rinvenuti, come dimostrato da Finestra del 1978, che trasfonde spazio e luce naturali ricreati dall’uomo con la mirabile sospensione poetica del rendersi conto che i punti di fuga di uno sfondamento prospettico metafisico non sono dipinti, ma reali. E suggestiva si affaccia alla mente la memoria di Attesa, opera 2, fotografia di Mimmo Jodice recentemente esposta nello stesso museo, e parimenti focalizzata su sfondamento metafisico e metalinguistica riflessione su luce naturale e sua scrittura fotografica. E proprio l’energia della luce, come quella animica dei materiali organici – dal sale al ghiaccio, dal tabacco alla fiamma, come nella sintesi pittorica/performativa di Mangiafuoco, con addirittura vero fuoco in atto portato dal performer-mangiafuoco Yassin Kordoni ‒ disegnano un vitalismo intrinseco come ulteriore principio animatore della pittura dell’autore, giustamente evidenziato dalla mostra.

Pier Paolo Calzolari, Senza titolo [Lasciare il posto], 1972. Collezione privata. Photo © Michele Alberto Sereni

Pier Paolo Calzolari, Senza titolo [Lasciare il posto], 1972. Collezione privata. Photo © Michele Alberto Sereni

DRITTI ALL’ESSENZA

Mostra che ricostruisce anche attentamente richiami alle varie tendenze internazionali, dal New Dada e Pop Art all’astrazione, dagli umori informali alla Transavanguardia. Ma che, in verità, appaiono tutte attraversate solo tangenzialmente e come pretesto esplorativo per ciò che sembra il vero focus del porsi a far pittura di Calzolari: ricreare uno spazio gestazionale in cui, nel perpetuo mutamento del linguaggio, così come della vita, attingere – come in Haiku ‒ dall’essenza. Celebrata nel movimento continuo degli elementi. E riscritta, appunto come in una caverna platonica, dalla poesia di ombre pittoriche emanate dal reale, come unica narrazione possibile ai nostri occhi di prigionieri del mondo, in cerca di verità.

‒ Diana Gianquitto

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Diana Gianquitto

Diana Gianquitto

Sono un critico, curatore e docente d’arte contemporanea, ma prima di tutto sono un “addetto ai lavori” desideroso di trasmettere, a chi dentro questi “lavori” non è, la mia grande passione e gioia per tutto ciò che è creatività contemporanea.…

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